
Resoconto della Conferenza di La Cabrera (Madrid), 2 luglio 2022, mattino, su “La guerra in
Ucraina: uno scontro tra blocchi imperialisti”.
Alcune organizzazioni sindacali e associazioni locali hanno organizzato la suddetta conferenza
offrendoci l’opportunità di uno spazio per la propaganda del patrimonio teorico e politico della
Sinistra Marxista Italiana. La relazione del nostro gruppo è stata illustrata al mattino, con l’aiuto di
Ana, di origine spagnola ma con buona conoscenza della lingua italiana. Pubblichiamo di seguito il
testo della relazione.
“La guerra in Ucraina: uno scontro tra blocchi imperialisti”
Una guerra continua…
Dal 1945 ad oggi abbiamo assistito ad una sequenza continua di guerre locali, in Asia Africa e Europa (crisi dei Balcani), guerre limitate ad aree geografiche cruciali da un punto di vista economico e strategico, alcune di esse ancora in atto come in Siria.
La guerra è la continuazione della politica borghese con altri mezzi, è lo scontro tra capitali concorrenti che nel sistema capitalistico di produzione non può trovare soluzione, se non temporanea; perché le leggi che regolano il sistema di produzione capitalistico impongono la continua assurda valorizzazione del capitale scatenando una concorrenza feroce fra borghesie, pertanto ogni stato borghese DEVE lottare economicamente e militarmente contro gli altri stati borghesi per mantenere la propria fetta di mercato/profitto (mors tua,vita mea)
La nuova guerra tecnologica 4.0 non esiste.
Il soldato proletario, russo o ucraino, è massacrato nei campi di battaglia, il resto del proletariato muore sotto i bombardamenti negli squallidi palazzoni delle città o nelle misere case dei villaggi di campagna. Questi bombardamenti e il terrore che incutono nella popolazione ci riportano ai tempi lontani delle bombe su Berlino, Londra, Dresda, Hanoi, ma anche a tempi più recenti, le bombe su Baghdad, Sarajevo, Damasco. La guerra non ha confini territoriali, interessa tutto i continenti, essa è internazionale come lo è lo scontro tra classi sociali contrapposte, borghesia e proletariato.
La guerra è imperialista.
Lenin nel suo saggio popolare “L’imperialismo” scritto nel 1916 in piena guerra e pubblicato solo all’estero a causa della censura, definiva le guerre borghesi, guerre “imperialiste”, cioè guerre tra predoni che si contendono il dominio imperiale sul mondo. Da allora non c’è spazio in questa pianeta che non sia capitalisticamente occupato sia da stati imperiali (USA, CINA, RUSSIA, GERMANIA), stati capitalisti minori, e stati straccioni che, come vassalli si alleano ora a questo ora a quel blocco statale imperiale.
La loro guerra, la guerra imperialista è sempre la stessa: ieri come oggi il proletariato è carne da macello. Lo è nei periodi di “pace” nell’alienazione del lavoro salariato, nel dispotismo delle galere aziendali, nelle morti bianche sul lavoro, nelle pandemie, nelle morti per fame nei paesi più poveri e lo è infine nelle guerre borghesi dove viene mandato a morire nelle trincee al fronte.
Non ci stancheremo di ripetere che la distruzione di capitale fisso e capitale variabile, cioè di beni materiali e vite umane è un’insopprimibile necessità del capitale che trova la sua massima espressione nella guerra.
Ribadiamo:
Quando le contraddizioni del sistema diventano ingovernabili, quando la crisi mette in luce l’evidente contrasto tra il vulcano della produzione (cioè la necessità di aumentare senza limiti la produzione e le quote di mercato, di allargare le dimensioni aziendali) e la palude del mercato, che si intasa di merci invendibili perché inutili, superflue, dannose o semplicemente perché coloro ai quali sono destinate, per lo più proletari, non possono più comprarle, allora si danno le condizioni per uno scontro generalizzato non più solo economico ( concorrenza sfrenata e guerre commerciali) ma anche militare tra stati borghesi. Lo scopo è ridare ossigeno ad un sistema morente, tentare l’impossibile riavvio di un nuovo ciclo di accumulazione dopo le immani distruzioni di beni e vite umane.
La concorrenza tra capitali comporta Il continuo aumento del capitale fisso (investimenti in macchinari, capannoni, attrezzature) in relazione alla diminuzione del capitale variabile (manodopera impiegata), provocando una tendenziale ma inesorabile caduta del saggio medio di profitto e una lotta all’ultimo sangue tra concorrenti borghesi per spartirsi la parte rimasta. Le guerre commerciali a questo servono, e quando non bastano più allora la parola passa alle armi.
Allora la grancassa della propaganda borghese di qualsiasi paese “democratico” o “autoritario” richiama la nazione all’unità, alla difesa patriottica, all’odio contro le altre nazioni accusate di nefandezze di tutti i generi. I proletari, completamente condizionati dalla ideologia borghese, senza una direzione politica, si ritrovano a lottare per interessi non propri sotto le bandiere della borghesia.
Cosa sta succedendo oggi?
La propaganda borghese.
“Unione sacra” è la parola d’ordine di ambedue gli schieramenti borghesi che si fronteggiano in Ucraina: difesa della democrazia liberale, gridano ad occidente, difesa delle minoranze oppresse rispondono dalla Russia. Tutte menzogne! Essi vogliono solo difendere i propri interessi economici, politici, strategici. Intanto sotto il fuoco dei cannoni e della mitraglia cadono i proletari al fronte, mentre in tutti gli stati si approvano misure da economia di guerra: prima di tutto in Ucraina. Stato d’assedio, leva obbligatoria, censura sui mezzi di comunicazione, abolizione delle libertà di espressione e organizzazione. Negli altri stati europei: niente scioperi o aumenti salariali, tutti si devono sacrificare per ottenere la PACE o più precisamente per dirottare fondi dalle spese sociali al riarmo di ogni singolo paese in vista di una prossima guerra, di difesa o offensiva. (La sola Germania investirà 100 miliardi/anno nel settore dell’armamento pari al 2percento del suo PIL).
La propaganda di “sinistra”
Alla retorica borghese si accodano, spesso con stupefacente veemenza, i falsi partiti operai e persino organizzazioni dell’estrema sinistra e anarchiche. Se per gli eredi dello stalinismo esiste ancora la “patria socialista” anche nell’era di Putin, per trotzkisti e anarchici esiste il diritto all’autodeterminazione nazionale che li porta, come nella Spagna del ’36, ad appoggiare i fronti borghesi della resistenza ucraina accanto al governo Zelenski, o della resistenza filo-russa tra gli indipendentisti del Donbass, trascinando il proletariato a combattere e a morire.
Ma i proletari non hanno patria e quando scoppia la guerra il loro unico possibile atteggiamento è il disfattismo.
Gli schieramenti, la geopolitica
Oggi assistiamo ad uno scontro militare tra potenze imperialiste che agiscono sia direttamente che per procura. L’attuale guerra in Ucraina né un evidente esempio, lo scontro è tra Usa e Russia, l’esercito ucraino, più o meno consapevolmente, agisce per procura in difesa degli interessi imperiali statunitensi. Gli Stati Europei, volenti o nolenti, si sono schierati con il blocco occidentale, anche andando contro propri interessi economici specifici non sempre collimanti con quelli degli Usa e ne stanno uscendo indeboliti.
La Cina, vero convitato di pietra in questa guerra, era e resta il vero potenziale avversario dello strapotere militare degli americani. Gli USA mantengono la supremazia esclusivamente sul piano militare mentre economicamente il sorpasso cinese è già avvenuto. Sul conflitto in Ucraina, attualmente la Cina resta in posizione defilata, neutrale, non condanna l’intervento militare russo, non partecipa alle sanzioni anti russe, ma non lo appoggia ed invita a trovare un compromesso internazionale. Nella sua politica imperiale, per ora, si ritiene soddisfatta del suo indiscusso primato economico, il riarmo è solamente questione di tempo, per ora non è sufficientemente pronta per uno scontro militare diretto con l’imperialismo americano.
Lo scenario attuale mostra la fine del quadro geopolitico delineatosi dopo la seconda guerra mondiale e la ridefinizione di un nuovo scenario con gerarchie modificate e nuove alleanze, in un quadro di forte instabilità.
Quando nel branco dei lupi il capobranco diviene vecchio e debole i giovani lupi si preparano per scalzarlo prendendone il posto. Questa metafora serve a spiegare che l’imperialismo Usa uscito vincitore dalla seconda guerra mondiale, ha mantenuto la sua egemonia militare ma non più quella economica e geopolitica. I paesi Brics, di cui parleremo tra poco, minano il potere degli Stati Uniti e del blocco occidentale modificando gli assetti nel mondo capitalista.
Stiamo andando verso una terza guerra mondiale?
La guerra in corso prelude ad un inasprimento dello scontro inter-imperialistico e ad un possibile generalizzato terzo conflitto mondiale.
Proveremo a spiegare perché e fare alcuni esempi.
- I B.r.i.c.s. (Brasile, Russia, India, Cina, SudAfrica) sono accomunati da un forte sviluppo economico e un’abbondante riserva di risorse naturali strategiche. Rappresentano il 40% della popolazione mondiale, il 23% del PIL globale, il 18% del commercio mondiale. L’istituzione della A.I.I.B. (Asian Infrastructure Investment Bank) nel 2016, la costituzione di sistemi di pagamenti alternativi allo SWIFT e cioè il CIPS (China’s Cross-Border Interbank Payment System) cinese e SPFS (System for transfer of financial message) russo sono tutti tentativi di scalzare l’egemonia del dollaro come prima moneta di scambio sui mercati mondiali. Negli ultimi anni l’utilizzo del dollaro nelle transazioni finanziarie in Russia è passato dal 92% al 50%. I paesi BRICS non hanno votato la mozione di condanna dell’intervento russo in Ucraina all’ONU e non aderiscono alle sanzioni commerciali contro la Russia.
- E’ in atto, a livello mondiale, una gara tra stati nazionali per l’accaparramento delle materie prime, delle risorse idriche, delle fonti energetiche. Oggi in Ucraina si tratta di questo: di un controllo sulla produzione estrattiva e di un controllo su un apparato industriale con settori ad alta tecnologia (aviazione, sistemi d’arma), nella regione maggiormente industrializzata del Donbass.
- L’accaparramento di risorse umane cioè l’asservimento di capitale variabile altrui, cioè forza lavoro immigrata da sfruttare e mantenere in stato di schiavitù. In Ucraina, già prima del conflitto attuale si contavano 7 milioni di emigrati impiegati soprattutto nei paesi europei per il loro basso costo e la loro alta specializzazione.
- Siamo di fronte ad un aumento vertiginoso dei finanziamenti al riarmo bellico. Nei paesi aderenti alla Nato si è votato per portare i fondi per il riarmo fino al 2% del proprio P.I.L. nazionale.
- Assistiamo ad un riposizionamento degli stati nelle alleanze all’interno dei blocchi imperiali e ad un possibile mutamento nella gerarchia internazionale. L’accordo di Jalta, uscito dalla seconda guerra mondiale, non rispecchia più gli attuali equilibri mondiali.
La guerra è contro il proletariato
Ma la guerra imperialista generalizzata è stata nel secolo scorso e rimane a tutt’oggi, principalmente, un atto di aggressione di tutti gli stati imperialisti contro il proletariato mondiale, è la massima espressione dello scontro tra le classi, è lotta di classe.
Ricordiamo un fatto di capitale importanza nella storia del movimento operaio. La Comune di Parigi. Nel 1871 per la prima volta il proletariato, non alleato ad altre classi, non potendo sopportare oltre i sacrifici imposti dal conflitto armato franco-prussiano, insorge in un moto rivoluzionario a Parigi. Subito, i belligeranti dei fronti opposti (Francia e Prussia) si ritrovano alleati contro il nemico di classe. L’accordo di pace tra Prussia e Francia aveva come contropartita la violenta repressione del moto sociale parigino. L’esercito francese, riorganizzato, potrà procedere all’annientamento del moto rivoluzionario. E’ la sconfitta della Comune di Parigi. E’ il primo esempio storico che vede marciare unita la borghesia internazionale contro il proletariato.
Ribadiamo che per i comunisti non esistono nelle guerre borghesi stati aggressori o stati aggrediti, perché l’unico vero aggredito è il proletariato internazionale.
I comunisti ieri come oggi sono contro la guerra borghese, sono per la loro guerra, la guerra di classe proletaria contro la borghesia.
Quando tempo ci resta per indicare al proletariato la via da seguire per opporsi al prossimo macello mondiale?
Dopo il vittorioso assalto al cielo del 1917 (Rivoluzione in Russia) e la costituzione della III Internazionale (Il partito della rivoluzione mondiale) nel 1919, dalla metà degli anni ’20 del secolo scorso, la controrivoluzione ha lavorato bene e a lungo per intruppare i proletari dentro alle nazioni borghesi, sotto le bandiere della classe avversaria. Partiti borghesi e falsi partiti comunisti, riformisti e opportunisti di ogni specie, coadiuvati dai sindacati ormai infeudati nello Stato borghese hanno inculcato nei lavoratori il principio della difesa dell’economia nazionale, il principio dell’intangibilità delle compatibilità economiche nelle lotte salariali.
E allora è da lì che dobbiamo ripartire, collegando la critica marxista del capitalismo e i metodi della battaglia rivoluzionaria. Perché solo la discesa in campo della classe proletaria con le sue lotte e il suo programma, cioè con la sua rivoluzione, potrà fermare una nuova guerra imperialista mondiale.
La guerra borghese è controrivoluzione sociale preventiva perché, quando scoppia, allontana e impedisce l’esplosione della rivoluzione sociale.
Dopo il 2008, l’aggravarsi della crisi economica, ha spinto il proletariato mondiale alla lotta.
Le primavere arabe nel nord dell’Africa, movimenti di lotta in diversi paesi dell’America Latina, l’aumento degli scioperi negli Stati Uniti, la rivolta degli operai in Kazakistan (repressi con l’intervento dell’esercito russo): la borghesia guarda con terrore a questi fenomeni e non ha esitato ad usare tutte le sue armi per reprimere queste lotte con la forza.
Oggi, in alcuni paesi il proletariato è già colpito duramente dalla crisi economica e dall’aumento dei prezzi dei generi alimentari, specialmente in quei paesi che dipendono da importazioni di grano e altri generi alimentari provenienti dall’Ucraina e dalla Russia. Nello Sri Lanka ci sono state immense proteste di piazza, manifestazioni e scioperi che hanno costretto il governo ad un temporaneo rimpasto. In Egitto, e nell’intero Maghreb, dove il pane viene già distribuito a prezzi calmierati, i governi sono stati costretti ad imporre un ulteriore controllo dei prezzi, in Iran proseguono le proteste di massa anche se la repressione è estremamente violenta.
In Europa, dopo lo scoppio della crisi economica aggravata dalla pandemia di Covid-19, nel mese di maggio l’inflazione ha raggiunto il 8,8%, e l’aumento generalizzato dei prezzi di tutti i beni soprattutto nel settore alimentare ed energetico ha comportato la riduzione del potere d’acquisto dei già magri salari. I costi della guerra vengono già da oggi pagati dai lavoratori.
Che fare? Da dove ricominciare?
I lavoratori salariati, nella loro quotidiana guerra contro il capitale devono opporsi all’aumento dello sfruttamento, praticare il disfattismo già in tempo di pace, nella quotidiana lotta per il salario, per la riduzione dell’orario di lavoro, per il salario ai disoccupati. I proletari devono dichiarare la loro guerra di classe rompendo il fronte interno. Il primo nemico del proletariato di una nazione è la propria borghesia e la lotta contro di essa parte dalla rottura delle compatibilità del sistema, dalla lotta economica per la difesa delle proprie condizioni di esistenza. Assordante è il silenzio dei sindacati finanziati dallo stato. Tutti stanno oggi sul fronte borghese, la loro politica di subordinazione alle compatibilità del sistema impedisce loro di schierarsi in maniera chiara e aperta sul fronte della classe lavoratrice, in sua difesa immediata, organizzandone la mobilitazione.
La consegna dei comunisti è Lo sciopero generale per difendere il salario contro il carovita provocato dalla crisi in corso e aggravato dalla guerra scoppiata in Ucraina. Ne è stato un piccolo esempio lo sciopero politico in Italia, il 22 maggio, organizzato dai sindacati di base.
Ai fratelli proletari russi e ucraini, come comunisti, diciamo: praticate il disfattismo nelle città con gli scioperi contro la guerra, contro l’aumento dello sfruttamento e contro la miseria dilagante, contro la militarizzazione della società. La forza del vostro movimento saprà spingere al disfattismo i soldati proletari schierati su fronti opposti, saprà spingerli al rifiuto di sparare sui propri fratelli, a praticare la fraternizzazione sui fronti di battaglia.
Solo l’unione dei proletari rivoluzionari guidati dal partito comunista, schierati sotto le bandiere della rivoluzione mondiale, potrà fermare il prossimo massacro mondiale, abbattere il sistema capitalistico, esercitare la propria dittatura di classe, il comunismo, per una società senza classi, per una società di specie.
C’è un errore a Parigi nel 1871 fu l’esercito persiano a permettere alle truppe versatesi di entrare in Parigi e non il contrario
Giusto, grazie.