Nel mese di luglio abbiamo tenuto un incontro pubblico a Madrid, davanti a un numero considerevole di partecipanti, mostratisi subito molto interessati ai temi proposti nella scaletta della relazione. L’incontro era infatti incentrato sulla questione delle lotte economiche immediate, e soprattutto sulla relazione dell’organizzazione politica comunista con queste lotte. In seguito è stato trattato l’argomento del centenario della rivoluzione di ottobre, attingendo al testo recentemente pubblicato dal titolo ‘Sogno di una rivoluzione’. Anche gli incontri pubblici di Agosto, svoltisi in provincia di Messina e Palermo hanno avuto per oggetto principale il testo ‘Sogno di una rivoluzione’. Il bilancio di questi incontri pubblici in Sicilia è ugualmente positivo, sia per il numero di partecipanti che per l’interesse mostrato verso gli argomenti trattati. Chiudiamo questo breve bilancio presentando alcuni stralci del testo in oggetto e l’intero capitolo finale: ” Cosa sarebbe la vita di un uomo senza la possibilità di sognare? E cosa sarebbe la vita di una classe oppressa senza la possibilità di sognare la fine dell’oppressione?….dopo la conquista del potere il partito bolscevico e la sua macchina di potenza statale devono affrontare la controrivoluzione interna e le mire spartitorie di varie potenze capitalistiche internazionali. Il testo del 1955 ‘Le grandi questioni storiche della Rivoluzione in Russia’ descrive l’impressionante bollettino di guerra di quel periodo fondamentale. La macchina stato guidata dal partito bolscevico dimostra, sul campo pratico della guerra con una moltitudine di minacce e di nemici, la propria potenza, e alla fine solo questo conta (‘Fino ad allora la domanda: che deve fare il partito giunto al potere? ha in fondo avuto una sola risposta: combattere per non perderlo!).
Ecco il resoconto storico di quei periodi travagliati: ‘‘Segue un’altra tremenda fase di lotte, scontri, guerre guerreggiate per difendere il conquistato potere. Né le sole difficoltà sono quelle militari nel senso tecnico: l’economia, la produzione, vanno decadendo sempre più, si va più giù del disastroso livello del tempo zarista, di quello del tempo del governo provvisorio: carestia ed epidemia in grandi territori, fame nelle città, mancanza di armi, munizioni, divise e tutto il resto.
Basti qui lo scarno elenco dei fronti di attacco controrivoluzionario e di contrattacco bolscevico.
Già il Terzo Congresso in gennaio 1918 si dichiara in guerra con la Rada ucraina, legata ai tedeschi, e le forze dei generali: Alexeiev (Sudest), Kaledin (Don), Kornilov (Kuban). Ma altri fronti «scoppiano». Aprile: giapponesi a Vladivostok. Maggio: avanzata di Mannerheim in Finlandia. Rivolta dei cecoslovacchi sul Volga. Giugno: i Bianchi (zaristi) minacciano Zarizin. Agosto: gli alleati sbarcano ad Arcangelo. Gli inglesi marciano traverso la Persia su Bakù. I Bianchi a Jassy in Romania proclamano il generale Denikin dittatore della Russia. Kolciak prende il potere negli Urali, rovesciando il «governo della Costituente», borghese-opportunista. Dicembre: i francesi a Odessa.
Il 1919 sarà l’anno dei contrattacchi. Già dopo l’armistizio e la caduta della monarchia tedesca i bolscevichi annullano il trattato di Brest e abbattono in Ucraina lo hetman Skroropadsky, filo-germanico.
In marzo 1919 Kolciak ancora avanza passando gli Urali. I francesi salgono da Odessa: ma in aprile la evacuano. Maggio: l’esercito rosso ributta Kolciak, ma intanto da occidente Judenic, creatura degli inglesi, minaccia Pietrogrado. Ne è ricacciato, ma Denikin prende Charkov in Ucraina e in settembre è a Kiev. In ottobre occupa Orel e punta verso Mosca. Ma il 21 ottobre i rossi battono Judenic a Pulkovo, e Denikin ad Orel. In novembre una grande offensiva travolge Kolciak oltre gli Urali; in dicembre le tre armate della controrivoluzione sono in dissoluzione, rastrellate con energia e senza quartiere. Nel febbraio 1920 Kolciak, consegnato dai francesi, viene giustiziato.
Ma il 1920 è l’anno della guerra russo-polacca, che suscitò invano tante illusioni. Estonia, Lituania e Polonia, sostenute da inglesi e francesi, si muovono per invadere la Russia: solo la prima accetta la pace. In maggio al sud il barone Wrangel forma una nuova armata bianca, dopo il rovescio di Denikin, e avanza dalla Crimea. In giugno è ributtata l’offensiva polacca. Tukacevsky conduce i rossi a Vilno, a Brest e sotto Varsavia, ma la manovra difensiva guidata dal generale francese Weygand spezza il cerchio rosso, e nel settembre, fallito il piano di puntare al cuore d’Europa, si tratta la pace con la Polonia. In novembre anche Wrangel è schiacciato. La Georgia, l’Armenia sono ormai rosse. La guerra civile è finita: in marzo 1921 scoppia una rivolta della guarnigione di Kronstadt, soffocata rapidamente, e le cui origini non sono ancora oggi chiare. La Russia tutta, ma dopo oltre quattro anni dalla vittoria di Ottobre, è finalmente controllata dal partito comunista.
Fino ad allora la domanda:che deve fare il partito giunto ai potere? ha in fondo avuto una sola risposta: combattere per non perderlo!”’Le grandi questioni storiche della Rivoluzione in Russia’ .
Conclusione: Il sogno di una rivoluzione
‘Il sogno di uno solo è l’illusione, l’apparenza; il sogno di due è già la verità, la realtà. Che cos’è il mondo reale se non il sogno di tutti, il sogno comune?’
‘Miguel de Unamuno’
‘Se il sogno muore, che ne sarà del sognatore? E se muore il sognatore, che ne sarà del sogno…?
Arthur B. Chandler
La rivoluzione tradita, oppure la rivoluzione che come Saturno divora i propri figli, o ancora l’utopia che si trasforma nell’anti-utopia feroce dei Gulag e della repressione dei vecchi rivoluzionari. Quante formule sono state impiegate per indicare la fine del sogno dei tanti sfruttati e oppressi presenti in tutte le lande del globo? Un ghigno feroce deforma la bocca dei conservatori quando ricordano che anche la vicenda storica del ‘comunismo’, presunta-mente realizzato nei paesi dell’est, conferma il vecchio adagio sulla immutabile natura malvagia dell’uomo. I sogni rivoluzionari, le aspettative di una vita veramente umana, sono morti all’alba, nel ghigno crudele e compiaciuto del ‘Piccolo padre dei popoli’, nella espressione servile dei leccapiedi, nel conformismo dettato dalla paura del KGB, delle spie, e alle volte dei propri stessi familiari.
Tuttavia come ricorda il testo del 1955 ”il modo di dirigersi da rivoluzionari non dipende dalle situazioni, non si deforma secondo il vento”.
Un modo di dirigersi saldo, sicuro, orientato dalla stella polare della ricerca di libertà dalla schiavitù. Un orientamento stabile e sicuro, rinfocolato dal grado di sofferenza del genere umano alienato, sempre più violentato dalla furia nichilista del capitalismo e dall’oppressione di una classe di parassiti sociali.
La sconfitta della rivoluzione (o meglio della prospettiva rivoluzionaria sorta dagli eventi dell’ottobre 1917) emerge come la risultante di cause socio-economiche e di connessi processi di lotta politici. La base economica del socialismo, cioè l’industria capitalistica, non è ancora presente in modo adeguato nella Russia nel 1917, dunque solo una rivoluzione proletaria in Europa può fornire il capitale costante necessario alla veloce crescita industriale dell’economia Russa. Si tratta di porre in essere qualcosa affinché possa manifestarsi qualcos’altro. Questo processo richiede il controllo della macchina-stato da parte di un potere politico proletario:”Il capitalismo di Stato economicamente è, giusta Lenin, solo l’ultimo gradino, dal quale si può passare al socialismo quando vi si sia saliti su tutto il campo dai gradini piccolo-contadini, mercantili e privati. Ma è ben diverso che lo Stato-capitalista sia politicamente borghese, o proletario. Nel secondo caso la grande industria (e il commercio estero) monopolisticamente (Lenin) tenuti sono un fattore (Trotsky) politico di prima forza.Vogliono dire avere l’esercito, l’armamento, la possibilità di fermare le rivolte e la controrivoluzione. La possibilità di aspettare, dirà il Trotsky del 1926, il socialismo di occidente”.
Il potere proletario a cui allude Trotsky non ha mantenuto per molto tempo le redini del controllo della macchina-stato, il coltello (dalla parte del manico) è passato ben presto nelle mani della nascente borghesia di stato russa (appaltatori, funzionari, dirigenti d’azienda), e le stesse convulsioni dell’esecutivo allargato del 1926 ne sono in fondo il riflesso sul piano politico:”Negli anni eroici uccidemmo i borghesi, ma non per fare socialismo: per fare più e più presto capitalismo. La storia sa le sue vie. Se avessimo saputo che la Rivoluzione russa doveva essere così, nel suo percorso futuro, parimenti l’avremmo propugnata e plaudita. Il fenomeno oggi controrivoluzionario non è questa corsa alla industrializzazione e questa tremenda velocità di accumulazione; non è tanto meno, il suo rilancio sull’Asia. Il fenomeno controrivoluzionario sta nella maschera di conquistato socialismo sovrapposta a tutto, sta nella distruzione della potenzialità proletaria mondiale verso l’autentica conquista socialista, sta nella possibilità data a tutti i capitalismi di persistere sotto le ondate dei terremoti storici e ribadita nelle campagne pacifiste, nelle vergognose gare emulative”.
In conclusione…
Le condizioni socio-economiche che hanno determinato gli eventi del 1917 non sono mai scomparse, anzi sono oggi ancora più presenti di allora. Contemplando a cento anni di distanza gli eventi di quel tempo, ritroviamo nel presente gli stessi fattori da cui essi sorsero, e dunque lo stesso bisogno di sognare il loro superamento.
”Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita”.
William Shakespeare