Presentiamo alcuni passi tratti dal testo ‘Gracidamento della prassi’. Il contenuto integrale è presente nella pagina ‘Testi marxisti’
Chi dunque si limita a questo: riconoscere che nella moderna società industriale esistono le classi, e lottano tra loro in difesa dei loro interessi, non esce ormai dal campo borghese; e Marx protestò di non avere scoperto le classi né la lotta di classe.
La seconda e ben diversa veduta cui abbiamo alluso e a cui ci ricolleghiamo è quella che vede sì il divario degli interessi anche quotidiano e locale e l’antagonismo tra classe e classe, ma come
espressione di un fatto più profondo e determinante, che si estende a gran parte del mondo odierno e si svolge in una vicenda di decenni e secoli: la lotta tra un nuovo modo di produzione ben definibile, quello socialista, reso ormai possibile dallo sviluppo delle forze produttive, e quello attuale capitalista difeso dalle presenti forme della produzione, della proprietà, dello Stato.
Lo scopo che la classe deve raggiungere sta “prima” della classe, prima della sua coscienza e della sua volontà, se si pensano erroneamente estese a qualunque e a tutti i membri della classe. Esso si pone perché oggi la materiale produzione dispone di risorse tecniche e scientifiche tali da potersi svolgere in rapporti ben diversi da quelli attuali, e quindi gli stessi vanno infranti. Per questo l’azione della classe è indispensabile, e nemmeno di tutta o della maggioranza della classe. Ma la conoscenza, la coscienza o la cultura non sono indispensabili, ed è non solo illusione ma tradimento “sondarle” nella classe quale oggi è: verranno dopo l’azione, anzi dopo la vittoria. Proletari contro borghesi è formula per descrivere marxisticamente la società attuale, non formula
marxista della rivoluzione. La formula giusta è comunismo contro capitalismo. Ma sono uomini che lottano tra loro! E chi lo nega ? Nell’infinito intreccio storico la forma che muore e quella che nasce
determinano lo schierarsi dei loro agenti e seguaci, in conflitto tra loro, ma in diversissimi gradi edotti del corso del trapasso. Non per aver fatto un corso di filosofia della storia, ma per aver assunto uno schieramento organizzativo e politico, si potrà parlare di comunisti contro capitalisti, ove tuttavia per capitalisti intendessimo non i possessori del capitale ma i fautori e difensori del sistema capitalistico(……)Perché la tesi esatta è proprio l’opposta: sempre più la classe operaia, nel suo lungo corso storico verso la rivoluzione, ha bisogno del suo partito politico! Successivamente muoiono le prime forme di associazione, mutualista, cooperativa; sindacale (dopo la rivoluzione), aziendale, statale (soviet o simile che nasce dopo la rivoluzione e in quanto vi è la dittatura di classe): il partito in tutto questo corso si potenzia sempre più ed in un certo senso non sparisce mai, anche dopo la sparizione delle classi, poiché diviene l’organo di studio e organizzazione della lotta tra la specie umana e le condizioni naturali. Invece per costoro il partito deve perire; solo che alcuni trovano necessario sviluppare la loro consultina a partito che surroghi quelli caduti nell’opportunismo, altri (patapum!) hanno già sentenziato: “la nozione di partito rivoluzionario si collega ad un’epoca trascorsa della storia proletaria”.
Il maestro Sartre ha introdotto in letteratura un certo vocabolo della lingua gallica; ci sia consentito di dire, in francese esistenzialista: quelle putainade! Dal “Manifesto” a “Che fare?”
In ogni caso quelli che timidamente parlano di partito da costruire (sempre atto di coscienza! di volontà! di concorrenza ai Fondatori che nulla hanno fondato e nulla sfondato!) gli assegnano, rispetto alla classe, non un compito di direzione, ma ohibò, di semplice orientazione!
…..Una vera tormenta si scatena sugli “errori commessi da Lenin” in “Che fare?” ad opera di un certo, se ben ricordiamo il cognome, Chacal. Ma il senso del celebre libretto di Lenin va oltre le questioni di allora del particolare movimento russo, ove il partito marxista era sovraccaricato del compito di sostenere prima la lotta antizarista e poi quella antiborghese. Quel testo ricalca e richiama i cardini fondamentali del marxismo, e se è tutto un errore, tale è tutta la costruzione di Marx. E Lenin sostiene la sua tesi riportandosi cento volte ai testi fondamentali. Nel congresso di unificazione del 1901, come altra volta ricordammo, Lenin aveva poco parlato sul programma; solo insorse quando si propose l’emendamento: crescono il malcontento, la solidarietà, il numero e la coscienza dei proletari. “Sarebbe, egli disse da maestro, un peggioramento. Darebbe l’idea che lo sviluppo della coscienza è un fatto spontaneo. Ma al di fuori dell’influenza del partito, non vi è attività cosciente dei lavoratori”. Lenin avrebbe rimangiato questo? Come e dove? È lui che sottolinea il termine coscienza. Ed infatti l’attività è dei lavoratori, la coscienza solo del loro partito.
L’attività, la prassi, è diretta e spontanea, la coscienza è riflessa, ritardata, anticipata solo nel partito, e solo quando vi è questo e questo opera la classe cessa di essere un freddo episodio da censimento e diviene forza operante nell’epoca di sovversione”, e rovescia su un mondo nemico un’azione, che possiede un fine conosciuto e voluto. Conosciuto e voluto non da individui, siano gregari o capi, soldati o generali, ma dalla impersonale collettività del partito, che copre paesi lontani, e generazioni in catena, e non è quindi patrimonio chiuso in una testa: ma nei testi sì, altra migliore tecnica non avendosi per passare al vaglio più rigido e il soldato e il generale soprattutto; mentre banalità senza fine è il contrasto immanente tra dirigente ed esecutore, ultima blague insipida d’Oltralpe.
La destra del partito russo vuole che il membro del partito venga da un gruppo operaio di professione o di fabbrica federato nel partito: i sindacati furono chiamati dai russi associazioni professionali. In senso polemico Lenin forgia la storica frase che soprattutto il partito è un’organizzazione di rivoluzionari professionali. Ad essi non si chiede: siete operaio? In quale professione? Meccanico, stagnaio, legnaiuolo? Essi possono essere così bene operai di fabbrica come studenti o magari figli di nobili; risponderanno: rivoluzionario, ecco la mia professione. Solo il cretinismo stalinista poteva dare a tale frase il senso di rivoluzionario di mestiere, di stipendiato dal partito. Tale inutile formula avrebbe lasciato il problema allo stesso punto: assumiamo impiegati dell’apparato tra gli operai, o anche fuori? Ma di ben altro si trattava.
Naturalmente questa tesi vale quest’altra: la dottrina e la coscienza del fine rivoluzionario non si vanno a cercare con una inchiesta nei proletari di fatto. Essa equivale la frase del Manifesto che nei momenti di rivoluzione dei disertori cambiano classe, e si affiancano agli insorti; equivale quanto Marx scrisse mille volte (Appunti su Bakunin): “il proletariato, nel periodo della lotta per l’abbattimento della vecchia società, agisce ancora sulle basi della vecchia società, e perciò dà al suo movimento forme che più o meno le corrispondono…”.
Non sono quindi opinioni personali di Marx, Lenin e putacaso nostre le tesi organiche e continue di Che fare? Abbiamo mostrato che con Lenin, leone non ancora morto, ben si poteva nel partito discutere e enunciare dissenso, ma questo punto cruciale non è permesso spostarlo, senza andare al di là dalla barricata.
Facciamo dunque a pezzi la spontaneità e l’autonomia della coscienza di classe con le parole formidabili di lui.
La coscienza a mare “Abbiamo detto che gli operai non potevano ancora possedere la coscienza comunista. Essa poteva essere loro apportata soltanto dall’esterno. La storia di tutti i paesi dimostra che la classe operaia, colle sue proprie forze solamente, è in grado di elaborare una coscienza soltanto tradunionista, vale a dire la convinzione della necessità di unirsi in sindacati, di condurre la lotta contro i padroni, di reclamare dal governo questa o quella legge. La dottrina del socialismo è sorta da teorie economiche e storiche che furono elaborate da rappresentanti colti delle classi possidenti”.
Giovanilmente crudo, ma quanto anche oggi utile a frustar via fessi!
“(Citato da Kautsky). Parecchi dei nostri critici revisionisti immaginano che Marx abbia affermato che lo sviluppo economico e la lotta di classe non soltanto creano le condizioni della lotta socialista, ma generano anche direttamente la coscienza della sua necessità… È falso… Socialismo e lotta di classe nascono uno accanto all’altra e non uno dall’altra... la coscienza è qualche cosa di importato nella lotta di classe dall’esterno e non qualche cosa che ne sorge spontaneamente (urwüchsig)”. La lunga citazione è robusta e chiara; si intende che, ad esempio, lasci un gramsciano perplesso: ci vuole lunga preparazione dialettica per intendere come l’illusione della “autonomia spontanea di coscienza” sia del tutto controrivoluzionaria.
“Perché, domanderà il lettore, il movimento spontaneo, il movimento che segue la linea del minimo sforzo, conduce al predominio della ideologia borghese? Per questa semplice ragione, che per le sue origini l’ideologia borghese è ben più antica di quella socialista, che essa è meglio elaborata in tutti i suoi aspetti e possiede una quantità incomparabilmente maggiore di mezzi di diffusione” (vedi sopra reciso, assonante passo in Marx).
“La coscienza politica di classe può essere portata all’operaio solo dall’esterno, cioè dall’esterno della lotta economica, dall’esterno della sfera dei rapporti tra operai e padroni (piglia e porta a casa). Il campo dal quale è soltanto possibile attingere questa coscienza è il campo dei rapporti di tutte le classi e di tutti gli strati della popolazione con lo Stato e con il governo, il campo dei rapporti reciproci di tutte le classi. Perciò alla domanda: che fare per dare agli operai delle cognizioni politiche? non ci si può limitare a rispondere: andare tra gli operai. I comunisti devono andare tra tutte le classi della popolazione, inviare in tutte le direzioni i loro distaccamenti”. Amaro farmaco, ma quanto necessario al peggiore filisteismo, quello dei “seduttori del proletariato”!
Non occorre altro per dimostrare il concatenamento inesorabile delle posizioni storiche marxiste.
Non è permesso “scegliere” ove aderire e ove non aderire a dilettanti da boulevard, che è meglio volgano altrove i loro passi e ci facciano la grazia di lasciarci tutti dalla parte dei nostri intrecciati ed inveterati errori, passeggiando essi per i viali suggestivi della Verità assoluta, che volentieri loro regaliamo con altri artistici feticci, i soli di cui siano all’altezza.
Che Lenin a sua volta ricalcasse Marx lo si può vedere, oltre che dai passi di lui e di Engels su cui si poggia in molte pagine, da una lettera ancora, e che riguarda la fondazione della 1 Internazionale a Londra. 25 febbraio 1865: “Si aggiunge la seguente circostanza: gli operai sembrano mirare a escludere ogni uomo di lettere, il che è tuttavia assurdo perché ne abbisognano nella stampa, ma è scusabile visti i tradimenti degli uomini di lettere. D’altra parte questi sospettano di ogni movimento operaio che non cammina nel loro solco”. 20 novembre 1866: “Al fine di fare una manifestazione contro i signori francesi – che volevano escludere tutti, all’infuori dei lavoratori manuali, prima dalla Internazionale, poi almeno dal diritto di essere eletti delegati al congresso – ieri gli Inglesi mi hanno proposto per la presidenza del Consiglio Centrale. Dichiarai che non avrei in alcun modo potuto accettare, e da mia parte proposi Odger, che venne rieletto, sebbene alcuni malgrado il mio rifiuto votassero il mio nome; Dupont del resto mi ha fornito la chiave della manovra di Tolain e Friburg. Essi vogliono nel 1869 presentarsi come candidati operai al Corpo Legislativo francese, fondandosi sul principio che solo degli operai possono rappresentare gli operai. Questi signori avevano dunque un estremo interesse a far proclamare un tale principio dal Congresso”.
Dal 1866 già Marx, checché pretendiate, aveva saputo tutto sospettare. Ed anche che la lingua batte dove il dente duole. Davvero credete che siano storielle nuove ed inedite, le vostre baggianate 1953.
Linea diritta e sicura
Negli apporti della Sinistra italiana dal 1920 sul tema “Partito e classe” vi è già esauriente risposta ai “coscientisti” e “laburisti” che dopo aver stabilito che essi nulla sanno scorgere di preciso nel “postcapitalismo” se ne vogliono rifare per illuminarsi da una specie di inchiesta Gallupnel seno dei lavoratori di fabbrica, che hanno la sensazione della sottrazione di plusvalore! Il che non toglie che a questa onnipotente coscienza mettono il solo limite di giungere a rivendicare l’abbattimento della borghesia, ma non la realizzazione della società socialista.
Mettendo insieme tutte queste frasi in libertà si può solo concludere che la borghesia essendo stata, come essi dicono, in Russia rovesciata, quel proletariato non potrà mai più essere cosciente di nulla, ed il progetto di rivoluzione antiburocratica non saprà dove puiser, da Parigi, i suoi connotati.
Il nostro teorema è esatto. Non solo nel partito soltanto è la coscienza del futuro corso e la volontà di giungere a finalità determinate, e di agire volontariamente per essa “nella data epoca storica”; e quindi insurrezione, governo, dittatura, e piano economico della classe, sono compiti del partito – bene altrove essendo le risorse tante volte da noi indicate contro la degenerazione, che in uno sbiadimento del partito e dei suoi rigidi contorni – ma deve enunciarsi il teorema: la classe è tale, in quanto ha il partito.
Ancora una frase, una sola, di Marx, che il 18 febbraio 1865 scrive a Liebknecht deplorando la eredità di Lassalle che si era illuso di un intervento del feudale governo di Bismark contro la borghesia e per il socialismo: “La classe operaia è rivoluzionaria, o non è nulla”.
No, una frase ancora, per l’eroicismo fuori tempo di quelli che al tempo giusto sarebbero flosci di impotenza: stavolta la parola ad Engels, nell’11 giugno 1866, quando la auspicata disfatta della Prussia sembrava svanire: “Se si lascia passare questa occasione senza utilizzarla, e la gente si rassegna a questo, non abbiamo che a imballare tranquillamente i nostri progetti rivoluzionari e a gettarci di nuovo sull’alta teoria”.
Il testo completo è presente nella pagina ‘Testi marxisti’