La riunione è iniziata con la ripresa e la puntualizzazione di alcuni aspetti della Rendita che si sviluppa di pari passo con la crescita del commercio e dell’economia capitalistica. La Rendita (o il possesso della terra) sono entrambi una invariante storica che nel tempo ha subito delle trasformazioni che si adeguano alla forma di produzione. Si passa dal diritto romano assoluto del possesso della terra e della sua rendita, all’alienazione della terra con la rivoluzione francese. Nell’antichità, la ridotta produzione di merci rendeva inutile la vendita della terra stessa.
L’aumento dell’applicazione di capitale e lavoro alla terra ha prodotto la rottura del diritto comunitario sulle terre, mentre l’alienazione ed il diritto d’affitto con diritto esclusivo dei proprietari privati, ha incrementato ed ingrandito la Rendita.
Dalla terra coltivabile fino ai prodotti del sottosuolo oggi il problema della Rendita è divenuto centrale nelle guerre attuali. La legge della rendita fa aumentare il costo delle materie agricole e minerali facendo ingrandire anche il costo delle merci. Ciò impedisce ed ostacola l’allargamento della base produttiva, poiché attraverso il monopolio, che tiene i prezzi delle materie prime alti, escludendo quote di popolazione all’accesso ai beni, condannandole all’indigenza ed alla fame di prodotti. Il riferimento è fatto al testo della Sinistra “Mai la merce sfamerà l’uomo”.
“Mentre l’industria manifatturiera può recare ovunque i suoi impianti (…) mentre il terreno inamovibile e indistruttibile (in generale) crea un alto grado di limitazione (…). Questa ha un’importanza eccezionale (…) nella nostra disciplina (…) ha un’influenza capitale sulla costituzione economica della società, sulle condizioni ed il grado di benessere dei suoi componenti”. Più appresso spiegheremo come questo fattore, quello della limitazione della terra, sia determinante insieme al monopolio della stessa nello stabilire i prezzi di produzione oltre che delle materie prime e anche conseguentemente dei prodotti derivati e questo spiegherà, quindi, anche perché, quando si tratti di idrocarburi, e quindi di prodotti energetici che sono la linfa vitale che fa funzionare tutti gli apparati produttivi, anche di tutte le merci che circolano nei mercati internazionali.
La riunione è proseguita con l’esposizione del quinto capitolo di Proprietà e capitale: il diritto immobiliare borghese.
Riprendendo dal diritto romano il concetto di titolo di proprietà, la borghesia ripristina, con la sua rivoluzione il libero possedimento della terra attestato da un titolo e possibile per “chiunque” ovvero per tutti i liberi cittadini possessori di sufficiente denaro per l’acquisto. Un confronto con le precedenti società (schiavistica, feudale) mette in luce le profonde differenze esistenti nel diritto che regola i rapporti fra le persone e i rapporti di proprietà. Nel capitalismo, per i contadini la borghese libertà della terra ha significato estrema parcellizzazione e progressiva caduta in uno stato di miseria. L’accumulazione originaria capitalistica ha consentito la vittoriosa diffusione della manifattura e dell’industria capitalistica e il costituirsi in classe dominante del ceto degli intraprenditori. Ma la lotta di classe non potrà che avvenire contro l’ordine costituito della proprietà e del capitale cioè contro tutti gli strati superiori della società, i quali detengono il “monopolio dei mezzi di lavoro, cioè delle fonti dell’esistenza”: gli imprenditori di fabbrica, i capitalisti del commercio e della banca, i proprietari immobiliari. L’economia borghese distingue i proventi in rendita fondiaria, interesse da capitale monetario e profitto d’impresa. Marx sconvolse l’algebra dell’economia borghese allorquando mise in rapporto il profitto non con il valore patrimoniale dell’impresa ma con il prodotto lordo e successivamente con la sola parte di questo valore costituito dai salari dei lavoratori. Egli dimostrò che il capitale impiegato nell’intrapresa fruttava un profitto dal valore esponenzialmente maggiore dell’interesse da capitale o da rendita fondiaria (forme già note ad economie più antiche) e che quest’ultima forma di profitto (da intrapresa capitalistica) è stata la più ferocemente sfruttatrice della classe avversa, la più sanguinaria e portatrice di un’incessante distruzione di mezzi di produzione e di risorse umane.
In conclusione di riunione si è illustrato l’introduzione ed il metodo che si sta seguendo per il lavoro sul Corso del capitalismo partendo dal Testo “Traiettoria e catastrofe del modo di produzione capitalistico”.
Si tratta di riprendere il lavoro che la nostra corrente ha iniziato nel 1956, che ha visto vari aggiornamenti nel corso degli anni passati. Il principio è semplice: attraverso l’indagine empirica dei dati sull’incremento decrescenti della produzione industriale e quindi del calo della profittabilità dell’investimento dei capitali, si dimostra la validità della legge del valore di Marx e di conseguenza l’evidenza della legge sulla Caduta Tendenziale del Saggio del Profitto. Contraddizione centrale del sistema di produzione capitalistico che del profitto fa il suo motore principale, essa evidenzia inoltre la contraddizione fra forze della produzione e rapporti di produzione. Contraddizione confermata dalle crisi sempre più violente che investono il sistema. Dunque si parte da un modello astratto della legge ed attraverso questa che individua le dinamiche che fanno funzionare il sistema, si scende nel concreto della realtà con uno strumento teorico che non si costruisce sui dati con metodo induttivo, ma che si convalida in modo deduttivo dall’analisi concreta. Il paragone sul metodo va fatto con lo studio del MIT del 1972 sui “Limiti dello Sviluppo”, che è un’analisi quantitativa della finitezza delle risorse. Lo studio che senza un cambiamento di rotta, la catastrofe del sistema diventa inesorabile. Il nostro modello di indagine parte già con una teoria che ci spiega il meccanismo della società capitalistica e le leggi che ne sottendono il funzionamento ed è con questa lente teorica che noi leggiamo i dati empirici. I rapporti di produzione che portano il sistema ad utilizzare le risorse in un determinato modo, mettono in rilievo le leggi che lo portano a raggiungere i suoi limiti, che non sono solo quantitativi ma anche sociali. Non facciamo solo descrizione della realtà, ma individuiamo dinamiche e dunque leggi e questo ci permette di fare modelli.
06/04/2025
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