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CINA – PARTE PRIMA

“Pubblichiamo qui di seguito un lavoro svolto nei mesi passati sulla questione cinese. Il materiale utilizzato è patrimonio della Sinistra Comunista e delle organizzazioni che in Italia ad essa si richiamano. “La rivoluzione viaggia da Ovest verso Est”, a partire da questa affermazione abbiamo ripercorso la storia dello sviluppo del capitalismo in Cina, la forma dello Stato, la lotta nazionalista borghese e la sconfitta del proletariato ad opera dello stalinismo.”

LA QUESTIONE CINESE

La concezione materialistica della storia parte dal principio che la produzione, e con la produzione i suoi prodotti siano la base di ogni ordinamento sociale e che in ogni società che si manifesta nella storia la distribuzione dei prodotti e con essa l’articolazione della società in classi e stati si modella su ciò che si produce, sul modo di produzione e sul modo in cui si scambia ciò che si produce. Le epoche economiche si distinguono non per cosa viene prodotto ma per come cioè con quali mezzi di lavoro viene prodotto. I mezzi di lavoro servono anche ad indicare i rapporti sociali nel cui ambito è effettuato il lavoro.

Possiamo rappresentare:

I) fase rappresentata dal comunismo primitivo.

II) fase con tre varianti

1) Grecia e Roma antica (terra di proprietà privata. Produzione materiale effettuata da schiavi. Solo i proprietari hanno diritti civili.)

2) variante germanica (l’individuo è fortemente legato alla comunità razziale che detiene la proprietà della terra.)

3) variante asiatica (lo stato centralizzato è base solida comunitaria per il lavoro collettivo, si opera un razionale separazione tra centro e periferia. Lo stato detiene il controllo sulle opere pubbliche e sulla guerra; alle comunità locali – coordinate dal proprietario unico – è demandata la produzione materiale. Appare, quindi evidente che la chiave di sviluppo della variante asiatica sia lo stato centralizzato, nel quale confluiscono e si concentrano i legami comunitari. È proprio la presenza di questo stato centrale a determinare la differenza con il feudalesimo europeo nel quale l’autorità centrale è sovente solo simbolica.

Prime formazioni statali cinesi

Tra il 3° e 5° millennio a.C. apparvero grandi culture cinesi, al nord (fiume giallo) insediamenti prevalentemente sedentari (cacciatori, pescatori) mentre al sud (fiume azzurro) insediamenti di cacciatori, raccoglitori nomadi.

Nel 1751 a.C. la dinastia Shang assume il controllo del corso inferiore del fiume giallo (nord) con la nascita di quello che viene considerato come il primo stato cinese. In questo stato le terre rappresentavano il nucleo, terre di proprietà personale del re che era anche capo dell’esercito e sacerdote. Durante questo periodo si svilupparono la scrittura, la fusione del bronzo e migliorarono le tecniche militari. In questa fase storica il comunismo primitivo è definitivamente scomparso è si è passati ad un modo di produzione in cui un grande capo locale o signore obbliga i villaggi a farsi suoi tributari formando così un sistema di piccoli stati o principati. Ogni tanto un signore più potente sottopone i vicini formando stati più estesi. Questa forma asiatica differisce sia dalla schiavitù della Roma classica che dal Medioevo europeo occidentale, sviluppando comunque aspetti di entrambi. Le grandi opere vengono effettuate con lavoro forzato di masse di prigionieri schiavi; nei villaggi tributari non vi sono uomini liberi.

Nel 1000 a.C. il regno Shang venne conquistato dalla dinastia Chou. In questo periodo si assiste ad una ampia autonomia delle famiglie feudatarie e conseguente diminuzione del potere centrale, ciò determina un aumento dell’incursione degli invasori e dell’esplosione dei contrasti interni fra gli stati (tanto che il periodo dal VI al III secolo fu contraddistinto dai “regni combattenti”).

 Questo periodo presenta similitudini col feudalesimo germanico seguito alla caduta dell’impero romano. Si introducono le armi in ferro, la cavalleria e l’utilizzo di truppe mercenarie. Dal punto di vista filosofico /religioso si sviluppano il confucianesimo e il taoismo.

Nel 256 a.C. i Ch’in sconfissero una coalizione di stati ponendo fine alla dinastia Chou. Si torna ad un forte accentramento dello Stato, l’imperatore affida il potere ai funzionari del centro operativo che aveva sede presso l’imperatore stesso: si attua così una doppia rete -amministrazione civile e militare con al vertice un primo ministro e un maresciallo dell’impero che si ricongiungono nella persona dell’imperatore (volendo trovare un confronto con qualcosa di simile in Occidente dobbiamo pensare al Re Sole del 1600).

Lo stato viene suddiviso in province a loro volta suddivise in distretti, ad ogni livello amministrativo esiste una figura referente. Questo periodo (attorno al III sec a.C.) viene indicato come feudalesimo burocratico ed è caratterizzato dalla riunificazione amministrativa, militare, giuridica, monetaria, fiscale e della scrittura. Questa forma di stato con alterne vicende sopravvive fino al 1911. L’unitarietà dello stato così determinato vide sempre due nemici, rappresentati da incursori esterni e dalle lotte interne delle famiglie nobili a richiedere maggiore autonomia. Nel III secolo a.C. la Cina era, quindi, rappresentata da uno stato fortemente centralizzato, ridotta schiavitù famigliare e da 59milioni di contribuenti.

Nel 220 a.C. con l’inizio del periodo dei tre regni si afferma il feudalesimo statale o dell’impero unitario.

Nella storia cinese è molto frequente il processo dell’unificazione ad opera di una potente dinastia, con il successivo decadere e il frammentarsi in diversi regni per poi riunificarsi sotto una nuova dinastia egemone. La dinastia C’hin nel 280 a.C. unifica i tre regni e stabilizza il cung tien (proprietà statale della terra) i contadini ricevono due appezzamenti di terra, uno per fabbisogno, l’altro coltivato a favore dello stato. Dovevano anche impegnarsi in lavori di pubblica utilità.

Ai contadini venivano affidati 3 tipi di appezzamenti,

1) arativo: in base al numero di abitanti e da restituire all’erario in caso di morte del coltivatore o in caso di impossibilità a lavorare la terra.

2) culture non alimentari (gelso e canapa)

3) appezzamenti per abitazione, magazzini e manifatture (tornavano all’erario solo in caso di morte di tutta la famiglia).

I tributi in natura erano calcolati in base al numero dei lavoratori, cioè in base all’estensione dell’appezzamento. L’organizzazione territoriale amministrativa si divideva in: piccola (5 fattorie), media (25 fattorie) e superiore (125 fattorie).

A capo di ciascuna è posto un anziano che svolge la funzione di amministratore dello stato. I contadini sono indissolubilmente legati alla terra e non possono spostarsi. Dal IV secolo le tasse da pagarsi in prestazione gratuita (per lavori di pubblica utilità come costruzione di dighe, bonifiche ecc.) vengono sostituite con rendita in natura, in questo modo si aumenta la produttività dei campi, infatti, il contadino non è costretto a spostarsi per lunghi periodi.

Esisteva anche una forma di proprietà privata della terra (feudatari) ma fortemente condizionata e confinata entro quella statale, in questo caso le tasse raccolte andavano al funzionario locale e ai monasteri.

In questo periodo si assiste al miglioramento delle tecniche di coltivazione, alla introduzione di colture di qualità come il tè, la canna da zucchero e il cotone. Il produttore principale è il libero contadino che paga le imposte.

Dal punto di vista della tecnica siderurgica la Cina risulta essere molto più avanzata dell’Europa. A titolo di esempio si rammenti che fin dal II secolo a.C. in Cina si conosce la lavorazione dell’acciaio (introdotto in Europa vi arriverà solo nel 17° sec.).

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Nel XVI sec. la circumnavigazione del globo da parte degli europei determina l’accerchiamento dell’Asia e la conseguente supremazia dell’Europa sull’ oriente. Il commercio assume importanza straordinaria e diventa mondiale. La necessità degli europei di avere flotte ben organizzate e potenti rappresenta un vantaggio determinante sulla Cina che fino a quel punto non aveva mai subito attacchi dal mare. L’Oceano aveva sempre rappresentato una barriera insormontabile. I nuovi conquistatori arrivano dal mare con navi da guerra e cannoni moderni. La Cina risponde con la chiusura al commercio con gli stranieri, si pensi che nel 1760 una gilda chiamata Co Hong ha il monopolio del commercio con gli stranieri.

L’Inghilterra divenuta la fabbrica del mondo non può più fare a meno di un mercato così vasto come quello cinese, e non può continuare ad utilizzare enormi quantità di argento per pagare le importazioni di cotone seta e tè.

Quindi, l’Inghilterra ferma questa emorragia di argento con il commercio dell’oppio coltivato in India, dapprima prodotto in Turchia dai portoghesi con scopi medici. L’esportazione di oppio verso la Cina aumenta in maniera esponenziale nel giro di pochissimi anni.

Il governo cinese decide di confiscare e distruggere l’oppio di contrabbando, determinando una guerra dapprima anglocinese, e successivamente franco cinese, scaturita dalla necessità di rimuovere l’ostacolo alla libera circolazione delle merci. La Cina, sconfitta, si trasforma nel mercato coatto del capitalismo occidentale. Nel 1870 si contano circa 15 porti aperti e nel decennio 1885/1894 la bilancia commerciale volge a favore degli stranieri. Si importa più di quello che si esporta.

Questo è il periodo del capitalismo imperialista e dell’asservimento politico della Cina costretta ai cosiddetti “trattati ineguali”.

La diffusione dell’oppio, il deflusso di argento, il dilagare dei manufatti stranieri, la riduzione della terra coltivabile, determinano l’aumento ulteriore della povertà dei contadini già oberati dal pagamento degli affitti e delle imposte.

Nel 1850 si assiste alla rivolta di Tai Ping con uccisione dei signori terrieri e mandarini: per ben 11 anni si mantiene controllo della valle dello Yang Tze con gestione collettiva delle terre e comunismo agrario. Questa è considerata come l’ultima guerra contadina e apre all’era rivoluzionaria.

Ma oltre alla casta dei burocrati e ai proprietari terrieri anche le potenze imperialiste straniere sono nemiche dei contadini di Tai Ping, infatti, un esercito anglo franco mancese entra a Nanchino e mette fine alla rivolta.

La Cina viene via via smembrata dalle potenze estere, Francia controlla Cambogia e Vietnam, Inghilterra Hong Kong e Birmania, mentre la Russia controlla la Manciuria settentrionale. Esemplificativo della situazione è quanto accaduto dopo la ratifica del trattato di Shimonoseki (1895) firmato fra la sconfitta Cina e il vittorioso Giappone. Inghilterra, Germania e Russia (la cosiddetta triplice d’oriente) impongono al Giappone di rinunciare alla penisola del Liaotung a favore della Russia. Il Giappone per rifarsi della perdita aumenta le richieste di indennizzo alla Cina sconfitta che per pagare l’enorme debito di guerra deve ricorrere a prestiti stranieri (banche russo francesi e anglo tedesche).

Il periodo 1894/1899 è determinato da un elevatissimo debito pubblico nel quale il capitale finanziario internazionale è padrone dello sviluppo economico e, quindi, politico della Cina.

Nel 1899 esplode la rivolta dei Boxer (movimento interprete del disagio del mondo contadino) sviluppatasi dapprima nelle province settentrionali contro i manciù e gli stranieri. Viene utilizzata dai manciù stessi in chiave antistranieri. Allo scopo di sconfiggere questa rivolta viene inviata una spedizione internazionale – Australia, Inghilterra, America, Germania, Francia, Austria Ungheria, Italia e Giappone – che si risolve con il protocollo del 1901 che ratifica la totale dipendenza della Cina dalle potenze imperialistiche.

Alla Cina viene imposto il disarmo unilaterale, stazionamento di truppe in luoghi chiave, diritto di ispezione della finanza e dell’amministrazione. La Cina viene praticamente governata da un consorzio di potenze straniere attraverso la corte imperiale.

Dal primo decennio del novecento la considerevole affermazione del capitalismo determina lo sviluppo delle classi sociali moderne: borghesia e proletariato.

Nascono le organizzazioni politiche modellate sui partiti politici occidentali come la Lega Rivoluzionaria di Sun Yat Sen che nel 1905 formula il suo programma politico: indipendenza nazionale, democrazia, redistribuzione delle ricchezze (tre principi del popolo).

Si ritiene che l’unico mezzo per applicare tali riforme sia una iniziativa violenta e rivoluzionaria con un passaggio temporaneo attraverso un regime autoritario dittatoriale.

Nel 1911 la rivoluzione abbatte la democrazia ed instaura la repubblica borghese ma ben presto il potere viene ceduto ai signori della guerra: rivoluzione incompiuta.

La borghesia cinese non è in grado di adempiere a due compiti imprescindibili: assicurarsi l’indipendenza nazionale ed attuare la riforma agraria.

L’impotenza della borghesia permette così che il potere passi di fatto alle potenze straniere attraverso i signori della guerra a loro fortemente legati e dipendenti.

Le guerre civili rispecchiano, infatti, interessi ed alleanze delle potenze straniere.

La situazione, che richiede un sempre maggior sforzo economico, pesa in maniera insopportabile sui contadini che sono costretti ad ingrossare le truppe dei signori della guerra o a darsi al banditismo. Milioni di persone abbandonano le campagne e si riversano nelle città per cercare un impegno nell’industria.

È in questo quadro economico e socio politico che si colloca la I guerra mondiale anche definita come “l’età dell’oro della borghesia cinese”. Aumentano, infatti, le esportazioni e l’espansione economica richiede forti investimenti sui mezzi di produzione e di commercializzazione.

Contemporaneamente il forte inurbamento determina un incredibile aumento del proletariato industriale che sarà il protagonista degli avvenimenti degli anni a venire.

LENIN: IL RISVEGLIO DELL’ASIA

Secondo Lenin è indispensabile individuare 2 periodi del capitalismo:

1) si costituiscono società e Stati borghesi; movimenti nazionalistici diventano di massa. In questo periodo i contadini sono attirati dalle lotte per la libertà politica e per i diritti della nazionalità.

2) regime costituzionale consolidato da tempo. Antagonismo elevato fra borghesia e proletariato con mancanza di movimenti borghesi di massa. Dal momento che le merci devono liberamente circolare le nazionalità si fondono. L’antagonismo è fra il capitalismo internazionale ed il movimento operaio internazionale.

Fra il 1789 ed il 1871 in Europa Occidentale si è assistito alla nascita di Stati Nazionali attraverso moti nazionali, in Europa Orientale e in Cina solo dal 1905.

La rivoluzione russa del 1905 è il “banco di prova delle due tattiche della socialdemocrazia”. I menscevichi auspicavano una rivoluzione borghese per abbattere lo zarismo, i bolscevichi sapevano che a fare la rivoluzione dovevano essere i proletari e che non era possibile rinchiudere all’interno di forme giuridiche borghesia e movimento rivoluzionario.

Fra il 1840 e il 1948 il 93,3% della terra era di proprietà di mandarini e degli intermediari delle potenze straniere (la c.d. borghesia compradora).

La frammentazione della proprietà aveva determinato un forte indebitamento dei contadini con ipoteca sul raccolto e aumento dei tassi di interesse che toccarono l’80% annuo. Ciò aveva costretto i contadini cedere la proprietà della terra e a diventare fittavolo o semi fittavolo.

Nel 1927 l’80% della terra è detenuta da proprietari di grandi distese. La frammentazione della proprietà è maggiore al Sud (coltivazione del riso) rispetto a Nord (coltivazione del grano).

Gli interessi della classe dominante interna coincidono con quelli del capitale straniero, quindi questa borghesia è contraria ai moti di indipendenza. Inoltre, per opporsi in maniera decisa alle potenze straniere è necessario investire implementando la forza militare e quella commerciale ma essendo i fondi controllati dagli stranieri ovviamente queste operazioni vengono controllate a vantaggio degli imperialisti.

In Cina si sviluppa un’alleanza fra i proprietari terrieri e la borghesia commerciale che attraverso gli intermediari del capitale straniero (compradores) accumulano terre e capitale usuraio.

Lo sviluppo del capitalismo prende avvio al Nord e lungo le aree costiere ove sono più’ sviluppate le strutture industriali e le ferrovie (Shangai, Hong Kong) e dove si è sviluppata una classe borghese prevalentemente commerciale e strettamente connessa con gli interessi dei capitalisti stranieri e fortemente limitata nelle sue azioni dalle condizioni imposte dagli stranieri.

Infatti, a causa dei cosiddetti “trattati ineguali” la giovane borghesia cinese non era in condizione di competere con la concorrenza delle imprese straniere.

Ricordiamo che erano stati imposti:

– dazi interni solamente per le merci cinesi (esonerate quelle straniere)

– dazio imponibile del valore massimo del 5%

e che vi era una cronica mancanza di capitali da investire e di un sistema bancario efficiente e che per lo stesso smercio dei prodotti veniva utilizzata flottiglia straniera (essendo quella cinese assolutamente insufficiente).

La borghesia autoctona vive, quindi, una profonda contraddizione anelando ad uno sviluppo autonomo senza però possedere i necessari mezzi per ottenerlo.

Sin dal 1912 Lenin chiarì che “il proletariato deve diffidare della borghesia tanto più se si dice rivoluzionaria e socialista”, soffermandosi sulla stretta correlazione fra democrazia e populismo nelle rivoluzioni in Asia.

Risulta del tutto reazionario sognare che in Cina sia possibile “prevenire” il capitalismo. In realtà Sun Yat- sen (borghesia nazionalista) proponeva una nazionalizzazione delle terre determinando uno sviluppo più’ rapido del capitalismo in agricoltura.

Il marxismo riconosce la necessità storica della fase di alta concentrazione di centri industriali con elevato numero di proletari: la nascita di numerose Shangai.

LA CLASSE OPERIA CINESE.

Non è semplice ricavare dati riguardanti il numero de proletari cinesi all’inizio degli anni 20. E’ da tenere presente l’elevato numero di impiegati in produzioni precapitalistiche (artigiani, negozi ..).

Pare comunque si aggirassero attorno ai 2 milioni (numero piuttosto esiguo) e fortemente concentrato in alcune zone come Shangai, Canton e Hong Kong.

In questo periodo la Cina era caratterizzata da enormi fabbriche (fino anche a 100 mila operai) che impiegavano un proletariato costituito anche da minori e donne.

Gli operai erano rappresentati in massima parte da non specializzati dal momento che molteplici erano i contadini che non avevano spezzato definitivamente il legame con la terra e che in determinati periodi dell’anno tornavano a lavorare in famiglia. In questi enormi fabbriche i turni di lavoro erano massacranti e le condizioni pessime senza alcuna tutela per la salute e la sicurezza.

Il primo sindacato moderno vide la nascita nel 1918 e nel 1919 entra in scena il combattivo movimento operaio scioperando in solidarietà con gli studenti nazionalisti.

LA PROSPETTIVA MARXISTA NELLE TESI DELL’INTERNAZIONALE COMUNISTA.

Il contatto con il capitalismo occidentale aveva determinato la nascita delle classi fondamentali della società moderna: il proletariato e la borghesia.

La classe sociale è rappresentata come una tendenza sociale, un movimento con determinate finalità non è un dato meramente statistico. Possiamo affermare che in Cina contadini, borghesi e proletari entravano nell’arena politica con fini diversi.

Lo sviluppo di un’agricoltura e di un’industria moderne, la creazione di un mercato nazionale, l’esaltazione dell’unità e della cultura nazionale e di tutti gli attributi moderni dello stato non possono che essere il programma dell’accumulazione del capitale.

Solo collegando la lotta a quelle dei proletari dei paesi a capitalismo avanzato sarà possibile per i contadini di oriente evitare la dolorosa fase dell’accumulazione del capitale (che i traditori stalinisti avrebbero rinnegato con la teoria della rivoluzione in un solo paese).

Tesi del congresso dei popoli d’Oriente a Baku 1920: solo il trionfo completo della rivoluzione sociale e l’instaurarsi di una economa comunista mondiale possono liberare i contadini d’Oriente dalla miseria e dallo sfruttamento.

La rivoluzione russa diviene distaccamento d’avanguardia del proletariato internazionale che si deve collegare alla rivoluzione nei Paesi a capitalismo avanzato che saranno, quindi, di aiuto allo sviluppo produttivo della Russia arretrata.

Anche in Cina il compito rivoluzionario è in seno al proletariato (la borghesia ha troppi interessi in comune con il capitalismo internazionale sia politici che economici). La borghesia è un’appendice delle classi della vecchia società e, come abbiamo ampiamente sottolineato, è legata all’imperialismo da vincoli più forti di qualunque aspirazione all’indipendenza. Come in Russia la rivoluzione borghese è impossibile come rivoluzione della borghesia.

Ma nemmeno i contadini possono essere gli artefici di una rivoluzione dal momento che, incapaci di elaborare una propria politica autonoma, non sono una classe dal momento che lasciano ad altri la propria rappresentanza politica. I contadini non sono altro che i rappresentanti sociali dei rapporti borghesi e le rivolte agrarie sono servite nell’ambito delle rivoluzioni borghesi cedendo alle città il loro potere.

L’internazionale comunista prima di cadere nelle mani degli stalinisti aveva delineato chiaramente i compiti e le prospettive della rivoluzione cinese: il proletariato guidato dal partito comunista doveva essere l’avanguardia della lotta antimperialistica.

La lotta per il potere nelle colonie doveva svolgersi in collegamento con la battaglia proletaria delle metropoli in quanto solo la vittoria nei paesi a capitalismo avanzato poteva garantire la sopravvivenza di un potere politico comunista nei paesi arretrati e perfino poter saltare la fase borghese nel quadro di “un piano economico generale regolato dal proletariato in tutte le nazioni”

Tesi del II congresso dell’Internazionale: nei Paesi oppressi esistono due movimenti che si separano sempre di più.

1) borghese-democratico nazionalista che ha un programma di indipendenza politica e di ordine borghese

2) contadini poveri ed arretrati ed operai che lottano per l’emancipazione da ogni sfruttamento e che spesso viene controllato dal primo movimento.

Devono essere costituiti dei partiti comunisti che affranchino i contadini e gli operai dalla dipendenza con la borghesia per condurli alla rivoluzione e all’instaurarsi della repubblica dei Soviet.

Si accetta che la rivoluzione nelle colonie veda un I stadio con programma piccolo borghese come la divisione della terra e che sotto il controllo del partito comunista possa organizzare i soviet di contadini ed operai per lavorare in stretto contatto con le repubbliche sovietiche dei paesi a capitalismo avanzato arrivando al comunismo senza passare necessariamente per le diverse tappe del capitalismo.

Lo stalinismo invece decretò alla borghesia cinese il ruolo di guida della rivoluzione e al Kuomintang un ruolo di dirigenza del partito comunista e del proletariato trasformando di fatto l’Internazionale comunista in uno strumento asservito agli interessi dello stato Russo.

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