La questione cinese parte 3^

“Pubblichiamo qui di seguito un lavoro svolto nei mesi passati sulla questione cinese. Il materiale utilizzato è patrimonio della Sinistra Comunista e delle organizzazioni che in Italia ad essa si richiamano. “La rivoluzione viaggia da Ovest verso Est”, a partire da questa affermazione abbiamo ripercorso la storia dello sviluppo del capitalismo in Cina, la forma dello Stato, la lotta nazionalista borghese e la sconfitta del proletariato ad opera dello stalinismo.”

LA QUESTIONE CINESE AL CONGRESSO DEI TOILERS

Su iniziativa dell’Internazionale Comunista nel gennaio del 1922 si tenne a Mosca il Primo Congresso dei Comunisti e delle Organizzazioni Rivoluzionarie dell’Estremo Oriente, dopo il Congresso di Baku dell’anno precedente, dove si era levato il grido di battaglia dei popoli coloniali e semicoloniali contro la dominazione imperialista.

Vi parteciparono delegati dai principali paesi dell’Estremo oriente, con una consistente presenza di 52 delegati coreani, 42 dalla Cina, 16 dal Giappone, poi da India, Mongolia, Indonesia ed alcune regioni della Russia sovietica. Solo metà erano comunisti, i restanti appartenevano ad organizzazioni rivoluzionarie nazionaliste, come il Kuomintang dalla Cina.

Il congresso si poneva in opposizione alla conferenza di Washington per tendere una mano ai popoli oppressi in Oriente affermando la solidarietà del comunismo mondiale e del proletariato dei paesi capitalisticamente più sviluppati con i movimenti nazional-rivoluzionari dell’Estremo Oriente di fronte allo sfruttamento e all’oppressione da parte delle principali potenze imperialiste, riunite nelle conferenza per i contrasti nel Pacifico, in realtà per trovare il modo per perpetuare i rapaci interessi imperialistici.

All’apertura del congresso Zinoviev affermò: “l’Internazionale Comunista capisce con perfetta chiarezza che l’unione del proletariato avanzato di Europa ed America con il risveglio delle masse lavoratrici in Oriente è un fatto assolutamente necessario per la nostra vittoria”. La vittoria rivoluzionaria in Russia e la successiva nascita della Terza Internazionale avevano smascherato l’opportunismo dei partiti socialisti europei, che rifiutavano il ruolo attivo delle masse dei paesi colonizzati contro l’ordine borghese invocando l’avvento della rivoluzione mondiale, concepita però come solo europea, che tra l’altro stavano disattendendo. La vittoria completa dei proletari sulla borghesia era possibile solo su scala mondiale, senza riformismi ed in collegamento col risveglio dei milioni di lavoratori oppressi dell’Oriente. Zinoviev delineò così la situazione internazionale, i risultati della Conferenza di Washington e i compiti dell’Internazionale Comunista.

La contesa tra gli imperialismi in Asia e nel Pacifico rendeva quanto mai importante la rivoluzione nei paesi oppressi dell’Estremo Oriente: l’Asia diveniva quindi non solo “il perno della politica mondiale” ma anche dell’intero movimento di liberazione del proletariato e delle nazioni oppresse. Alla Conferenza di Washington si era giunti ad un accordo tra i quattro maggiori imperialismi: Gran Bretagna, Francia, USA e Giappone, definite da Zinoviev come “l’alleanza delle quattro sanguisughe”, che consisteva in un armistizio perché fosse per loro ancora più facile l’oppressione delle nazioni ed il loro sfruttamento. Infatti a Washington non fu mantenuto nessuno dei proclami fatti in precedenza: il disarmo era impossibile in un’economia capitalista, non si parlò di Corea e Mongolia, si ribadì la visione americana della politica di “porte aperte” in Cina perché fosse favorita la penetrazione del capitale americano in grado di imporsi sui rivali.

L’imperialismo giapponese ne uscì rafforzato nel seminare discordia tra la Mongolia ed i rivoluzionari cinesi, e fu sostanzialmente confermata la spartizione del bottino dell’ultima guerra secondo la formula “io ruberò da questa parte della strada e chiuderò un occhio sul fatto che tu ruberai dall’altro lato”.

Zinoviev passò in rassegna la situazione dei principali paesi asiatici ed in particolare della Cina, la cui sorte sembrava riservata dall’imperialismo ad essere quella di un paese debole su cui imporre cinismo e rapina, con crudeltà, ferocia e barbarie da parte della cosiddetta civiltà dei paesi europei. La lotta contro l’imperialismo in Cina non aveva ancora, quindi, un carattere puramente comunista: appoggiate dall’Internazionale Comunista, le aspirazioni del popolo cinese ed i moti delle classi rivoluzionarie dovevano essere coordinate al fine di raggiungere l’indipendenza dalle potenze straniere.

L’unico paese in Estremo Oriente ad aver sviluppato una notevole industria, e di conseguenza una classe proletaria, era il Giappone, che aveva anche cinque milioni di contadini senza terra. Zinoviev affermò che la sconfitta della borghesia giapponese e la vittoria finale della classe proletaria in Giappone erano le due chiavi fondamentali e imprescindibili per risolvere la questione di una rivoluzione altrimenti incompiuta e del destino di tutta quella parte di mondo.

Essendosi spostate in Asia le questioni inter-imperialistiche, ipotizzò che sarebbe potuta scoppiare una gigantesca guerra nell’Oceano Pacifico (come poi accadde) e nell’Estremo Oriente. “Solo una parallela e rapida crescita di una forte organizzazione del giovane movimento operaio del Giappone e dell’America sarà capace di salvare l’umanità da un’altra guerra e prevenire una tremenda distruzione dell’industria…”. Ad eccezione del Giappone, negli altri paesi i tempi per una rivoluzione socialista non erano ancora maturi, ma vi era una concreta possibilità per lo sviluppo di un movimento rivoluzionario nazionale diretto contro l’imperialismo, che andava coordinato nelle forze in campo, (proletarie e non) ugualmente oppresse, con il proletariato industriale giapponese, per poi unirsi ai movimenti occidentali dei paesi che li opprimevano, i cui obiettivi erano già di carattere puramente comunista.

Zinoviev affermò: “ o conquisterete la vostra indipendenza, fianco a fianco con il proletariato, o non vincerete niente; o riceverete la vostra emancipazione dalle mani del proletariato, in coordinamento con esso, sotto la sua guida, o sarete destinati a rimanere schiavi delle fazioni inglesi, americane e giapponesi; o le centinaia di milioni di lavoratori di Cina, Corea, Mongolia e altri paesi capiscono che il loro alleato o dirigente è il proletariato mondiale, una volta per tutte, rinunciano a tutte le speranze di ogni tipo di manovra della borghesia e dell’imperialismo, o i loro movimenti nazionali saranno condannati al fallimento, e avranno sempre sulle spalle gli imperialismi a seminare guerra civile, oppressione per spartirsi il loro paese”.

 Seguirono i lavori su ogni singolo paese. Rispetto alla Cina si illustrò la storia dell’oppressione politica iniziata con la guerra dell’oppio del 1839 che causò la sottomissione politica alle potenze straniere ed il peggioramento della situazione economica di un paese diviso in sfere di influenza controllate da varie potenze che ne strangolavano l’economia. Quasi tutta l’industria era strettamente subordinata al capitale straniero, drammatica la situazione finanziaria per il pesante debito, gli stranieri avevano preso il controllo della riscossione di diversi dazi e le esportazioni erano basate principalmente sulle materie prime, gigantesche le importazioni, con il mercato controllato dagli stranieri, alta la tassazione. Carestie e guerre civili, aggiungendosi a tutto ciò, determinarono la rovina dei contadini, la loro espulsione dalla terra e l’arruolamento delle masse dei diseredati nelle truppe dei vari signori della guerra. L’artigianato locale, prima molto importante per le famiglie contadine e per i piccoli e medi padroni, era compromesso dai manufatti importati dall’estero e dalla concorrenza straniera. La giornata lavorativa degli operai era di 12 ore e più, i salari bassissimi con sfruttamento di donne e minori, inesistente la legislazione sul lavoro, opprimente la gerarchia nelle fabbriche; i coolies (operai non specializzati) spesso rimanevano senza alloggio e soffrivano la fame. Partendo dalle corporazioni, nel 1919 la classe operaia iniziò ad organizzarsi in sindacati con numerosi scioperi nelle principali zone industriali.

Dopo che al Congresso furono intervenuti un rappresentante del Kuomintang ed una rappresentanza delle organizzazioni delle donne, Safarov espose la posizione dei comunisti sulla questione nazionale e coloniale, e parlò della loro collaborazione con i partiti nazional-rivoluzionari, confermando quanto già riportato da Zinoviev. (Estremo Oriente come obiettivo predatorio delle grandi potenze). Questo rendeva impossibile una conciliazione delle stesse per la liberazione dai paesi colonizzatori. Safarov esortò i paesi colonizzati a lottare spalla a spalla con il proletariato internazionale che stava combattendo per la liberazione sociale. Analizzò poi la situazione della Cina, la cui agricoltura basata sulla piccola proprietà contadina era stata conquistata dagli invasori stranieri, costringendo contadini ed artigiani a rimanere in condizioni servili e miserabili, senza possibilità di competere con le manifatture europee ed americane. Il capitale straniero controllava anche i più importanti porti, vie di comunicazione, industrie, materie prime, determinando arretratezza industriale e sfruttamento dei lavoratori cinesi con il preciso intento di mantenere il popolo nella sua arretratezza, contrariamente all’Europa che aveva invece sviluppato la classe operaia da quella contadina. Il capitalismo inoltre fomentava la guerra civile sostenendo i signori della guerra. Né USA; né Gran Bretagna e Giappone avrebbero sostenuto lo sviluppo dell’industrializzazione perché contraria ai loro interessi coloniali e capitalistici, appoggiate dai vari politicanti cinesi che con loro si accordavano, in particolare con l’America.

Quindi il principale compito del movimento rivoluzionario in Cina consisteva nell’emancipazione dal dominio straniero.

Sempre Safarov:

 la sequenza delle condizioni indispensabili era:

  • risvegliare le masse contadine senza le quali non ci sarebbe stata emancipazione
  • per farlo bisognava conquistarle nazionalizzando le terre
  • rovesciare i signori della guerra
  • istituire una singola federazione (repubblica democratica)
  • introdurre una tassa uniforme sul reddito

Tutto questo avrebbe dovuto essere fatto e raggiunto dalle masse dei lavoratori cinesi con i loro elementi avanzati, i comunisti. Sarebbe stata quindi una rivoluzione doppia, nazionale e classista; i comunisti avrebbero dovuto mantenere la propria autonomia da partiti democratici ed elementi borghesi, senza alcun collegamento con loro perché non avrebbero certo favorito il movimento operaio cinese ed avrebbero voluto strumentalizzarne i sindacati ritardandone gli “sforzi per alzarsi sulle sue gambe e parlare il proprio linguaggio”. I soviet erano considerati la forma di organizzazione più adeguata alla lotta rivoluzionaria delle masse. Anch’ egli riteneva che in Estremo Oriente potesse essere il proletariato giapponese la principale forza in grado di risolvere la questione della rivoluzione, e avrebbe avuto anche il compito di combattere il proprio imperialismo, mentre in Cina e Corea il movimento rivoluzionario avrebbe inizialmente avuto un carattere nazional-rivoluzionario. I comunisti avrebbero dovuto conquistare dalla loro parte le masse lavoratrici tramite le organizzazioni di classe e la politicizzazione in senso comunista, anche delle masse rurali semiproletarie, unendo il movimento nazionalista rivoluzionario in estremo Oriente con la lotta internazionale del proletariato.

Punti fermi dell’Internazionale per la lotta dei paesi arretrati:

  1. stretta unione tra la lotta proletaria in Occidente per scopi puramente comunisti con i movimenti nazionalisti rivoluzionari dell’Oriente
  2. critica spietata alle esitazioni della borghesia nazionale troppo legata all’imperialismo
  3. difesa dell’assoluta autonomia politica e sindacale di classe
  4. alleanza del giovane proletariato con le masse contadine
  5. ruolo guida del proletariato nella rivoluzione contadina

Ancora agli inizi del 1922 il programma della rivoluzione mondiale come delineato dal secondo congresso del 1920, guidava i vertici dell’Internazionale e raggiungeva gli sfruttati dell’Estremo Oriente, ai quali si chiedeva di unirsi al proletariato d’Occidente in una lotta comune per la vittoria finale sul capitalismo mondiale.

Una replica a “La questione cinese parte 3^”

  1. Avatar Leo Melli
    Leo Melli

    E proprio queste questioni sono del tutto attuali vista l’irrompere della guerra imperialista(anche se non negli stessi Paesi imperialisti) nella quale la NATO ha le principali colpe in Ucraina nel suo volersi imporre sulla Russia quasi fossimo nella Guerra fredda.

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