On the road to Raqqa: Scenari di conflitto. Capitolo uno Giugno 2016, situazione operativa sul fronte siriano: la marcia corazzata

Capitolo uno

Giugno 2016, situazione operativa sul fronte siriano: la marcia corazzata

Un cuneo corazzato formato da varie brigate meccanizzate, reparti di artiglieria semovente, centinaia di carri armati, e migliaia di truppe formate in prevalenza da soldati veterani, con la copertura di aerei ed elicotteri russi e siriani, partendo da una località nei pressi di Aleppo, ha coperto in pochi giorni quasi 50 km di territorio occupato dall’IS, infliggendo gravi perdite alle forze avversarie (in mezzi e uomini). La marcia corazzata si sta ora avvicinando alla base aerea di Tabqa, distante, alla data del nove giugno, appena 20 km. Da questa base, una volta conquistata, sarà possibile impedire l’afflusso di rifornimenti verso sud, e verso Aleppo, in modo da stringere un nodo scorsoio intorno alle forze dell’Isis ivi dispiegate. Il campo di battaglia è prevalentemente desertico e privo di difese naturali, circostanza che impedisce all’Isis di opporre una efficace azione di difesa delle sue posizioni, inoltre l’esercito siriano ha da pochi giorni scatenato una nuova offensiva sulla direttrice Palmyra – Deir Ezzor, impedendo in tal modo ai comandi militari dell’Isis di spostare truppe da un fronte inattivo a un fronte attivo. Si deve presumere che in un teatro bellico ordinario, un sistema ramificato di fortificazioni e campi minati possa rallentare e rendere costosa l’avanzata di un esercito avversario, così come si è verificato nella seconda guerra mondiale, ad esempio nel saliente di Kursk, in Russia nel luglio 1943.

Tuttavia l’efficacia delle misure di contrasto e rallentamento dell’esercito avversario dipendono dai rapporti di forza esistenti fra le compagini che si confrontano, in un dato momento, su un certo campo di battaglia. In altre parole ci sono dei fattori da considerare: in primo luogo il numero e la qualità dei mezzi e degli uomini a disposizione, che tradotto significa il grado di addestramento e di esperienza dei soldati,e la parità o superiorità tecnologica delle armi impiegate rispetto all’avversario. In secondo luogo, ma non secondariamente, troviamo le potenzialità di successo o di insuccesso dei piani militari elaborati dagli stati maggiori, o meglio dalle dirigenze politico-militari, che individuano (prima dell’azione operativa) le strategie e le tattiche adeguate per raggiungere determinati risultati. Nel caso contingente riteniamo che i vertici militari dell’Isis possano opporre ben poco, a una forza armata con le caratteristiche e la forza dell’attuale cuneo corazzato, marciante sotto la copertura aerea dei jet e degli elicotteri russi e siriani. Anche i campi minati possono essere semplicemente aggirati, e perfino gli ostacoli e i punti fortificati più ardui da espugnare possono essere semplicemente superati e circondati, mentre la marcia continua in avanti (un esempio, a conferma di questa possibilità, tratto dalla storia militare, è l’operazione ‘Bagration’ del giugno 1944, svoltasi sul fronte centrale russo). Alcuni odierni analisti di cose militari tendono a vedere, dietro la velocità della marcia del cuneo corazzato siriano, un semplice stratagemma per battere sul tempo l’esercito ‘alleato/rivale’ curdo, e i piani di divisione della Siria perseguiti dal protettore/ispiratore americano. Tuttavia non dobbiamo fare l’errore di pensare che le forze militari presenti sul campo ( siriani, curdi, Isis, Al qaeda, hezbollah, iraniani, russi), e i loro differenti protettori/ispiratori internazionali (America, Russia, Turchia, Arabia Saudita, Israele, Iran…) abbiano delle semplici e uni-lineari strategie comuni di azione. Esistono due campi di polarizzazione dello scontro in Siria, corrispondenti ai due maggiori blocchi economici e militari in cui si articola il capitalismo mondiale contemporaneo, tuttavia gli interessi e quindi le strategie politico-militari perseguite (anche fra gli attori dello stesso campo) non sempre sono identiche (un caso lampante è l’appoggio degli USA ai curdi, in evidente contrasto con la politica dell’alleato turco). Dunque nulla di nuovo sotto il sole, le alleanze (strategiche) e le divergenze (tattiche) fra attori internazionali, o viceversa, sono una prassi storicamente verificata, e puntualmente ricorrente anche nel teatro di scontro siriano. Come scrivevamo nella prefazione, è prevedibile che i curdi, in coerenza con l’obiettivo di formare un area politico-amministrativa indipendente, non abbiano nessuna intenzione di conquistare Raqqa (città a stragrande maggioranza araba, e situata fuori dai confini del Rojava ). Soffermiamoci un breve momento su quest’ultimo aspetto: nel lavoro dal titolo ‘Catalunya e questione nazionale’, pubblicato nell’autunno 2015, abbiamo affrontato la spinosa diatriba relativa alla presunta attualità delle lotte nazionali (per il progresso del movimento di classe). Senza generalizzare ad ogni costo il nostro schema interpretativo, e quindi tenendo conto anche delle differenze specifiche, storiche e socio-economiche, esistenti fra i vari casi di lotte nazionali contemporanee, possiamo comunque affermare che – tendenzialmente – esiste almeno un fattore comune ai casi diversi, geograficamente lontani e politicamente di multiforme coloritura. Questo fattore accomunante è la presenza di interessi economici comuni, nel territorio indipendentista, al di là dei fattori di razza, lingua e nazione. Quindi, con il termine di area economica intendiamo l’esistenza di una rete di aziende interdipendenti, sub specie di una o più aziende guida e di un indotto di sotto-aziende funzionali alla produzione delle aziende guida. Queste aziende formano un area economica capitalistica locale, e in un territorio nazionale suddiviso in diverse aree economiche con interessi non pienamente convergenti, o addirittura concorrenti, è prevedibile che alcune aree, generalmente quelle più competitive e avanzate dal punto di vista economico-capitalistico, decidano di ottenere dei vantaggi fiscali o il controllo delle risorse energetiche del sottosuolo, allo scopo di migliorare i rendimenti e la competitività. La strada delle rivendicazioni indipendentiste, generalmente, tendenzialmente, si ricollega, al di là delle mitologie nazionali e delle coloriture politiche variegate, proprio a questa esigenza economica, d’altronde normale, basilare, prevedibile, all’interno della società e dell’economia capitalistica esistente. Queste considerazioni sono rivolte ai tempi presenti, e quindi non si pongono il problema del diverso significato delle lotte nazionali o anticoloniali avvenute nel passato (su cui abbiamo comunque chiarito le posizioni espresse dalla corrente nell’articolo prima citato).

Tornando alle vicende siriane, è possibile ipotizzare, anche alle luce delle precedenti considerazioni, che le mosse dell’attore curdo non debbano necessariamente coincidere con le strategie geopolitiche americane. Raqqa non è una priorità per i curdi, mentre la città di Manbij, situata in uno snodo strategicamente importante per la creazione di un area territoriale curda indivisa, è invece una conquista prioritaria. Ed infatti è su tale obiettivo che, attualmente, si concentrano le direttrici di avanzata delle forze curde.

Il rimescolamento dei rapporti di forza militari, causato dall’intervento russo, ha obbligato l’America a giocare con più determinazione la carta curda, anche in contrasto con le politiche dell’alleato turco. Mentre gli stessi russi non disdegnano di sostenere la causa dei curdi siriani, sia in sede politica internazionale, caldeggiando la loro presenza al tavolo delle trattative, sia sotto forma di un certo supporto militare, sia svolgendo opera diplomatica di appianamento dei contrasti di interesse fra i curdi e il governo siriano. I due grandi apparati militari-industriali Russo e Americano ( che si confrontano in medio-oriente e altrove), allo scopo di conservare e potenziare l’organismo socio-economico capitalistico di cui sono una funzione indispensabile e vitale, perseguono e progettano piani ambiziosi di dominio globale, cercando di impiegare a tal fine gli stessi attori locali, manipolando le forze in campo, e provando anche a sottrarre, a ruoli alterni, gli alleati al proprio avversario/competitore imperiale.

I ministri della difesa di Siria, Russia e Iran si sono incontrati agli inizi di giugno a Teheran, si può supporre che all’ordine del giorno dell’incontro ci fosse il tema della accelerazione delle operazioni militari per espellere le formazioni terroristiche, e togliere così ogni residua illusione di condizionamento della situazione interna siriana agli sponsor internazionali dei ‘ribelli moderati’. E’ ipotizzabile che per raggiungere questo obiettivo di comune interesse ai tre paesi, venga inviato in Siria (a breve termine) un contingente militare iraniano adeguato, e che di seguito anche l’entità della forza aerea russa sia destinata ad essere incrementata (come d’altronde sta già verificandosi).  Prepariamoci dunque ad assistere a una intensificazione dello scontro bellico durante i mesi di luglio e agosto.

Intanto le operazioni militari, aggiornate al 10 giugno fanno registrare la conquista dei campi gasiferi di Al-Resafeh da parte delle punte avanzate della marcia corazzata siriana, ormai a meno di dieci km dalla strategica base di Tabqa, e a meno di 50 km dalla capitale del cosiddetto califfato: Raqqa. 

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