Nota redazionale: Il testo rappresenta uno dei paragrafi di un lavoro pubblicato nel 1957. Emerge subito dalla lettura delle prime righe l’attenzione verso la questione degli organismi immediati di lotta e rappresentanza dei lavoratori. La sopravvalutazione di questi organismi, di cui abbiamo spesso trattato negli ultimi anni, deriva anche dalla incapacità di comprendere i limiti dell’azione sindacale (interna, di fatto, al sistema delle cosiddette relazioni industriali’ fra associazioni ‘datoriali’ e rappresentanze dei lavoratori). Anche la mitologia della costruzione dal basso di una rete di aziende autogestite, cooperative, consigli di fabbrica viene affrontata in modo caustico, essa è niente altro che ‘il miraggio di una società in cui gli operai abbiano avuto partita vinta sui padroni entro la comune, entro il mestiere e entro l’impresa, ma siano rimasti imprigionati nelle maglie di una sopravvivente economia di mercato, senza accorgersi che questa è la stessa cosa del capitalismo’.
Il titolo del paragrafo richiama esplicitamente a un tema spinoso, spesso frainteso da parte di alcuni, o volontariamente travisato da parte di altri. Si tratta del tema del partito e della sua insostituibilità: ”La strada per uscire da questa inferiorità passa, sia pure in una lunga serie di contrasti, per organi eretti senza alcun materiale ed alcun modello tratto dagli organi del mondo borghese, e che possono essere solo il Partito e lo Stato proletario, nei quali la società di domani si cristallizza prima di essere storicamente esistente”.
Ancora una volta, come in precedenti e successive elaborazioni, viene ripetuto che la forma-partito e lo stato proletario sono (e devono essere) ”organi eretti senza alcun materiale ed alcun modello tratto dagli organi del mondo borghese”.
Dunque ci troviamo in presenza di un ragionamento dove, non in modo astratto, ma in collegamento con il piano della prassi storico-politica passata e presente, si sostiene la totale alterità della forma-partito comunista, e dello stato proletario, rispetto al piano dei modelli del mondo borghese. Questa alterità non può invece essere pensata come reale nei confronti delle forme organizzative di difesa immediata dei lavoratori. Meraviglia, dunque, che alcune forze politiche, con cui ci sembra peraltro di avere in comune determinate analisi della società contemporanea, continuino a ipotizzare aspettative e ruoli impropri nei confronti delle organizzazioni di difesa immediata della classe. In un testo degli anni 50 sono ben definite le tre condizioni preliminari (e necessarie) per consentire ad una organizzazione politica comunista il controllo e la guida del sindacato. In assenza di queste condizioni basiche (presenza del partito dentro il sindacato, presenza significativa di una parte della classe nel sindacato, impoverimento di massa e successiva perdita di ruolo dell’aristocrazia operaia e delle precedenti ‘conquiste’ del welfare), il sindacato svolge un ruolo puramente funzionale alla conservazione del sistema. Quindi, ripetiamolo: soprattutto in assenza di un adeguato grado di conflittualità sui luoghi di lavoro (e nel resto della società), non è ipotizzabile nessuna seria capacità di utilizzo del mezzo sindacale (in direzione anti-sistema) da parte della forma-partito comunista. Come al solito non è un problema di formule organizzative (consigli, sindacato di classe, soviet) ma di rapporti di forza fra le classi sociali antagoniste, e quindi della potenza espressa, in una certa fase, dall’antagonismo sociale proletario. In definitiva, negli ”organi che diciamo immediati e che copiano e serbano l’impronta della fisiologia della società attuale, non può altro in potenza cristallizzarsi che la ripetizione e la salvezza di questa”.
Se si programma di utilizzare il sindacato in senso autenticamente proletario, tenuto conto delle precedenti considerazioni, diventa insostituibile il ruolo della forma-partito comunista (in quanto organo ‘erett(o) senza alcun materiale ed alcun modello tratto dagli organi del mondo borghese’, e quindi organo nel quale ‘la società di domani si cristallizza prima di essere storicamente esistente’ ).
Insostituibilità del partito
La pretesa di una completa aderenza di struttura dell’organizzazione operaia di lotta con la rete di produzione dell’economia industriale borghese, pretesa giunta alla sua estrema espressione col sistema di Gramsci, e alla quale oggi si richiamano diversi gruppi di critici della degenerazione staliniana, accompagna, e non poteva essere diversamente, la sua impotenza di azione alla sua incapacità a scorgere i caratteri di opposizione fra la struttura economica di oggi e quella di domani, la società comunista che attraverso la vittoria di classe del proletariato prenderà il posto della società capitalista. In ciò resta grandemente al di sotto dei classici risultati della critica eretta dal marxismo alla economia presente.
Il suo errore economico si accompagna in tutto a quelli che denunzia il sistema staliniano e che sono stati aggravati enormemente dalle fasi post-staliniane inaugurate col XX Congresso russo, proprio quando si è levata la bandiera di criticare e correggere Stalin. L’errore è sempre quello, e sta nello scorgere il miraggio di una società in cui gli operai abbiano avuto partita vinta sui padroni entro la comune, entro il mestiere e entro l’impresa, ma siano rimasti imprigionati nelle maglie di una sopravvivente economia di mercato, senza accorgersi che questa è la stessa cosa del capitalismo.
Le caratteristiche di una società non capitalista e non mercantile quali risultano dal vero studio marxista, come risultato di una previsione critica e scientifica libera da ogni «goccia» di utopismo, possono essere raggiunte e possedute, nella forma programmatica, solo dal partito, in quanto esso appunto non ha la schiavitù di «aderire» allo schieramento che alla classe produttrice impone il modo capitalista. Le esitazioni davanti alla necessità della forma-Partito e della forma-Stato, diventano smarrimento completo delle conquiste programmatiche quanto a completa antitesi delle forme comuniste rispetto a quelle capitalistiche, di cui era ben padrone il partito della scuola marxista. Basti pensare ai postulati cui il programma marxista perviene: abolizione della divisione tecnica e sociale del lavoro, che vuol dire rottura dei confini tra azienda ed azienda di produzione; abolizione del contrasto tra campagna e città; sintesi sociale della scienza e della attività pratica umana, per intendere come ogni tracciato «concreto» per l’organizzazione e l’azione proletaria che si proponga di riflettere in sé la presente ossatura del mondo economico, si condanni a non uscire dai caratteri e dai limiti propri delle attuali forme capitalistiche, e nello stesso tempo si condanni a non capire di essere antirivoluzionario.
La strada per uscire da questa inferiorità passa, sia pure in una lunga serie di contrasti, per organi eretti senza alcun materiale ed alcun modello tratto dagli organi del mondo borghese, e che possono essere solo il Partito e lo Stato proletario, nei quali la società di domani si cristallizza prima di essere storicamente esistente. Negli organi che diciamo immediati e che copiano e serbano l’impronta della fisiologia della società attuale, non può altro in potenza cristallizzarsi che la ripetizione e la salvezza di questa.
Il Programma Comunista», nn. 13-14-15 del 1957
Postilla
Controtesi e tesi “filosofiche”
CONTROTESI 1.
Poiché gli interessi economici determinano le opinioni di ciascuno, nel seno della attuale società il partito borghese rappresenta l’interesse capitalistico e quello composto di operai il socialismo. Ogni problema si risolve dunque con una consultazione, non di tutti i cittadini il che è la menzogna democratica borghese, ma di tutti i lavoratori che sono in una stessa situazione di interessi, e la cui maggioranza vede bene il suo generale avvenire.
TESI 1.
In ogni epoca le dominanti opinioni, la cultura, l’arte, la religione, la filosofia, sono determinate dalla situazione degli uomini rispetto alla economia produttiva e dai rapporti sociali che ne derivano. Quindi ogni epoca, specie al suo culmine e nel centro del suo ciclo, vede tutti gli individui tendere ad opinioni, che non solo non discendono da eterne verità o luci dello spirito, ma che restano lontane dallo stesso interesse del singolo, della categoria o della classe, per essere in larga misura plasmate sugli interessi della classe dominante e delle istituzioni che le convengono.
Solo dopo lungo e penoso contrasto di interessi e di bisogni, dopo lunghe lotte fisiche provocate dai contrasti di classe, si forma una nuova opinione e una dottrina propria della classe soggetta, che attacca i motivi di difesa dell’ordine costituito e ne prospetta una violenta demolizione. Fino a molto tempo dopo la vittoria fisica, preludio al lungo smantellamento delle influenze e menzogne tradizionali, solo una minoranza della classe interessata è in grado di porsi con sicurezza sulla via del nuovo corso.
CONTROTESI 2.
L’interesse di classe determina la coscienza di classe, e la coscienza determina l’azione rivoluzionaria. Si intende per rovesciamento della praxis il contrasto tra la dottrina borghese secondo cui ogni cittadino deve farsi per motivi ideali e culturali un’opinione politica, e secondo questa agire anche contro il suo interesse di gruppo, e quella marxista, secondo cui gli interessi di gruppo e di classe di ognuno gli dettano la sua personale opinione.
TESI 2.
Il rovesciamento della prassi secondo la giusta visione del determinismo marxista significa che, mentre ogni singolo agisce secondo determinazioni ambientali (che non sono i soli suoi bisogni fisiologici ma anche tutte le innumeri influenze della tradizionali forme di produzione) e solo dopo avere agito tende ad avere una “coscienza”, in diversa misura imperfetta, e della sua azione, e dei motivi di essa; e mentre questo avviene anche per le azioni collettive, che sorgono spontanee e per effetto di condizioni materiali prima di divenire formulazioni ideologiche, il partito di classe raggruppa gli elementi avanzati della classe e della società che posseggono la dottrina del corso avvenire. È quindi il solo partito che, non ad arbitrio o per effetto di entusiasmi emotivi, ma procedendo razionalmente, è elemento di intervento attivo che nel linguaggio dei filosofi di professione si direbbe “cosciente” e “volontario”. Conquista del potere di classe, e dittatura, sono funzioni del partito.
CONTROTESI 3.
Il partito di classe costruisce la dottrina della rivoluzione, e nei nuovi eventi e situazioni la trasforma secondo le nuove necessità e le esigenze della classe o le sue tendenze.
TESI 3.
Una storica lotta di rivoluzione di classe, ed un partito che la rappresenta, sono fatti reali e non dottrinaria illusione, in quanto il corpo della nuova teoria (che altro non è che la discriminazione delle linee di eventi non ancora realizzati ma di cui si sono potute individuare le condizioni e le premesse nella precedente realtà) è stato formato quando storicamente la classe è apparsa in una nuova disposizione di forme di produzione sociale. La continuità, nel più ampio campo di tempo e di spazio, della dottrina e del partito della classe è la riprova della giustezza della previsione rivoluzionaria.
Ad ogni sconfitta fisica delle forze della rivoluzione segue un periodo di smarrimento che prende la forma di revisioni di capitoli del corpo teorico, sotto il pretesto di nuovi dati ed eventi. Tutto il tracciato rivoluzionario sarà risultato valido soltanto quando e soltanto se, nel corso compiuto, si confermerà che dopo ogni scontro perduto le forze si ricostituiscono sulla stessa base e sullo stesso programma, che fu stabilito alla “dichiarazione di guerra di classe” (1848). Ogni accingersi a costruzioni nuove e diverse della teoria – come dimostra non una filosofica o scientifica elucubrazione ma una somma di esperienze storiche tratte dalla lotta secolare del proletariato moderno – vale per i marxisti una confessione di avere defezionato.
* * *
Le delucidazioni su questi sintetici cenni sono sparse in numerosi scritti di partito, e relazioni su convegni e riunioni.
Il freno ad improvvisazioni pericolose non significa che di tale lavoro possa pensarsi un monopolio o una esclusiva in mano di chicchessia.
Può con miglior cura darsi ordine agli argomenti, e può con maggiore chiarezza ed efficacia dettarsi l’esposizione. Con attività e studio può essere fatto meglio, in altri sette anni e in sette ore per settimana.
Se poi avanzano bruciatori di tappe, ed a mazzetti, converrà dire (come ricordammo una volta del frigido Zinovief) che sono venuti uomini di quelli che appaiono ad ogni cinquecento anni; ed egli lo diceva di Lenin.
Aspetteremo che siano imbalsamati. Noi non ci sentiamo da tanto.
(Battaglia Comunista – n. 11 del 1952)