Giornate capitalistiche
Previsioni statistiche: la crescita italiana prosegue, ma il ritmo è lento (perbacco)
Abbiamo affrontato appena un mese addietro la questione delle incongruenze numeriche contenute nei dati statistici di alcune agenzie, sottolineando il conflitto di senso esistente fra gli stessi numeri forniti da tali agenzie. E’ la vecchia storia del bicchiere mezzo pieno/mezzo vuoto; in altre parole il giudizio ottimista o pessimista sulla crescita economica italiana dipende dal punto di vista dell’osservatore. Probabilmente, se ci si limita a sopravvalutare i dati dei bilanci aziendali di alcune imprese, peraltro operanti solo in determinati rami dell’economia nazionale, allora si può anche ottenere una pezza di appoggio di tipo statistico, utile per sparare previsioni ottimistiche, mentre se si osserva il complesso dei dati numerici dell’economia (domanda, offerta, consumo, reddito, occupazione, chiusura di aziende e apertura di nuove aziende), in un arco di sviluppo almeno quinquennale, le cose cambiano in senso decisamente pessimistico. Le ultime proiezioni statistiche, comunicate agli inizi di febbraio 2016 da taluni enti di ricerca, parlano con un certo imbarazzo lessicale di una crescita italiana che avviene a ritmo lento. Una tale formula dichiara (sotterraneamente) l’imbarazzo dello ‘scienziato’ statistico, costretto ad elaborare una serie di numeri poco entusiasmanti, e al contempo spinto, dai condizionamenti della propria ideologia, a propagandare il credo liberista della ripresa economica alle porte. Sarebbe vano ricordare, in base a un elementare principio di realtà, che le condizioni di vita di milioni di italiani sono decisamente peggiorate negli ultimi anni (con una decisa accelerazione dal 2007 in poi), e che parlare di crescita economica a ritmo lento, di fronte a un saldo passivo gigantesco di imprese che hanno chiuso i battenti, con relativo incremento di disoccupati e semi occupati in cassa integrazione, sembra quasi una beffa. Per non accennare al dato numerico spaventoso dei quasi sei milioni di cittadini che rischiano di morire letteralmente di fame, nella avanzatissima Italia, ex settima potenza industriale nelle classifiche mondiali (in base ai dati del 2013, forniti da alcune agenzie statistiche, le persone in condizioni di povertà relativa in Italia erano 10.048.000, e quelle in povertà assoluta 6.020.000). Da tempo cerchiamo di riaffermare, su questo sito, l’importanza delle analisi marxiste relative all’apparato tecnico-scientifico capitalistico, in modo particolare l’importanza della sua funzione di progressivo supporto funzionale al capitale e al suo complesso militare-industriale. In questo senso e in questa direzione vanno lette le riproposte, sul nostro sito, di molti testi della corrente incentrati sulla critica del carattere classista della scienza borghese. Purtroppo qualcuno, ancora oggi, favoleggia su improbabili ‘cedimenti’ della scienza borghese al marxismo, alterando nettamente e gravemente il senso stesso della teoria marxista in merito alla funzione sociale subordinata (al dominio di classe) della cosiddetta ‘scienza’ contemporanea (sia nella sua versione astratta-pura, sia nella versione tecnico-pratica). Quello che i sostenitori dei presunti ‘cedimenti’ della scienza borghese non comprendono, o non vogliono comprendere, è che qualora vi fossero delle convergenze fra i risultati della ricerca scientifica e il corpo dottrinario marxista, questo non implicherebbe nessun ‘cedimento’ di principio della scienza borghese, mentre invece andrebbe valutato (dai marxisti) soltanto come una conferma della capacità – di questa ‘scienza’ – di servire con efficacia e realismo gli interessi del capitale. Non solo la statistica, dunque, ma l’intero complesso delle scienze naturali e sociali della borghesia è già dall’origine inseparabile dalla sua funzione sociale di base. Le scoperte ‘scientifiche’, e soprattutto i cosiddetti ‘cedimenti’, vanno dunque considerati con scetticismo e alto grado di discernimento. I testi della corrente ribadiscono continuamente che solo l’organo partito, a condizione che la sua prassi politica sia poggiata saldamente sulla base della storica invarianza del marxismo, può essere già nel presente capitalistico definito ‘soggetto collettivo di una conoscenza non alienata’ (1). Inoltre, solo una società senza classi, cioè una società comunista, potrà possedere pienamente, universalmente, un apparato conoscitivo-scientifico non alienato (2).
(1). ‘Il partito sebbene poco numeroso e poco collegato alla massa del proletariato, sebbene sempre geloso del compito teorico come compito di primo piano, rifiuta assolutamente di essere considerato un’accolita di pensatori o di semplici studiosi alla ricerca di nuovi veri e che abbiano smarrito il vero di ieri considerandolo insufficiente: vieta la libertà personale di elaborazione e di elucubrazione di pretesi nuovi schemi e spiegazioni del mondo sociale contemporaneo, vieta la libertà individuale di analisi, di critica e di prospettiva anche per il più colto e preparato intellettualmente degli aderenti, e difende la saldezza di una teoria che non è effetto di fede cieca, ma è il contenuto della scienza di classe proletaria costruito con materiali di secoli, non dal pensiero di uomini ma dalla forza dei fatti materiali, riflessi nella coscienza storica di una classe rivoluzionaria e cristallizzati nel suo partito’.(Riunione n. 3 – Firenze, 8 e 9 dicembre 1951. Parte IV, 7).
(2)’La scienza e la cultura non stanno al di sopra delle classi, sono al contrario in rapporto dialettico alle loro lotte e alla funzione, ora rivoluzionaria ora riformista ora reazionaria, cui esse assolvono nella storia… Noi neghiamo invece risolutamente ogni validità alla teoria borghese del progresso, anche tecnico e scientifico…, sosteniamo che soltanto liberandosi da questa soggezione alla falsa teoria del progresso, il proletariato potrà ritrovare domani la sua via rivoluzionaria… Tutta la loro tecnica pagliaccia ed inutile ai veri bisogni della specie umana, tutta la loro produzione superflua, ciarlatana e dannosa, tutta la loro cultura e scienza venale e mercantile, si erigono sullo sfruttamento spietato, sul sudore e sul sangue del proletariato del mondo intero. La scienza della società comunista sarà scienza di specie proprio perché non sarà mercantile. La pretesa scienza di oggi, di una società borghese ormai in putrefazione, non solo è falsa e venduta, ma è inferiore per cinismo e volgarità alle stregonerie dei popoli primitivi e alle alchimie del tardo Medioevo. Il proletariato non ha nulla da apprendere dalla pretesa scienza di questa società: esso deve solo distruggerla’. Il Programma Comunista”, n. 17 del 1962
‘Nella costruzione marxista la scienza diverrà scienza della società tutta… Morranno i cerchi chiusi di esperti e specialisti, dietro i quali non si annida l’impulso al sapere umano ed al fare umano, ma solo la fornicazione tra affare mercantilistico e cervelli in affitto… Il segreto di Stato e di Nazione vale quello di classe… Non è l’alba del lavoro scientifico di un mondo nuovo, ma un passo del trito illuminismo verso forme oscurantiste e di scienza monopolizzata, che sta al livello, nella storia del pensiero, dell’ermetismo di antiche teocrazie; è degno di una vieta teosofia esoterica, in cui alla massa non giunge la conquista della scienza, che le è preclusa, ma la schiavizzante suggestione di un rito esterno che suscita terrore; o ammirazione abbrutita’. Il Programma Comunista, n.21 del 1957
‘La prima verità che l’uomo potrà conquistare è la nozione della futura società comunista. Questo edificio non chiede nessun materiale alla infame società presente, capitalista, democratica o cristianuccia, e non considera patrimonio umano su cui fondare, la pretesa scienza borghese, che per noi è una scienza di classe da distruggere e rimpiazzare pezzo per pezzo, non diversamente dalle religioni e dalle scolastiche delle precedenti forme di produzione‘ Idem. 1965
‘Dal punto di vista del materialismo moderno, cioè del marxismo, i limiti di approssimazione delle nostre conoscenze alla verità obiettiva, assoluta, sono storicamente relativi, ma l’esistenza di questa verità è incontestabile, come è incontestabile il fatto che noi ci avviciniamo ad essa (anche senza poterla mai raggiungere, come afferma Engels nell’Antidühring).
I contorni del quadro sono storicamente condizionati, ma è incondizionato il fatto che questo quadro rappresenta un modello obiettivamente esistente. Storicamente condizionati sono l’epoca e le condizioni in cui abbiamo progredito nella nostra conoscenza della natura delle cose… ma ciò che non è per nulla condizionato è che ogni scoperta di questo genere è un passo avanti della “conoscenza obiettiva assoluta”. In una parola, ogni ideologia è storicamente condizionata, ma è incondizionato il fatto che ad ogni ideologia scientifica corrisponde una verità obiettiva, una natura assoluta. Voi direte che questa distinzione tra la verità assoluta e la verità relativa è indeterminata. Vi rispondo che essa è appunto “indeterminata” quanto basta per impedire che la scienza sia trasformata in un dogma nel peggior senso della parola, in una qualche cosa di morto, di rigido, ossificato; ma nello stesso tempo, essa è “determinata” appunto quanto basta per distinguersi nel modo più deciso e inequivocabile dal fideismo, dall’agnosticismo, dall’idealismo filosofico’ . Lenin, ‘Materialismo e Empiriocriticismo’.