Referendum e conflitto sociale

La recente querelle in merito ai referendum promossi da qualche sindacato merita una puntualizzazione. Innanzitutto il contenuto principale di questi referendum, ovvero l’articolo 18 e i voucher. Il primo quesito è stato respinto, mentre sul secondo potrà svolgersi la consultazione referendaria. Dunque il quesito che intendeva rimettere in discussione la parte del jobs act relativa ai licenziamenti senza giusta causa, ripristinando l’obbligo di reintegro previsto dall’articolo 18, non sarà oggetto di referendum. Sembrerebbe una sconfitta, e in effetti è una sconfitta, ma principalmente per coloro che continuano ad illudersi di poter cambiare una situazione sfavorevole, determinata da ben precise sconfitte ed errori, senza analizzare le cause che sono all’origine degli errori e delle sconfitte. Senza riflettere sulla natura e sulla funzione storica dell’apparato statale, in una società divisa in classi, così come viene svelato dalla teoria marxista. Le forze politiche e sindacali di sinistra, attivamente integrate dentro l’attuale quadro dei rapporti di produzione capitalistici, si rendono conto che il loro ruolo sta ormai diventando irrilevante, essendo il conflitto sociale a livelli microscopici. Una attività tardiva di agitazione e di critica verso certe leggi e riforme del precedente governo del  rottamatore Renzi, non possono produrre che il niente. Queste iniziative referendarie servono solo a prolungare l’illusione di poter cambiare qualcosa con la ‘libera’  espressione del voto. Mentre la sinistra comunista ha sempre saputo che i rituali elettorali sono normale dialettica interna al sistema capitalistico, storicamente funzionali alla sua conservazione. Ogni volta che i fatti confermano questa amara verità, le anime belle del riformismo democratico (politico e sindacale) riprendono a muoversi dal punto di partenza, senza imparare nulla dall’esperienza.
Tuttavia chi non impara nulla dalle sconfitte del passato, è destinato a ripetere gli stessi errori anche nel presente.Non bisogna cadere vittima delle illusioni: sotto le mentite spoglie della democrazia parlamentare, si cela la dittatura della classe borghese. Un regime di oppressione sociale, politica ed economica, imperniato sullo sfruttamento /alienazione dei proletari, difeso da apparati statali abnormi, potenti, dotati di complessi militari-industriali letali, supportati da scienza e tecnica. Un regime dotato di una macchina di comunicazione e disinformazione gigantesca, contro cui poco possono le deboli voci fuori dal coro consumista-aziendalista. Non bisogna  farsi nessuna illusione, gli spazi di agibilità politico-sindacale delle organizzazioni della classe dominata non vengono elargiti dal potere in coerenza con i principi democratici, ma sono il risultato precario e reversibile di precedenti conflitti (in cui la classe borghese  sceglie il male minore di un cedimento temporaneo sul piano normativo, rinviando al futuro l’utilizzo della forza).

Come in una vera e propria guerra, in cui le parti in lotta utilizzano le pause e i vari cessate il  fuoco, per rinforzare le proprie risorse e posizioni, in vista di una successiva ripresa del conflitto, anche nel campo della lotta di classe si succedono momenti di scontro acuto e momenti di patteggiamento e concessioni, sulla base dei risultati dello scontro precedente. La morale della favola è che ogni conquista normativa, ogni presunto diritto acquisito può scomparire come neve al sole , quando le esigenze del profitto lo rendono opportuno e le condizioni oggettive e soggettive del conflitto sociale lo consentono (alla borghesia ). Il controllo del potere legislativo , esecutivo e giudiziario , insieme agli apparati della forza, permettono alla classe sociale dominante di graduare e ponderare le mosse migliori sullo scacchiere del conflitto di classe. La violenza insita in ogni organizzazione sociale divisa in classi dominanti e dominate, si articola in violenza latente-potenziale e attuale -cinetica. Quando le ragioni prioritarie della valorizzazione del capitale non possono fare sopravvivere precedenti concessioni (ad esempio l’articolo 18 ), allora i vari livelli della articolazione politico – statale borghese, agiscono all’unisono, e rimuovono l’ostacolo. I riformisti non possono capirlo , perché il loro orizzonte di pensiero e di azione è pienamente compatibile con i rapporti di produzione capitalistici. Smarriti in un  mondo di inganni e illusioni, essi cercano il bandolo di una matassa che gli sfugge di mano, poiché la matassa  è quella tessuta dal potere , e gli inganni e le illusioni sono  un  valido sostegno del potere.

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