On the road to Raqqa: Scenari di conflitto
Prefazione
Dunque sulla strada per Raqqa ci sono almeno due eserciti: in primo luogo l’esercito siriano, che avanza da sud, e in 5 giorni ha percorso quasi 50 km (sostenuto dall’aviazione russa), e poi le formazioni curde, sostenute dagli USA, che avanzano dai loro territori nel nord della Siria (il Rojava). La situazione militare fa sorgere dei paragoni storici con la caduta di Berlino, nell’aprile 1945, quando anche allora sembrava che si profilasse una gara fra due eserciti alleati/rivali per la conquista della capitale dei terzo Reich. Oggi, giugno 2016, è la capitale del califfato dell’ISIS (Raqqa) a essere la meta della corsa dei due eserciti curdo e siriano (ma forse, per il corridore curdo, essa è solo una meta apparente, o almeno secondaria rispetto all’obiettivo principale di ricongiungere i territori controllati, attualmente divisi in due tronconi, con in mezzo l’ISIS a fare da separatore). Molte speculazioni politico-militari stanno nascendo negli ultimi giorni, al fine di comprendere lo scenario esistente e di prevedere i suoi successivi sviluppi. In queste analisi prevale l’attenzione verso la strategia, la tattica, la forza o la debolezza dei due giocatori geopolitici principali, cioè Russia e America, tornati a confrontarsi sullo scacchiere globale come ai bei tempi della guerra fredda (eppure anche fra i nostri ‘sinistri’, perfino di recente, c’è stato qualcuno che ha continuato a parlare di impero unico del capitale, bevendosi per intero la propaganda di uno dei due attori- quello americano – e ignorando i fondamentali aspetti di tipo storico-economico che smentivano tale ipotesi). Purtroppo, diciamo noi, l’attenzione principale degli analisti è incentrata ancora sul confronto/scontro fra gli apparati di potenza delle borghesie egemoni, perché è la classe borghese, nelle sue differenziazioni fratricide, volte a garantire il controllo di risorse energetiche, vie di commercio, e plus-valore, che detta l’agenda politica globale (mentre la classe proletaria, per ora, subisce e sviluppa reazioni di lotta deboli o parziali). I luoghi della scena geo-politica (le soglie critiche) dove attualmente si svolge il confronto armato (ancora dissimulato, per procura, asimmetrico) fra i due principali apparati di potenza borghesi sono noti: Donbass/Ucraina, Siria, Iraq, Yemen. Il confronto fra il blocco russo-cinese e la compagine euro-americana (con l’Europa in posizione di vassallo) si snoda, tuttavia, anche su piani differenti (ma complementari) rispetto alla dimensione puramente bellica. Abbiamo infatti analizzato il ‘duello’ di tipo valutario/bancario, fra i blocchi capitalistici concorrenti, proprio nel recente saggio dal titolo ‘The Duellists’ . Il presente lavoro vuole approfondire gli ultimi sviluppi del confronto siriano, cercando poi di dettagliare le mosse americane (realizzate attraverso la NATO) in Romania e Polonia, dove sta per essere installato un sistema di ‘deterrenza missilistica’, valutato come una minaccia diretta da parte dei russi. Il presente sforzo di analisi si articolerà in tre capitoli; il primo sarà dedicato alle vicende belliche siriane e ai sottintesi giochi di potenza fra i blocchi concorrenti, il secondo si baserà sulla valutazione, partendo da una media ponderata dei dati reperibili in rete, delle mosse e contromosse degli apparati militari-industriali russo-cinese e americano per conservare e incrementare il proprio potenziale bellico, infine si tenterà di ipotizzare una o più previsioni di sviluppo del confronto/scontro fra i principali attori statali globali (sempre considerando l’esigenza immanente, sistemica, di distruzione rigeneratrice di capitale costante e variabile, caratteristica del modo di produzione capitalistico).
Capitolo uno
Giugno 2016, situazione operativa sul fronte siriano: la marcia corazzata
Un cuneo corazzato formato da varie brigate meccanizzate, reparti di artiglieria semovente, centinaia di carri armati, e migliaia di truppe formate in prevalenza da soldati veterani, con la copertura di aerei ed elicotteri russi e siriani, partendo da una località nei pressi di Aleppo, ha coperto in pochi giorni quasi 50 km di territorio occupato dall’IS, infliggendo gravi perdite alle forze avversarie (in mezzi e uomini). La marcia corazzata si sta ora avvicinando alla base aerea di Tabqa, distante, alla data del nove giugno, appena 20 km. Da questa base, una volta conquistata, sarà possibile impedire l’afflusso di rifornimenti verso sud, e verso Aleppo, in modo da stringere un nodo scorsoio intorno alle forze dell’Isis ivi dispiegate. Il campo di battaglia è prevalentemente desertico e privo di difese naturali, circostanza che impedisce all’Isis di opporre una efficace azione di difesa delle sue posizioni, inoltre l’esercito siriano ha da pochi giorni scatenato una nuova offensiva sulla direttrice Palmyra – Deir Ezzor, impedendo in tal modo ai comandi militari dell’Isis di spostare truppe da un fronte inattivo a un fronte attivo. Si deve presumere che in un teatro bellico ordinario, un sistema ramificato di fortificazioni e campi minati possa rallentare e rendere costosa l’avanzata di un esercito avversario, così come si è verificato nella seconda guerra mondiale, ad esempio nel saliente di Kursk, in Russia nel luglio 1943.
Tuttavia l’efficacia delle misure di contrasto e rallentamento dell’esercito avversario dipendono dai rapporti di forza esistenti fra le compagini che si confrontano, in un dato momento, su un certo campo di battaglia. In altre parole ci sono dei fattori da considerare: in primo luogo il numero e la qualità dei mezzi e degli uomini a disposizione, che tradotto significa il grado di addestramento e di esperienza dei soldati,e la parità o superiorità tecnologica delle armi impiegate rispetto all’avversario. In secondo luogo, ma non secondariamente, troviamo le potenzialità di successo o di insuccesso dei piani militari elaborati dagli stati maggiori, o meglio dalle dirigenze politico-militari, che individuano (prima dell’azione operativa) le strategie e le tattiche adeguate per raggiungere determinati risultati. Nel caso contingente riteniamo che i vertici militari dell’Isis possano opporre ben poco, a una forza armata con le caratteristiche e la forza dell’attuale cuneo corazzato, marciante sotto la copertura aerea dei jet e degli elicotteri russi e siriani. Anche i campi minati possono essere semplicemente aggirati, e perfino gli ostacoli e i punti fortificati più ardui da espugnare possono essere semplicemente superati e circondati, mentre la marcia continua in avanti (un esempio, a conferma di questa possibilità, tratto dalla storia militare, è l’operazione ‘Bagration’ del giugno 1944, svoltasi sul fronte centrale russo). Alcuni odierni analisti di cose militari tendono a vedere, dietro la velocità della marcia del cuneo corazzato siriano, un semplice stratagemma per battere sul tempo l’esercito ‘alleato/rivale’ curdo, e i piani di divisione della Siria perseguiti dal protettore/ispiratore americano. Tuttavia non dobbiamo fare l’errore di pensare che le forze militari presenti sul campo ( siriani, curdi, Isis, Al qaeda, hezbollah, iraniani, russi), e i loro differenti protettori/ispiratori internazionali (America, Russia, Turchia, Arabia Saudita, Israele, Iran…) abbiano delle semplici e uni-lineari strategie comuni di azione. Esistono due campi di polarizzazione dello scontro in Siria, corrispondenti ai due maggiori blocchi economici e militari in cui si articola il capitalismo mondiale contemporaneo, tuttavia gli interessi e quindi le strategie politico-militari perseguite (anche fra gli attori dello stesso campo) non sempre sono identiche (un caso lampante è l’appoggio degli USA ai curdi, in evidente contrasto con la politica dell’alleato turco). Dunque nulla di nuovo sotto il sole, le alleanze (strategiche) e le divergenze (tattiche) fra attori internazionali, o viceversa, sono una prassi storicamente verificata, e puntualmente ricorrente anche nel teatro di scontro siriano. Come scrivevamo nella prefazione, è prevedibile che i curdi, in coerenza con l’obiettivo di formare un area politico-amministrativa indipendente, non abbiano nessuna intenzione di conquistare Raqqa (città a stragrande maggioranza araba, e situata fuori dai confini del Rojava ). Soffermiamoci un breve momento su quest’ultimo aspetto: nel lavoro dal titolo ‘Catalunya e questione nazionale’, pubblicato nell’autunno 2015, abbiamo affrontato la spinosa diatriba relativa alla presunta attualità delle lotte nazionali (per il progresso del movimento di classe). Senza generalizzare ad ogni costo il nostro schema interpretativo, e quindi tenendo conto anche delle differenze specifiche, storiche e socio-economiche, esistenti fra i vari casi di lotte nazionali contemporanee, possiamo comunque affermare che – tendenzialmente – esiste almeno un fattore comune ai casi diversi, geograficamente lontani e politicamente di multiforme coloritura. Questo fattore accomunante è la presenza di interessi economici comuni, nel territorio indipendentista, al di là dei fattori di razza, lingua e nazione. Quindi, con il termine di area economica intendiamo l’esistenza di una rete di aziende interdipendenti, sub specie di una o più aziende guida e di un indotto di sotto-aziende funzionali alla produzione delle aziende guida. Queste aziende formano un area economica capitalistica locale, e in un territorio nazionale suddiviso in diverse aree economiche con interessi non pienamente convergenti, o addirittura concorrenti, è prevedibile che alcune aree, generalmente quelle più competitive e avanzate dal punto di vista economico-capitalistico, decidano di ottenere dei vantaggi fiscali o il controllo delle risorse energetiche del sottosuolo, allo scopo di migliorare i rendimenti e la competitività. La strada delle rivendicazioni indipendentiste, generalmente, tendenzialmente, si ricollega, al di là delle mitologie nazionali e delle coloriture politiche variegate, proprio a questa esigenza economica, d’altronde normale, basilare, prevedibile, all’interno della società e dell’economia capitalistica esistente. Queste considerazioni sono rivolte ai tempi presenti, e quindi non si pongono il problema del diverso significato delle lotte nazionali o anticoloniali avvenute nel passato (su cui abbiamo comunque chiarito le posizioni espresse dalla corrente nell’articolo prima citato).
Tornando alle vicende siriane, è possibile ipotizzare, anche alle luce delle precedenti considerazioni, che le mosse dell’attore curdo non debbano necessariamente coincidere con le strategie geopolitiche americane. Raqqa non è una priorità per i curdi, mentre la città di Manbij, situata in uno snodo strategicamente importante per la creazione di un area territoriale curda indivisa, è invece una conquista prioritaria. Ed infatti è su tale obiettivo che, attualmente, si concentrano le direttrici di avanzata delle forze curde.
Il rimescolamento dei rapporti di forza militari, causato dall’intervento russo, ha obbligato l’America a giocare con più determinazione la carta curda, anche in contrasto con le politiche dell’alleato turco. Mentre gli stessi russi non disdegnano di sostenere la causa dei curdi siriani, sia in sede politica internazionale, caldeggiando la loro presenza al tavolo delle trattative, sia sotto forma di un certo supporto militare, sia svolgendo opera diplomatica di appianamento dei contrasti di interesse fra i curdi e il governo siriano. I due grandi apparati militari-industriali Russo e Americano (che si confrontano in medio-oriente e altrove), allo scopo di conservare e potenziare l’organismo socio-economico capitalistico, di cui sono una funzione indispensabile e vitale, perseguono e progettano piani ambiziosi di dominio globale, cercando di impiegare a tal fine gli stessi attori locali, manipolando le forze in campo, e provando anche a sottrarre, a ruoli alterni, gli alleati al proprio avversario/competitore imperiale.
I ministri della difesa di Siria, Russia e Iran si sono incontrati agli inizi di giugno a Teheran, si può supporre che all’ordine del giorno dell’incontro ci fosse il tema della accelerazione delle operazioni militari per espellere le formazioni terroristiche, e togliere così ogni residua illusione di condizionamento della situazione interna siriana agli sponsor internazionali dei ‘ribelli moderati’. E’ ipotizzabile che per raggiungere questo obiettivo di comune interesse ai tre paesi, venga inviato in Siria (a breve termine) un contingente militare iraniano adeguato, e che di seguito anche l’entità della forza aerea russa sia destinata ad essere incrementata (come d’altronde sta già verificandosi). Prepariamoci dunque ad assistere a una intensificazione dello scontro bellico durante i mesi di luglio e agosto.
Intanto le operazioni militari, aggiornate al 10 giugno fanno registrare la conquista dei campi gasiferi di Al-Resafeh da parte delle punte avanzate della marcia corazzata siriana, ormai a meno di dieci km dalla strategica base di Tabqa, e a meno di 50 km dalla capitale del cosiddetto califfato: Raqqa.
Secondo capitolo: Big Dance (fra apparati militari-industriali in una gara spietata di parassitismo)
‘I Big, anche quando non sono uomini e nomi, sono i vertici supremi di queste piramidi moderne di apparati esecutivi a vastissima base territoriale e di popolazione. Sono strutture gigantesche, con tutti i caratteri napoleonici: gerarchie immense di troupiers, di ronds-de-cuir, di flics e di chierici, reti inestricabili che avvolgono il mondo in una gara spietata di parassitismo‘. Tratto da ‘Libidine di servire’
Ormai si delinea sulla scena storica contemporanea, con sempre maggiore chiarezza, un confronto/scontro (o duello economico-militare) fra i più potenti e attrezzati blocchi capitalistici concorrenti (Russia-Cina/USA-UE). Attorno alle economie politiche in competizione (strutture economiche e sovrastrutture politico-statali) si addensa una rete variegata e mutevole di paesi alleati, succubi, vassalli e neutrali. Il concetto della guerra come continuazione della politica con altri mezzi non può essere escluso, preso atto della molteplicità di azioni, di tipo tattico e strategico, messe in atto dagli apparati statali di potenza della classe parassitaria borghese (nella sua competizione fratricida, innanzitutto per il controllo delle risorse energetiche e delle loro vie di trasferimento). L’attività politica degli stati, volta alla salvaguardia negoziata,’pacifica’, di determinati interessi geo-economici, si alterna, storicamente, con l’azione bellica, mirante a superare gli ostacoli che la negoziazione politico-diplomatica non è riuscita a rimuovere. Questa duplicità di mezzi, complementari e necessari l’uno per l’altro, al fine della loro efficacia, caratterizza anche l’epoca storica borghese, dove tuttavia compare una funzione ulteriore della guerra (specifica al modo di produzione capitalistico): la distruzione di forza-lavoro e capitale costante in eccesso, ovvero la distruzione rigeneratrice del ciclo di valorizzazione del capitale morto. La guerra è solo uno dei momenti in cui si manifesta il tempo continuo della distruzione rigeneratrice, infatti anche fenomeni derivati dal modo di produzione capitalistico come fame, povertà, malattie, incidenti sul lavoro, svolgono la regolare funzione di eliminare la sovra-accumulazione capitale costante e variabile in eccesso. Una valvola di sfogo attraverso cui il sistema socio-economico mantiene un precario equilibrio (ma anche le crisi economiche servono, fra l’altro, alla distruzione rigeneratrice, e in questo senso sono funzionali all’equilibrio sistemico, consentendo tendenzialmente la concentrazione/centralizzazione dei capitali nelle imprese superstiti(1), e un maggiore livello di sfruttamento medio dei salariati, agente come controtendenza rispetto alla caduta storica del saggio di profitto). Un modo di produzione fondato su antagonismi socio-economici successivi, come ricorda più in basso il testo che rimanda alla nota 1, dunque innanzitutto l’antagonismo di classe, fra borghesia e proletariato, e poi quello fra il grado di sviluppo delle forze produttive associate e l’arretratezza dei rapporti di produzione basati su aziende/capitali concorrenti, che dominano e controllano il processo produttivo al fine unico di estorcere plus-lavoro ai proletari. Dirà infatti un altro testo della corrente (anni 50) che non è tanto la proprietà privata dei mezzi di produzione (o viceversa il controllo/possesso ‘pubblico’ di essi da parte dello stato borghese), a definire una economia capitalistica in quanto tale, ma la dominazione del processo produttivo (da parte di un capitale ‘pubblico’ o privato), allo scopo fondamentale di ricavare da esso un plus-lavoro/plus-valore (nell’interesse esclusivo di una minoranza di parassiti sociali). Sono esemplari e chiarificatrici, in tal senso, le pagine di Marx sul ruolo dello stato e del debito pubblico nell’accumulazione originaria, e alcuni testi della corrente recentemente ripubblicati (da noi), in cui si rimarca il ruolo dello stato come forza propulsiva del nascente capitalismo nelle repubbliche marinare italiche. Dunque il capitalismo (nella sua complementarietà funzionale di sfera pubblica e privata) va inteso come forza di dominazione sul processo produttivo, quindi come dominio fattuale sulla vita stessa (intendendo con il termine vita, innanzitutto, l’attività di lavoro dell’homo faber, la capacità umana di trasformazione/interazione con l’ambiente naturale al fine di ottenere i beni d’uso indispensabili alla riproduzione biologica). Le società classiste tuttavia hanno storicamente deformato questo processo vitale primario, convertendolo in una attività funzionale all’esistenza di una classe di dominatori, dai nomi e dalle funzioni socio-economiche parzialmente differenti (padroni di schiavi/feudatari/capitalisti), in un rapporto determinato con il succedersi storico dei differenti modi di produzione. Anche la guerra rivela aspetti comuni e aspetti specifici nel corso dei periodi storici, gli aspetti specifici sono in correlazione diretta con un certo modo di produzione.
In ogni caso è possibile ipotizzare/attribuire una doppia funzione storica alla guerra, essa può essere intesa come un mezzo per raggiungere degli obiettivi geo-economici altrimenti non raggiungibili con la negoziazione/trattativa politica ordinaria (aspetto storico comune a periodi diversi), e insieme come un mezzo per realizzare il bisogno sistemico di distruzione di capitale costante e variabile in eccesso (in relazione ai parametri di profitto funzionali all’esistenza del parassitismo borghese, dunque un aspetto storico specifico della società capitalistica).
Detto questo può essere utile, per la conoscenza del quadro recentissimo degli eventi (La BIG DANCE), analizzare, sulla base di alcuni dati facilmente reperibili in rete (e da noi ponderati e scremati), le mosse e gli aspetti più rilevanti del posizionamento/rafforzamento militare degli attuali apparati di potenza della classe borghese mondiale.
Abbiamo recentemente parlato del posizionamento di un sistema antimissilistico della nato sul territorio di alcuni ex paesi del patto di Varsavia, evento interpretato dal governo russo come un atto aggressivo. Sono lontani i tempi in cui qualcuno prefigurava l’ingresso della Russia nella nato, il capitalismo, è vero, ha storicamente avuto dei momenti effimeri di apparente concordia fra i vari attori statali internazionali, eppure alla fine, è sempre riemersa la vorace competizione fra i fratelli coltelli borghesi (in maggior grado nelle fasi di contrazione della sua economia di sfruttamento della forza lavoro). Grosso modo dalla fine della seconda guerra mondiale, l’armamento nucleare in dotazione quasi esclusiva dei due Moloch statali di USA e Russia, ha spinto i due capitalismi a un confronto/scontro dissimulato, per procura, su teatri bellici lontani dal proprio territorio (Corea, Vietnam, Angola, Cambogia, Afghanistan, medio oriente…). Dalla fine/ristrutturazione del preesistente capitalismo ‘sovietico’, abbiamo registrato nuove conflittualità indirette fra USA/Russia in Cecenia, Georgia, Ucraina, Siria, e via discorrendo. Ipotizziamo, senza nessuna certezza assoluta, è chiaro, che il conflitto inter-imperialistico debba procedere sui consueti binari di confronto indiretto ( a meno di non ritenere possibile un conflitto nucleare limitato, locale, in cui la parte colpita dal limitato attacco avversario si astenga da una risposta di uguale o superiore intensità). In realtà è prevedibile che sotto la spinta dell’esigenza funzionale di distruzione di capitale vivo, e di capitale costante sovraccumulato (merci, macchinari…), e in considerazione dell’esigenza geo-economica di controllo delle risorse energetiche, delle materie prime e delle loro vie di trasferimento, si registri una intensificazione del livello quantitativo e qualitativo dei conflitti già in atto, con il corollario dello scoppio di nuovi conflitti nei potenziali teatri bellici esistenti (Nagorno-Karabak, Donbass, Transdnistria, mare meridionale cinese …). Il conflitto potrebbe coinvolgere su un piano di scontro con armamento convenzionale (non nucleare) anche le forze armate dei due Big, d’altronde questa ipotesi rientra nel novero delle cose verosimili, in fondo coerente con la logica di potenza perseguita dai differenti apparati militari-industriali della classe borghese, finalizzati all’ampliamento della propria potenza e non alla distruzione apocalittica di tutta la vita ( e quindi anche dell’esistenza della minoranza borghese di cui sono lo strumento principale di domino e conservazione).
Ancora dal testo ‘Libidine di servire’: ‘Con questi tratti profetici il militarismo prende il suo posto nella macchina esecutiva: “Questo potere, con le sue mostruose organizzazioni burocratiche e militari, con il suo esteso ed artificiale meccanismo governativo, con un esercito di mezzo milione di impiegati accanto ad un altro di mezzo milione di soldati, questo terribile ingombro di parassiti, avvince come in una soffocante membrana il corpo della società francese e ne ostruisce tutti i pori“. Noi, che siamo nei pori della società moderna, ben sappiamo tutti che sotto e sopra l’acqua, sulla terra e nell’aria, ad ogni passo e svolto per le vie della città e i solchi della terra, le propaggini di questa membrana stringono, premono e soffocano tutto’.
Parliamo di conflitti fra centri capitalistici, con una proiezione sovranazionale, dunque imperiale, eppure l’imperialismo non ha caratterizzato solo l’epoca borghese, infatti, come è ricordato nel testo ‘L’Imperialismo delle portaerei’:’ ‘L’imperialismo, nel suo aspetto generale di conquista e dominazione di organismi politici ed economici, da parte di un centro statale superiore, non è fatto esclusivo del capitalismo. A prescindere dal loro contenuto sociale, esistono numerosi tipi dello stesso fenomeno storico: un imperialismo asiatico, un imperialismo greco-romano, un imperialismo feudale e finalmente un imperialismo capitalista. Agli operai rivoluzionari interessa, soprattutto, la differenza sostanziale che distingue l’imperialismo capitalista dal suo contrapposto storico, e cioè l’imperialismo feudale.
Sempre tacendo le altre differenze fondamentali, l’imperialismo feudale e l’imperialismo capitalista si distinguono nettamente in quanto l’uno si manifestò in costruzioni statali che avevano un fondamento territoriale e terrestre, mentre l’altro si presentò sulla scena storica soprattutto come dominazione mondiale fondata sulla egemonia navale, e quindi sul dominio delle grandi vie oceaniche. Sotto il feudalesimo, poteva esercitare una funzione imperialistica il potere statale che disponeva del primato militare terrestre; sotto il capitalismo, invece, che è il modo di produzione che ha portato ad altezze inaudite la produzione di merci ed esasperato fino all’inverosimile i fenomeni del mercantilismo già insiti nei precedenti modi di produzione, l’imperialismo è connesso al primato navale, oggi divenuto primato aeronavale’. L’IMPERIALISMO DELLE PORTAEREI.
‘Imperialismo capitalista è anzitutto egemonia nel mercato mondiale. Ma, per conquistare tale supremazia, non bastano una possente macchina industriale e un territorio che le assicuri le materie prime. Occorre una grandissima marina mercantile e militare, cioè il mezzo con cui controllare le grandi vie intercontinentali del traffico commerciale. Gli avvenimenti storici mostrano infatti come la successione nel primato imperialista sia strettamente legata, in regime di mercantilismo capitalista, alla successione nel primato navale…l’imperialismo borghese è l’imperialismo delle flotte, perché il suo regno è il mercato mondiale. Chi possiede l’egemonia mondiale nel campo navale si abilita all’egemonia nel campo del commercio mondiale, che è il vero fondamento dell’imperialismo capitalista. Due guerre mondiali provano come l’imperialismo degli eserciti ceda inevitabilmente il terreno all’imperialismo delle flotte. Due volte potenze terrestri come gli Imperi Centrali e l’Asse nazi-fascista si sono misurate con le potenze anglosassoni, superiori nel mare e nell’aria, e due volte sono uscite dal conflitto totalmente sconfitte.. L’IMPERIALISMO DELLE PORTAEREI.
Il testo analizza nel dettaglio le logiche imperiali in divenire negli anni del dopoguerra, riportiamone ancora un estratto: ‘L’imperialismo americano si presenta come la più pura espressione dell’imperialismo capitalista, che occupa i mari per dominare le terre. Non a caso la sua potenza si fonda sulla portaerei, nella quale si compendiano tutte le mostruose degenerazioni del macchinismo capitalista che spezza ogni rapporto tra i mezzi di produzione e il produttore. Se la tecnica aeronautica assorbe i maggiori risultati della scienza borghese, la portaerei è il punto di incontro di tutti i rami della tecnologia di cui va orgogliosa la classe dominante. Coloro che sono abbacinati dall’imperialismo russo fino a dimenticare la tremenda forza di dominazione ed oppressione della potenza statunitense, rischiano di cadere vittime delle deviazioni democratiche e liberaloidi che sono il peggiore nemico del marxismo. Non a caso la predicazione liberal-democratica ha il suo pulpito maggiore nella sede del massimo imperialismo odierno. Essi non vedono come la Russia, il cui espansionismo si svolge tuttora nelle forme del colonialismo (occupazione del territorio degli Stati minori), è ancora alla fase inferiore dell’imperialismo, l’imperialismo degli eserciti, cioè il tipo che per due volte è stato sconfitto nella guerra mondiale. Dicendo ciò, non si cambia una virgola alla definizione che diamo della Russia: Stato capitalista. Si constata un dato di fatto. Tutti gli Stati esistenti sono nemici del proletariato e della rivoluzione comunista, ma la loro forza non è eguale. Quel che conta soprattutto per il proletariato, il quale vedrà coalizzarsi contro di lui tutti gli Stati del mondo appena si muoverà per conquistare il potere, è prendere coscienza della forza del suo più tremendo nemico, il più armato di tutti e capace di portare la sua offesa in qualunque parte del mondo. Vuol dire soltanto che, nel confronto delle potenze imperialistiche, o aspiranti all’imperialismo, è al primo posto la potenza che possiede la flotta più grande. È questa che, ai fini della conservazione e repressione capitalista, riveste un’importanza maggiore. Orbene, quale potenza mondiale può oggi svolgere operazioni di polizia di classe in qualsiasi parte del mondo, se non quella che possiede la maggior forza e mobilità? La Russia, dunque? No, anche se gli avvenimenti ungheresi sembrano averle consegnato il diploma di primo gendarme della controrivoluzione mondiale. Invero tale compito può essere svolto unicamente dagli Stati Uniti, cioè dall’imperialismo delle portaerei. Per essere precisi: delle cento portaerei’. L’IMPERIALISMO DELLE PORTAEREI.
Di fatto è vero, anche oggi, anno 2016, che la Russia non possiede una flotta di portaerei paragonabile a quella del rivale americano, tuttavia nel corso dei decenni successivi agli anni 50, il complesso militare -industriale russo ha sviluppato in modo letale l’arma sottomarina (proprio in funzione di contrappeso e deterrenza, nei mari, alla strapotenza americana delle ‘cento portaerei’). Inoltre ha elaborato un suo meccanismo di proiezione di forza in angoli lontani del mondo.
Ricordavamo, nel maggio 2015, l’esistenza di un avanzato progetto di aereo/cargo di trasporto di mezzi corazzati, che dovrebbe consentire alla Russia di trasferire un armata corazzata, e relative truppe di supporto, nel tempo massimo di 24 ore in ogni angolo del mondo. Il progetto dovrebbe diventare pienamente operativo entro dieci anni. Ecco le considerazioni di allora, maggio 2015: ‘Già dalle premesse l’articolo degli anni 50 definisce il contesto di enunciazione storico-sociale dell’oggetto: imperialismo feudale, con base di forza territoriale e terrestre, e imperialismo capitalista, con base di forza navale e poi successivamente aero-navale ( e poi, forse, se dovessimo credere alla fattibilità del progetto russo di cargo supersonico, semplicemente aero-corazzato). L’attuale sistema economico-sociale, che ‘ha portato ad altezze inaudite la produzione di merci ed esasperato fino all’inverosimile i fenomeni del mercantilismo già insiti nei precedenti modi di produzione’, ha un bisogno fisiologico di proiettarsi su un piano di controllo globale dei mercati di merci, materie prime e forza-lavoro: i centri di potere imperiale sono dunque intenti a una guerra guerreggiata, per ora, assicurandosi adeguati strumenti militari ed economici di dominazione. Le portaerei sono il segno politico e il mezzo militare che attualizza la potenza in divenire della classe borghese, il suo dispositivo di controllo, lotta e asservimento imperiale, sia verso i concorrenti borghesi sia verso i nemici proletari. La portaerei rappresenta la possibilità realizzata che il comando e la rapina capitalista colpiscano come un fulmine i territori, le nazioni, e le aree critiche che dovessero costituire una preda appetibile o un problema da risolvere.Negli anni 50 la superpotenza americana costituiva senza ombra di dubbio la compagine statale più adeguata a svolgere ‘operazioni di polizia di classe in qualsiasi parte del mondo’. Abbiamo constatato che anche in anni recenti le portaerei americane hanno svolto il ruolo di ‘forza di dominazione ed oppressione della potenza statunitense’. Pensiamo alla prima e seconda guerra del golfo, o ai vari interventi nelle aree calde del globo (Libia,Siria, Afghanistan, Iraq…). Tuttavia i rapporti di forza fra gli attori capitalistici non sono statici, ma dinamici, e quindi anche in presenza di un perdurante attivismo militare americano, sembra che qualcosa si stia muovendo nel campo imperialista avversario. Riportiamo a motivo di esempio un articolo tratto da ‘Analisi difesa’ del 14 aprile 2014, ‘Si chiamerà PAK-TA (proseguendo la similitudine con i progetti PAK-FA e PAK-DA, rispettivamente caccia e bombardiere di quinta generazione) il progetto relativo ad un nuovo aereo da trasporto militare russo. Secondo quanto dichiarato a ITAR-TASS da Viktor Livanov, Direttore Generale del JSC Ilyushin Aviation Complex, alcune aziende del complesso militare-industriale russo avrebbero iniziato a lavorare sul nuovo aereo. Il progetto in questione dovrebbe essere ultimato entro la fine del prossimo decennio e l’aereo potrebbe essere consegnato ai reparti entro il 2030. “I requisiti specifici per il PAK-TA saranno resi noti dopo le ovvie consultazioni con le forze aeree russe; i primi disegni hanno permesso di elaborare diverse soluzioni che attualmente sono analizzate dal centro di ricerca TsAGI (Istituto Centrale di Aeroidrodinamica) – N.E. Zhukovsky” Livanov ha dichiarato inoltre che il programma di ricerca scientifica per il PAK-TA è svolto dagli specialisti dello TsAGI insieme a personale del JSC Ilyushin A.C. e tecnici dell’OKB Myasishchev’.
Il linguaggio circospetto e prudente di analisi difesa si scioglie nell’inno di lode tecnologica del corriere della sera del 21 mar 2015 ‘Iniziamo da qualche numero, impressionante: volerà a velocità supersoniche, quasi 2000 chilometri all’ora, e potrà trasportare un carico di 200 tonnellate, ossia (con un’intera flotta) fino a 400 carri armati da combattimento (quelli di ultima generazione del progetto russo «Armata»). A confronto: il C-5 Galaxy, il più grande aereo cargo dell’esercito statunitense, può trasportare “solo” 120 tonnellate di peso e raggiungere gli 833 chilometri orari. Velocità così elevate sono al momento limitate solo agli aerei caccia, come l’F-22 Raptor (2.410 km/h). Il nome di questo aereo da trasporto (che sembra uscito da una pellicola di fantascienza) è «PAK-TA». La Commissione militare-industriale della Federazione russa prevede la produzione di 80 aeromobili entro il 2024. Ma c’è di più: attraverso un turbo gas e un motore elettrico, l’aereo ibrido (ibrido!) vanta un’autonomia di non meno di 7.000 chilometri. In altre parole: con questa flotta da trasporto pesante, l’esercito russo – ipoteticamente – potrebbe essere in grado di trasportare mezzi militari, uomini e munizioni in qualsiasi parte del mondo’. Siamo quindi alla fase di sviluppo e realizzazione avanzata di un progetto militare di controllo e dominio globale, paragonabile negli scopi e negli effetti all’imperialismo delle portaerei.Che tale progetto veda la luce in tempi medio-lunghi, 10 anni, o addirittura in meno di 10 anni, è nel novero delle cose possibili. La Russia attuale opera nel contesto di un blocco di stati capitalistici, in forte espansione politico-mercantile, come l’India, la Cina, il Brasile…in grado di proporsi in veste di centro economico-finanziario concorrente della superpotenza americana e dei suoi alleati. Abbiamo in precedenti articoli analizzato, dati numerici alla mano, le tendenze di sviluppo dell’economia cinese nei confronti di quella americana. Tali tendenze sono indicative di un certo declino della superpotenza statunitense (anche se essa continua a impersonare un ruolo fondamentale nel quadro internazionale). Qualunque sia l’esito non scontato di questa contesa fra blocchi imperiali, vale la pena di ricordare le parole finali dell’articolo sulle portaerei. ‘La borghesia non si può abbattere nazione per nazione, Stato per Stato, ma solo attraverso la rivoluzione dei continenti e l’abbraccio insurrezionale dei proletariati al di sopra delle frontiere. Quale garanzia di durata avrebbe uno Stato rivoluzionario del proletariato sorto in una parte qualsiasi del mondo, ove l’imperialismo americano (o del blocco avversario n.d.r) fosse in grado di maneggiare dagli oceani (o dai cieli n.d.r) le sue spaventose armi di distruzione? Per schiacciare la potenza repressiva del capitale occorrerà che il proletariato si rivolti in armi alla scala mondiale contro la classe dominante. Esiste allora una sola “via” al socialismo: quella internazionale ed internazionalista.
L’imperialismo americano, con le sue cento portaerei, non monta la guardia soltanto alla propria sicurezza nazionale. Esso monta la guardia al privilegio capitalista in ogni parte del mondo, dovunque il proletariato rappresenti una minaccia alla conservazione borghese Perché mai, di fronte alla classe nemica che unifica la sua difesa, il proletariato dovrebbe frazionare le proprie forze nell’ambito delle varie nazioni? La superba flotta navale americana, che oggi terrorizza il mondo, diventerà un ammasso di ferrivecchi se il vulcano della Rivoluzione riprenderà ad eruttare. Ma bisognerà che l’incendio, si appicchi alle nazioni e ai continenti: all’Europa, all’Asia, all’Africa, ma soprattutto all’America. Vedremo allora che cosa diventa una super-portaerei atomica quando l’equipaggio innalza la bandiera rossa’. L’IMPERIALISMO DELLE PORTAEREI.
Torniamo ora allo sviluppo in atto, a breve e medio termine, degli schieramenti e armamenti necessari alle politiche di potenza (e di oppressione sociale) dei principali apparati militari-industriali (con il supporto fondamentale di scienza e tecnica vassalle).
Ricordavamo che la nato ha dislocato nell’est europeo, immediatamente a ridosso o nelle vicinanze delle frontiere russe, un certo numero di forze d’intervento rapido e di divisioni meccanizzate, e in ultima il dispiegamento di una rete antimissile. La fascia protettiva di paesi dell’ex patto di Varsavia, a ovest, si è dunque trasformata in minaccia potenziale alla sicurezza della Federazione Russa (almeno nella percezione e nelle dichiarazioni della dirigenza politico-militare di quel paese). Di fronte alla percezione di una minaccia potenziale da ovest il complesso statale russo elabora risposte dissuasive, deterrenti, ufficiali e dichiarate. Nel classico stile ‘se vuoi la pace prepara la guerra’, le autorità politico-militari russe hanno comunicato lo schieramento, nel distretto militare occidentale,
della Prima Guardia Corazzata (in precedenza, invece, solo poche brigate presidiavano questo distretto). Questa grossa unità comprende (riprendiamo dalla rete) la seconda Guardia di fucilieri motorizzati “Taman”, la quarta guardia corazzata “Kantemirov”, la sesta brigata corazzati, la ventisettesima Guardia motorizzata di fucilieri “brigata Sevastopol”. La Prima Guardia Corazzata è al momento equipaggiata con carri armati T72B3 e T-80, che in prospettiva verranno rimpiazzati con i nuovi T-14 Armata. La copertura aerea di questa forza corazzata è garantita dai moderni elicotteri da attacco Ka-52 e Mi-28 (presenti operativamente anche in Siria). Se la prima armata corazzata della guardia ha una funzione evidente di difesa e contrattacco, nell’ipotesi dell’attualizzazione di una minaccia da ovest, la risposta russa al sistema antimissilistico NATO/USA, schierato nell’est europeo, è incentrata invece sul recente sistema missilistico tattico Iskander-M, in grado di colpire le basi di partenza di un eventuale attacco missilistico. Infine, dulcis in fundo, nell’ipotesi malaugurata di un precipitare catastrofico degli eventi politico-militari, esiste l’RS 28 SARMAT, non intercettabile da alcun attuale scudo antimissile, in grado di colpire territori nemici a molte migliaia di Km di distanza, trasportando fino a 15 testate, che possono devastare un area di vaste dimensioni (migliaia di KM quadrati).
E’ curioso il richiamo, nello stesso nome Sarmat, ai bellicosi abitanti degli Urali meridionali,
delle steppe del Volga e del Kazakstan, popolazioni facenti parte della famiglia linguistica indoeuropea iranica. Un richiamo storico alla potenza scatenata di tribù e popoli non imbrigliati facilmente dagli eserciti delle potenze dell’epoca, proprio come il missile intercontinentale RS 28 SARMAT, in grado di portare il suo devastante messaggio di morte fino al cuore stesso dell’impero avversario.
(1) Il chiodo dei revisionatori di Marx era che questi avesse incominciato in materia a revisionare il sé stesso del 1848, nello scrivere il Capitale. La prova che non avevano mai capito un Kolaroff sta nel fatto che Marx stesso tiene in questo passo a citare in nota il suo scritto anteriore allo stesso Manifesto: La Miseria della Filosofia scritta contro la Filosofia della Miseria di Proudhon nel 1847. Il rimando di nota è posto subito dopo le parole: “Questo carattere antagonistico della produzione capitalistica“. Il passo autocitato in nota dice che i rapporti di produzione attuali “producono la ricchezza della classe borghese solo annientando continuamente la ricchezza di singoli membri di questa stessa classe, e creando un proletariato sempre più numeroso“. Battaglia Comunista n. 39 del 1949 .LOTTA DI CLASSE E “OFFENSIVE PADRONALI”