Incidenti sul lavoro, disastri, catastrofi ambientali
Le notizie quotidiane traboccano di eventi negativi, secondo alcune anime candide i media dovrebbero invece sottolineare di più i fatti positivi, ad esempio le tante buone azioni individuali che non fanno notizia.
Alcuni media puntano sul sensazionalismo, e quindi su un informazione in grado di fornire emozioni forti ai propri lettori. Gli eventi fuori dall’ordinario sono in genere il soggetto che suscita le emozioni forti desiderate dai lettori, disastri e cose simili.
É anche vero che i media, in genere, difficilmente tendono a valutare il peso effettivo del modello sociale capitalistico nella genesi dei disastri, degli incidenti sul lavoro, delle catastrofi ambientali, e via dicendo, limitandosi spesso solo alla cronaca.
Sarebbe però banale iniziare la solita solfa critica sui media disattenti all’analisi dei problemi reali, poiché, ovviamente, è sbagliato generalizzare, mentre sarebbe utile distinguere fra i differenti media e i relativi approcci alle notizie. Ma non è questo il focus del presente articolo.
Un ponte che cade, il crollo di un palazzo, un tir che esplode con il suo carico di metano, l’incendio di un fabbricato, sono dei disastri che possono provocare molte vittime, anche se l’ambito di manifestazione è circoscritto.
Una catastrofe ambientale si manifesta su un piano più ampio, pensiamo all’esondazione di un fiume e alla successiva inondazione dei territori circostanti, oppure a uno tsunami, a un terremoto, o ad un sistema industriale che inquina l’aria, l’acqua, i terreni, le colture agricole, mettendo a repentaglio la vita degli esseri viventi.
Pensiamo poi agli incidenti sul lavoro, ai feriti e ai morti causati da tali incidenti.
In tutte e tre le tipologie (disastri, catastrofi e incidenti), sarebbe sbagliato ignorare o disconoscere il ruolo giocato dall’attuale modello economico e sociale.
I media dovrebbero denunciare con forza questo ruolo, ma quanti lo fanno in realtà?
Stiamo sostenendo argomenti di normale buon senso, a dispetto dell’etichetta di estremisti o di settari regolarmente attribuitaci da qualcuno. In realtà gli estremisti sono i fautori della ideologia che derubrica incidenti sul lavoro, catastrofi ambientali e disastri sotto la voce della tragica fatalità.
Nessuno nega la presenza di elementi imponderabili, anche nella causazione dei tre tipi di fenomeni anzidetti, tuttavia la causa che pone in essere una maggiore dannosità di quei fenomeni ( per quanto alcuni di essi siano di origine naturale) è di tipo umano, dipende in verità dal sistema socio-economico creato dall’uomo, o meglio dagli uomini che formano la classe dominante borghese.
Se la logica dell’economia capitalistica è di tipo predatorio-concorrenziale, orientata dunque alla continua riduzione dei costi aziendali, non si può evitare di collegare questo aspetto alle violazioni delle stesse normative vigenti sulla sicurezza e sulla tutela della salute pubblica, e quindi alla triplice fenomenologia prima indicata.
Ma eccoci ad un punto morto del discorso, perché, una volta riconosciuta la correlazione fra il sistema capitalistico e determinati fenomeni, ad esempio: incidenti sul lavoro, catastrofi ambientali, crescita della disoccupazione, crescita della miseria, guerre per il controllo delle risorse energetiche, inquinamento e morti collegate, poi di concreto cosa si può fare per eliminarli?
La risposta non è difficile, bisogna studiare con la lente marxista la società contemporanea, i suoi fenomeni, i rapporti di causa ed effetto fra di essi, la loro genesi, i rapporti con il sistema generale di cui sono un elemento.
Comprendere il mondo in cui si vive per meglio agire su di esso. Informare e comunicare con i limitati mezzi a disposizione, per diffondere una antiideologia, una controinformazione non supina alla conservazione dei rapporti sociali esistenti.
Un obiettivo importante, realistico, che soprattutto non spreca le poche risorse militanti disponibili in sterili e velleitarie agitazioni attivistiche.
Il compito, in definitiva, di una organizzazione marxista che tende, in una prospettiva di lungo periodo a rafforzarsi, a incrociare le avanguardie di classe, ad aumentare la propria militanza, per incidere con efficacia sui processi di cambiamento, sul movimento reale che abolisce lo stato di cose esistente (ovvero sul conflitto sociale fra oppressi ed oppressori).
Postilla
Pur prescindendo dalla intera raccolta di articoli anni 50 (”Drammi gialli e sinistri…’), si possono ricordare le considerazioni contenute in ”Omicidio dei morti’, dove si collegano le ” tragiche fatalità’ ricorrenti dell’attualità capitalistica all’esigenza di valorizzare il capitale morto, attraverso, e questa è la cosa paradossale, l’omicidio dello stesso capitale morto (ponti, strade, case, mezzi di produzione) che avviene in occasione dei disastri.
L’analisi contenuta in ”’Omicidio dei morti’ sarà poi ripresa nei successivi decenni da vari altri soggetti, e riassunta sotto il nome di economia della cartastrofe.
In un certo senso l’articolo di cui stiamo parlando è stato il precursore misconosciuto di un filone di analisi e ricerche, bene o male incentrate sul suo nucleo essenziale.
Il capitale costante (lavoro morto cristallizzato) distrutto dai disastri ambientali e dagli incidenti industriali, viene ricostruito dal lavoro vivo, consentendo al capitale di estrarre pluslavoro dai proletari occupati nella ricostruzione, che poi è l’aspetto fondamentale di tutta la faccenda.