La danza macabra del capitale

 

 

‘ll sistema creditizio accelera pertanto lo sviluppo delle forze produttive e la creazione del mercato mondiale, che il modo di produzione capitalistico ha il compito storico di creare, sino ad un certo livello, quale base materiale del nuovo modo di produzione. Al tempo stesso, il sistema creditizio accelera le crisi, le violente eruzioni di questa contraddizione e quindi gli elementi della dissoluzione del vecchio modo di produzione'(Il Capitale, libro III,cap.5)

‘La distruzione violenta di capitale, non in seguito a circostanze esterne ad esso, ma come condizione della sua autoconservazione, è la forma più evidente in cui gli si rende noto che ha fatto il proprio tempo e che deve far posto a un livello superiore di produzione sociale'(Grundisse)

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Terza guerra mondiale (?), guerre asimmetriche, guerre a bassa intensità: la danza macabra del capitale continua a mietere la sua messe di morte e sofferenza

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Gli sviluppi della crisi siriana si susseguono veloci. Ora tiene banco l’intervento dei caccia inglesi e tedeschi, in supporto alla coalizione anti-isis a guida americana. Sui cieli della Siria troviamo aerei di varie nazioni con interessi e strategie non sempre collimanti. Ma anche nelle acque antistanti alle coste siriane si affollano unità navali e sommergibili appartenenti a stati borghesi con interessi economici e politici discordanti.

Le informazioni reperibili in rete mostrano una crescita degli episodi ad alto rischio di frattura fra i giocatori del risiko di potere internazionale, mentre d’altronde permangono le stesse ragioni che nei decenni andati hanno impedito al rischio di trasformarsi in frattura catastrofica a tutti gli effetti. I due giocatori principali sono seduti su una polveriera atomica, e in fondo il reciproco desiderio di distruzione dell’altro, in caso di uno scontro totale, implicherebbe semplicemente la fine del gioco stesso per scomparsa di ogni giocatore. Allora, da decenni, assistiamo a una reciproca guerra di posizione e di logoramento, nella speranza vana di indebolire l’avversario, soprattutto economicamente, per sottrargli l’arsenale dell’Apocalisse. Equilibrio del terrore, guerra fredda, deterrenza nucleare, e vari altri nomi raffigurano tale realtà di fatto. La potenza distruttiva del demenziale modo di produzione capitalistico non può giungere (per ora) a compromettere la sua stessa esistenza con una guerra apocalittica, e quindi stermina in sostituzione persone e mezzi produttivi, per rilanciare il ciclo di accumulazione e il profitto, attraverso la fame, gli esodi e i morti correlati alle guerre a bassa intensità, e con le malattie prodotte dal suo sviluppo industriale slegato da un piano di specie. In certe metropoli cinesi e indiane il livello di polveri sottili è cinquanta volte superiore alla norma, e gli abitanti devono respirare attraverso una maschera. Basta questa semplice notizia per stigmatizzare la distruttività strutturale e mortifera del capitalismo mondiale (guerra o non guerra). Abbiamo presentato diverse analisi sul focolaio di crisi presente in medio oriente, e utilizzando il termine soglia di frattura abbiamo alluso, nell’ultimo articolo dedicato il 26 novembre alla questione, ai rischi di un salto di qualità nel confronto /scontro fra i blocchi concorrenti. Al di là della rivalità geopolitica fra i due attori principali, cioè i due super apparati militari-industriali russo e americano, ritroviamo in azione anche lo scontro di interessi fra attori locali (sauditi, Qotar, Iran, Israele, Turchia) e internazionali (Francia, Inghilterra..). La presenza in Siria di risorse naturali (petrolio e gas) e la possibilità di utilizzare il suo territorio come via breve di trasporto (anche per le materie prime del golfo arabico), acutizza la corsa alla destabilizzazione della Siria da parte del blocco formato dalle monarchie del golfo e dalla Turchia. La conquista, nel periodo 2013 2014, di alcuni importanti siti petroliferi da parte dell’isis, ha consentito a una parte dell’oligarchia turca (come emerge dalle prove rivelate di recente dai generali russi) di imbastire un traffico reciprocamente conveniente con i terroristi. In più di un anno i terroristi sono stati combattuti in modo poco credibile dalla coalizione a guida americana, infatti chi si dichiarava in lotta con il terrorismo (la Turchia) , in realtà, stando alle prove mostrate, trafficava quotidianamente petrolio e armi con loro. E anche in questo caso l’obiettivo era duplice: accelerare la sconfitta dell’esercito siriano voluta da tutti gli attori del blocco a guida americana, per togliere innanzitutto una pedina ai russi, e in secondo luogo estendere la presenza turca nell’area in linea con le aspirazioni locali neo-ottomane della sua leadership nazionale. Israele, invece, aveva interesse a favorire la disgregazione dell’asse Siria, Hezbollah, Iran, e quindi niente di meglio che giocare in chiave geopolitica le rivalità tra sunniti e sciiti (a loro volta espressione di differenti interessi politici ed economici borghesi). La varietà di progetti e di strategie non sempre doveva rivelarsi compatibile nel lungo periodo, tuttavia fino al momento dell’intervento russo ha più o meno retto, poi i giochi sono finiti. Ora l’esercito siriano, con l’aiuto dell’aviazione russa, sta riconquistando ampie fette di territorio, spazzando via lo strumento di guerra asimmetrica utilizzato dal Chaos imperium contro i propri rivali capitalistici. Intorno al tavolo ci sono molti giocatori, e ognuno è armato di pistole, come nella famosa scena finale del film ‘mucchio selvaggio’. Le rivalità fra blocchi capitalistici concorrenti sono dunque per ora maggiormente concentrate nell’area del medio oriente, mentre già si annunciano nuove tensioni in Ucraina, dove in questi giorni sono in corso esercitazioni militari fra esercito ucraino e alcuni eserciti di paesi facenti parte della Nato. Spinte e contro spinte, schermaglie e abbracci, guerra e accordi, si susseguono veloci nelle relazioni internazionali fra i vari giocatori statali. Non avrebbe molto senso, nell’ottica della comprensione prospettica dei fatti, fissarsi su ogni contingente variazione del confronto imperialista, poiché i singoli episodi sono solo il termometro della malattia che affligge la struttura economica capitalistica. Il fatto importante non è tanto l’esito temporaneo dello scontro fra due superpotenze capitalistiche come Russia e America, ma la circostanza stessa dello scontro, ovvero la permanenza di un modello socio economico conflittuale e oppressivo, fondato in entrambi i campi imperialisti sullo sfruttamento dei proletari, e sulla lotta fra fratelli coltelli borghesi. Sono le leggi di funzionamento del modo di produzione capitalistico che spingono i Moloch statali concorrenti a guerreggiare oggigiorno in modo asimmetrico, per sottrarre al rivale di turno il bottino di risorse e plus-valore, con l’effetto accessorio di eliminare un po di capitale costante e variabile superfluo. Il compito di una forza marxista è quello di non parteggiare per nessuno dei fratelli coltelli presenti in campo, poiché la vittoria di uno o di un altro apparato militare-industriale non porterebbe alla fine del sistema di oppressione sociale che quegli apparati hanno il compito di conservare(1). Un altro conto è studiare le possibilità di una intensificazione del conflitto di classe, in relazione a determinate dinamiche di scontro tra blocchi capitalistici. Può avere un senso politico, infatti, sulla scorta di evidenze empiriche e di pregresse esperienze storiche, attendersi qualche reazione in difesa dei propri interessi da parte dei proletari, destinati altrimenti a fare la parte della carne da macello nelle guerre (anche a bassa intensità) scatenate ciclicamente dalle rispettive borghesie imperiali per rilanciare l’accumulazione e i profitti. Il sistema capitalistico è un vero e proprio cancro, un nemico della vita, la cui sopravvivenza sulla scena dell’attuale preistoria umana è assimilabile allo spettacolo negromantico di una danza macabra fra un morto (il capitale) e un essere vivo (il proletariato). Fino a quando le potenti e vitali braccia del proletariato continueranno a sostenere il corpo del cadavere che ancora cammina, la danza macabra del capitale continuerà mietere la sua messe di morte e sofferenza.

(1)  Da “Battaglia Comunista” – n. 12, marzo/aprile 1948.
IL RULLO COMPRESSORE DELLE DUE DEMOCRAZIE

Anti-proletarie per la prospettiva storica che fa di esse poli contrastanti del conflitto imperialistico e quindi della guerra, le forze politiche che muovono nel quadro della democrazia parlamentare e della democrazia popolare lo sono egualmente per l’opera concorde che sistematicamente svolgono per schiacciare sotto il loro modernissimo rullo compressore il proletariato. Al di sopra del contrasto imperialistico c’è fra loro una unità profonda, l’unità che si realizza nel contrasto stesso, per la difesa del dominio di classe.

Gli anni intercorsi fra la fine della guerra ed oggi hanno visto, a conferma schiacciante dell’inesistenza di un fondamentale contrasto fra democrazia e fascismo, il sistematico, metodico, inesorabile rafforzamento della macchina repressiva dello Stato. Lo Stato padrone dei fascisti ha subito, in regime di democrazia, un perfezionamento tecnico che ne fa oggi uno strumento perfetto di compressione e di stritolamento dei moti di classe del proletariato, uno strumento che ha la mobilità, l’efficienza e la spregiudicatezza dei più moderni ordigni di guerra. La democrazia di oggi, quella tal democrazia che avrebbe dovuto seppellire il fascismo come regime di violenza organizzata e totalitaria, passerà alla storia nella coscienza dei proletari come il regime degli sfollagente, dei reparti di carabinieri aerotrasportati, dei gas lacrimogeni, delle jeeps, quando, riprendendo ed ingigantendo le esperienze fasciste, non si farà ricordare come il regime dei campi di concentramento, delle deportazioni in massa, dell’eliminazione diretta od indiretta, violenta o cortese dell’avversario. E si sa che, in questa opera ricostruttrice e perfezionatrice degli strumenti di repressione a… difesa della libertà, tutti i partiti della costellazione democratica hanno una responsabilità solidale, che lega Scelba a Romita, Schuman a Thorez, i neo-dittatori dell’Europa orientale ai loro ex compari della democrazia d’occidente, Truman a Stalin e tutti insieme alle ormai pallide ombre dei loro cosidetti avversari di ieri, Mussolini e Hitler.

Lo Stato democratico ha dotato delle sue armi migliori la polizia “popolare”, ha quasi dovunque, in America come in Francia, in Russia come negli Stati balcanici, cancellato dalle sacre tavole degli eterni principi il diritto di sciopero, ha fatto dei sindacati delle succursali delle prefetture e delle questure nella santa missione di mantenere l’ordine sociale, ha stretto nel suo pugno le leve dell’economia, ha trasformato in impiegati dello stato i lavoratori delle industrie nazionalizzate.

Su scala internazionale, la democrazia antifascista ha instaurato un regime accentrato di polizia che fa dei tre grandi i questori del mondo, dei loro eserciti i corpi di P.S. dei quattro continenti, delle nazioni satelliti le docili pedine di un gioco feroce di dominazione e di repressione; ha “protetto” amici e “liberati”, giusto come Hitler, mettendo un carabiniere davanti alla loro porta di casa.

Ha risolto il problema del salario con le tregue, quello della disoccupazione con lo sblocco dei licenziamenti, non ha dato pane ma ha dato in compenso la bomba atomica. Ha ripetuto agli operai: producete di più e consumate di meno; ed ha aggiunto: a consumare ci penserò io, giacché quello che produrrete non servirà per le vostre bocche, servirà per le bocche dei cannoni.

Ed anche in questo, le responsabilità di tutti i partiti della ricostruzione democratica è unica, perché tutti insieme, anche se oggi divisi, hanno portato la loro pietra alla costruzione della gigantesca prigione in cui langue oggi, all’insegna dell’Uguaglianza, della Fratellanza, della Libertà, il proletariato di tutti i Paesi.

Ma non hanno soltanto messo intorno alla classe operaia la camicia di forza di uno Stato ferocemente oppressivo. Hanno anche ottenuto di farne lo schiavo diligente che si scava quotidianamente la tomba cantando gli inni della sua redenzione. Hanno chiesto ed ottenuto dalla classe operaia che si lasciasse scannare per il trionfo della libertà di cui sopra; hanno chiesto ed ottenuto che ricostruisse, nell’illusione non ancora svanita di erigere la propria casa e di edificare il socialismo; che rinunciasse alle sue rivendicazioni di classe a vantaggio della patria; che producesse di più nell’unità di tempo perché le fabbriche dei suoi padroni rinascessero e le galere distrutte riaprissero i loro battenti.

Oggi, chiedono ed ottengono lo stesso risultato chiamando gli operai ad agitarsi perché trionfi il piano Molotov e perisca il piano Marshall, o viceversa. Tutto hanno falsato e distrutto: il sindacato, divenuto organo di incremento della produttività operaia; lo sciopero, divenuto arma di rincalzo dell’imperialismo; le organizzazioni politiche del proletariato, divenute strumenti di governo; il nazionalismo sostituito all’internazionalismo; la lotta contro lo “straniero” sostituita alla lotta contro lo sfruttatore; le rivendicazioni proletarie soppiantate dalle rivendicazioni patriottiche: Trieste, le colonie, Briga e Tenda gettate in pasto alla torbida demagogia dei ceti medi.

Questa è l’opera che i partiti della ricostruzione hanno svolto e continuano, in mutate condizioni, a svolgere: ed era giusto che si chiamassero “della ricostruzione”, perché ricostruire l’apparato produttivo e di governo del capitalismo non si può senza distruggere gli strumenti autonomi di classe del proletariato.

Essi, i ricostruttori dello Stato e delle chiese, gli amnistiatori dei fascisti, gli apostoli della Patria, i concorrenti nello sfruttamento delle più torbide passioni nazionalistiche, gli organizzatori di una pace da commissari di polizia e di una democrazia da manganellatori, possono ben stringersi la mano al disopra di tutte le frontiere e di tutti i temporanei contrasti, e insignirsi a vicenda dei supremi attestati di merito del progresso borghese.

Parlamentare o popolare, orientale od occidentale, la democrazia è passata come un gigantesco rullo compressore sul corpo del proletariato. Era la sua missione. Può ora, con tranquilla coscienza, pensare alla guerra.

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