Nel corso della riunione di sabato 1 marzo assieme alla situazione internazionale si è introdotto il lavoro che si sta approntando sulla rendita. Caratteristica essenziale della rendita odierna sia essa finanziaria che estrattiva è la centralizzazione dei capitali, quindi, il monopolio.
Il monopolio è oggi anzitutto il capitale monopolistico, senza la cui base neppure avrebbe senso discutere del capitale finanziario. Quest’ultimo, infatti, non va confuso col capitale nella sua funzione esclusivamente speculativa.
Il monopolio costituisce, insieme all’organizzazione sociale del lavoro mediante la cooperazione e la scienza, e la creazione del mercato mondiale – una delle “tre caratteristiche fondamentali della produzione capitalistica” – e riguarda appunto la concentrazione in poche mani dei mezzi di produzione, della cui potenza sociale i capitalisti, nella forma della proprietà privata della società borghese, sono i mandatari, intascando tutti gli utili di tale mandato. Il capitale – che, per la necessità dell’aumento incessante della scala di produzione e delle nuove applicazioni scientifiche, tecnologiche e organizzative, in molte mani andrebbe perduto – portato in una mano sola diventa una grande massa: è questa la centralizzazione vera e propria, la spirale che porta alla formazione del monopolio come estremo limite di questo processo. Il processo di monopolizzazione mira ad eliminare la partecipazione dei capitali avversari. Ma è un processo che, individuando nel monopolio mondiale il mezzo idoneo, non riesce mai a giungere a crearne uno comune, crollando sempre di fronte alle insormontabili contrapposizioni interne di interessi dei partecipanti. Di qui deriva anche, seppure oggi in forme storiche mutate secondo le gerarchie della dislocazione internazionale del dominio capitalistico, l’opposizione di interessi degli stati o delle coalizioni sopranazionali di stati.
Rimane perciò un pio desiderio qualsiasi accordo per un “monopolio” capace di stabilire un comune e durevole controllo internazionale. Come all’interno di un sistema capitalistico locale gli imprenditori attrezzati e organizzati al di sopra della media sociale conseguono un extraprofitto monopolistico, così sul mercato mondiale imperialistico i paesi a elevato sviluppo tecnico e finanziario conseguiranno extraprofitti a spese dei paesi dominati.
Quando esiste un vincolo all’introduzione di capitali in una particolare sfera produttiva si forma un monopolio. Esso implica che il processo di formazione di un saggio medio del profitto non determina un corrispondente livellamento dei valori delle merci ai prezzi di produzione, e per questo motivo si formano dei differenziali di redditività dei capitali, appunto i sopraprofitti. Ciò è dovuto alle situazioni di monopolio tecnico o finanziario vero e proprio da parte di alcuni capitalisti in alcune branche della produzione. Questo monopolio può essere temporaneo quando non ci sono altri capitali o cordate di capitali che ne insidino la supremazia.
L’unico elemento che può porsi come ostacolo al livellamento del saggio medio di profitto, e dunque portare alla formazione di un sopraprofitto, è costituito dalla proprietà privata della terra, in altri termini dalla proprietà fondiaria.
“…Manifattura e agricoltura si distinguono solo per il fatto che nell’una i sopraprofitti finiscono nella tasca dello stesso capitalista, nell’altra in quella del proprietario fondiario e inoltre per il fatto che nella prima essi scorrono, non acquistano nessuna consistenza, vengono realizzati ora da questo, ora da quel capitalista e vengono continuamente eliminati di nuovo, mentre nella seconda si fissano a causa della loro base naturale durevole”.
Oltre al lavoro ed ai mezzi di lavoro, la terra costituisce il terzo elemento fondamentale del processo produttivo per molte sfere di produzione, in primo luogo per l’agricoltura ma anche nel caso dell’industria mineraria ed in generale per tutte le materie prime. La proprietà fondiaria si pone qui come una forza estranea che limita l’investimento di capitale, imponendo delle condizioni che totalmente o in parte escludono il livellamento dei valori ai prezzi di produzione, quindi la trasformazione del plusvalore in profitto medio. Infatti, qualsiasi investimento di capitale che richieda l’uso di un terreno privato può essere effettuato solo dopo che quest’ultimo sia stato preso in affitto da parte di un capitalista, il quale pagherà al proprietario terriero una somma di denaro che viene detta rendita fondiaria, sia che si tratti di terreni coltivabili, sia nel caso di terreni edificabili, boschi, miniere, etc. Questa rendita viene sempre pagata per l’uso del terreno in sé, indipendentemente dal fatto che si trovi allo stato naturale oppure abbia già subito dei miglioramenti in seguito alla coltivazione.
La base economica della rivalutazione di alcune economie estrattive, sia di materie prime minerali che alimentari, risiede nella proprietà monopolistica degli Stati dove si trovano le risorse, il tentativo di altre potenze di gestire o utilizzare queste risorse o la massa monetaria derivante dalla rendita è alla base dei contrasti inter-imperialistici odierni.
Gli apparati statali rispondenti alla necessità di accaparramento della rendita devono essere per forza di cose aggressivi ed armati. Si è fatto un percorso storico che ha evidenziato come all’inizio, quando la proprietà dei suoli era appannaggio dei signori feudali e vi era una economia di servaggio, il plusvalore generato da quel lavoro era immediatamente rendita. Lo sviluppo dei commerci e la possibilità di alienazione dei suoli, e la nascita di una economia capitalistica, trasforma la rendita “in natura” in rendita monetaria. La rendita diventa un tributo che il capitalista utilizzatore del suolo deve pagare al proprietario.
La rendita differenziale si applica sui diversi terreni che hanno delle rese differenti di proprietari diversi e sui differenziali di resa. La differenza di resa crea una rendita differenziale fra il migliore ed il peggiore terreno, poiché il prezzo di vendita dei prodotti (minerari o agricoli) si applica sempre a quelli del terreno peggiore. Gli scontri per accaparrarsi i terreni migliori è alla base degli scontri fra Stati e dell’imperialismo. L’accaparramento di un plus-profitto o di un sovraprofitto dà un vantaggio al possessore o sfruttatore del terreno migliore rispetto ai propri avversari. La crisi della catene di produzione del valore mondiale dove la rendita gioca un ruolo importantissimo è il motivo delle guerre attuali in aree estrattive importanti come l’area est europea (Russia) o il medio–Oriente.
La guerra in Ucraina è servita ad interrompere un legame “naturale” fra un’area industrialmente forte, l’europea, ed una estrattivamente importante come la Russia. Per il Medio-Oriente c’è sempre la questione del petrolio e della rendita finanziaria che gira attorno a questa materia prima.
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