Giornate capitalistiche: Siria, Isis, terrorismo di stato e politica del caos nella contesa fra blocchi capitalistici avversari

isis

Incrociatore lanciamissili russo

 

‘Con un ben lungo cammino le condizioni di vita delle prime gentes, delle fratrie comuniste, si evolvono, e naturalmente il ritmo non è per tutte lo stesso, diverse essendo le condizioni di ambiente fisico: natura del suolo e fenomeni geologici, situazione geografica e altimetria, corsi d’acqua, distanza dal mare, climatologia delle varie zone, flora fauna e così via. Con variabili cicli si passa dal nomadismo di orde vaganti alla sede fissa, alla sempre minore disponibilità di terra libera da occupatori, agli incontri e contatti tra tribù di sangue diverso, ed anche ai conflitti, alle invasioni ed in ultimo agli asservimenti, una delle origini della nascente divisione in classi delle antiche società ugualitarie’. I fattori di razza e nazione nella teoria marxista.

 

Riportiamo queste righe per ricordare ‘una delle origini della nascente divisione in classi delle antiche società ugualitarie’, e quindi della formazione dello stato come attrezzatura di oppressione al servizio delle classi dominanti. Oggi, ottobre 2015, l’apparato militare -industriale americano cerca di ridare fiato alle forze islamiche, duramente colpite dai raid dell’aviazione russa, attraverso la fornitura di materiale bellico. 50 tonnellate di munizioni paracadutate ai ribelli siriani moderati, nel nord della Siria. Bisognerebbe poi verificare dove andranno davvero a cadere questi aiuti dal cielo, poiché anche l’anno scorso i nostri eroi americani sostenevano di paracadutare delle armi e munizioni sui curdi iracheni, mentre invece il materiale finiva in gran parte nelle mani dell’isis. America, paesi del golfo, Turchia, Israele, Inghilterra e Francia sono nazioni variamente coinvolte nella creazione della sceneggiatura hollywoodiana che viene rappresentata in medio oriente. L’isis ha ricevuto cospicui finanziamenti da varie entità riconducibili alla cordata di nazioni anzidette, ci sono ampie documentazioni a comprovare tale ipotesi, tuttavia è l’attuale preoccupazione isterica di questa cordata di compagni di merenda per l’intervento russo che svela la sporca tresca giocata con l’isis e altri gruppi affini. Addirittura la Mogherini, responsabile della politica estera europea, dichiara seriosa che l’intervento russo cambia le regole del gioco. Una batteria di dichiarazioni dai toni preoccupati, contenenti velate minacce verso il concorrente apparato militare-industriale russo, si diffonde sui media più importanti. Le dichiarazioni piene di stizza e di astio della cordata atlantista nei confronti della iniziativa russa, esprimono pienamente il senso di una imminente sconfitta catastrofica per un gioco imperiale durato anche troppo. E che gioco! Usando abilmente le tensioni sociali presenti nella borghesia siriana ed irachena, il Moloch industriale-militare americano, e i suoi vassalli, sono riusciti a diffondere il caos nell’area medio orientale, utilizzando le utili pedine islamo-terroristiche. Eppure in pochi giorni l’aviazione e la marina russa hanno seriamente compromesso le capacità militari ( basi, mezzi, uomini) dei vari gruppi terroristici presenti in Siria, con una media di 50/60 raid giornalieri. Questo dato nuovo ha determinato un cambiamento degli equilibri militari sul terreno, favorendo la ripresa dell’iniziativa dell’esercito siriano, comprese le forze iraniane e di Hezbollah. L’obiettivo della campagna aerea della coalizione a guida americana, in oltre un anno, non è stato evidentemente quello di distruggere le forze islamo-terroriste esistenti, ma solo di provocare un cambio di regime politico in Siria. L’obiettivo suddetto non è stato raggiunto, e quindi si aprono realmente nuovi scenari geopolitici ( certamente non nel senso ipotizzato dalla Mogherini ). Una delle ultime novità emerse sul campo del grande gioco americano è l’ordine di rientro impartito da Obama all’unica portaerei americana navigante nelle acque del golfo persico, un ordine coincidente con il lancio di 26 missili dalle navi russe della flotta del mar Caspio, aventi come obiettivo vari bersagli dell’isis in Siria, a 1500 km di distanza. È palese che quei missili potevano tranquillamente colpire anche la portaerei USA navigante nel golfo persico.

Caccia russo

La politica americana ha tentato disperatamente, a partire dall’invasione dell’Iraq nel 2003, e poi successivamente nel 2012 con l’intervento a favore delle fazioni anti-regime siriane, di mantenere il controllo delle risorse energetiche presenti nell’area medio orientale. Questa missione rientrava e rientra tuttora nel quadro di una politica di contenimento e di disarticolazione del concorrente blocco capitalistico russo-cinese ( con i soci India, Brasile, Venezuela…). Le vicende registrate in Georgia/Ossezia nel 2008, in Cecenia, in Crimea e in Ucraina/Donbass, sono solo alcune delle tappe della sconfitta subita da questa strategia politica americana. La costosa avventura bellica in Afghanistan del 2001 e poi quella in Iraq del 2003, hanno dissanguato parzialmente l’apparato militare industriale statunitense, determinando le attuali difficoltà di investimento di mezzi e risorse umane in questi territori. Il ritiro dall’Iraq ha rappresentato la presa d’atto di questa difficoltà nel controllo diretto di un territorio e delle sue risorse petrolifere con il dispiegamento di un esercito terrestre (ricordiamo le accuse di forniture di sofisticate mine anti-tank ai ribelli sunniti, accuse rivolte agli iraniani – e quindi ai russi – da parte degli USA nel periodo 2005/2009, a dimostrazione di un gioco alterno delle parti fra blocchi economico-militari concorrenti). Ora la politica americana del caos tenta di rallentare la vittoria avversaria, avvelenando i pozzi e facendo terra bruciata davanti ai vincitori, poiché la posta in gioco è molto alta: impedire che il blocco concorrente realizzi il pieno controllo delle risorse petrolifere ed energetiche presenti nell’area, e che questo fatto contribuisca all’ulteriore decadimento dell’economia americana. Un paese che ha il 20% del PIL mondiale può sognare di mantenere il ruolo predominante del passato solo controllando le altrui risorse energetiche e le loro vie di trasferimento, oppure, in assenza di questa prima opzione, impedendo agli altri, al blocco capitalistico concorrente, di prenderne il controllo. Una totale sconfitta in medio oriente potrebbe significare l’incremento delle difficoltà economiche interne al regime sociale americano, potrebbe in altre parole favorire un intensificazione del conflitto di classe basico di ogni società capitalistica. Le poste in gioco sono molte, e l’elemento internazionale ha sempre anche dei risvolti dialettici di tipo nazionale. Le inutili minacce di ritorsioni militari contro il Moloch statale russo, sono palesemente irrealistiche, a meno che chi le lancia non metta nel conto di affrontare uno scenario apocalittico da terza guerra mondiale con la superpotenza russa.

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Stiamo forse sostenendo che le strategie di dominio congegnate e messe in atto dalle sovrastrutture statali contemporanee determinano il corso degli eventi storici? Vogliamo forse affermare che complotti, congiure e cospirazioni guidano le grandi trasformazioni storiche? Niente affatto, siamo ben consapevoli che la lotta di classe e la contraddizione fra forze produttive sociali e rapporti di produzione sono (in ultima istanza) i fattori risolutivi, eppure sappiamo anche che la potenza economico-sociale di una classe dominante si manifesta nel suo apparato militare-industriale statale, e che, udite udite: ‘Marx dice che la forza materiale, la violenza, è a sua volta un agente economico. Engels nei passi citati e nel Feuerbach dice lo stesso con le parole che lo stato ( che è forza) agisce sull’economia e influenza la base economica’. I fattori di razza e nazione nella teoria marxista.

Quando ricordiamo che i fondamentali economici dell’economia americana sono in affanno, cioè non riescono a crescere percentualmente come quelli dei Brics, constatiamo un dato numerico. Partendo da questo dato possiamo poi inferire, in base al principio: lo stato ( che è forza) agisce sull’economia e influenza la base economica, che il blocco capitalistico guidato dagli Stati Uniti, cerca di agire sull’economia (certo non keynesianamente in questo caso) attraverso la politica del caos (finalizzata a sparigliare le carte sul tavolo del grande gioco geo-economico). Ci stiamo limitando ad asserire una invariante acquisizione conoscitiva marxista, e quindi chi legge le nostre analisi può sentirsi rassicurato: anche noi riteniamo fondamentale la base economica, a patto di ricordare però che la sovrastruttura, cioè lo stato ( che è forza) agisce sull’economia e influenza la base economica’.

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