Terrorismo stragista e golpe militari: giornate capitalistiche

Le rivoluzioni, e i nuovi poteri ad esse associati, nel corso della storia hanno fatto uso del terrore. Pensiamo al periodo del terrore della rivoluzione francese, ma anche a Cromwell in Inghilterra, qualche tempo prima, o infine al terrore rosso nella fase di consolidamento della dittatura proletaria in Russia. In questo ultimo caso il terrore significava repressione dei tentativi di restaurazione del potere politico dei vecchi proprietari, cioè atto di coercizione verso i soggetti che complottavano e ostacolavano con la violenza il corso rivoluzionario. Negazione di ogni spazio di associazione e azione politica per i membri delle classi spodestate. Quindi non è stato terrorismo stragista, ma azione terrorizzante nei confronti di chi voleva restaurare il vecchio ordine di oppressione sociale. Dialetticamente, viene usato il terrore per creare le condizioni socio-economiche necessarie alla scomparsa di ogni terrore, insito nelle società divise in classi. Lo stragismo dei moderni nichilisti del terrore ha un marchio di fabbrica reazionario, una funzione di supporto al segreto e alla ragion di Stato borghese. Il conflitto di classe risulta schiacciato fra il terrorismo nichilista e il terrore di Stato, in una spirale di violenza e dominazione destinata a soffocare le proteste proletarie (come ampiamente dimostrato dalle primavere arabe).

Il sistema del terrore stragista contro le popolazioni civili è stato ampiamente adoperato prima e durante l’ultima guerra mondiale; Guernica, Coventry, Berlino, Dresda, sono i nomi di alcune città pesantemente bombardate dall’aviazione tedesca e anglo-americana. Nel concetto di guerra totale i civili sono obiettivi regolari delle azioni belliche, in quanto retroterra sociale su cui operare per fiaccare la resistenza nemica. Anche nella contesa sociale basica fra le classi antagoniste, la borghesia utilizza il terrore di Stato per fiaccare la volontà di lotta del proprio nemico sociale proletario. Il fine giustifica i mezzi, e le stragi indiscriminate servono mettere in atto e poi a giustificare determinate azioni repressive. Le azioni di terrore stragista possono essere progettate da soggetti diversi, e tuttavia, da un punto di vista funzionale, sono di fatto utilissime a creare un clima favorevole all’adozione di misure poliziesche e giudiziarie, innanzitutto volte a contenere il conflitto di classe. L’azione terroristica è storicamente il pretesto per l’innesco della regolare spirale repressiva, così come il casus belli è la scusa per dichiarare guerra a una potenza avversaria. Se volessimo credere alle favole in cui crede il cretinismo democratico, allora le nostre analisi non avrebbero senso, sarebbero solo dei cattivi pensieri. E invece sui libri di storia si parla, senza remore e ipocrisie, dei molti, machiavellici, espedienti usati dal potere, o meglio dalle potenze in lotta, nei secoli passati. Perché non dovrebbe essere vero anche oggi, quello che era vero in passato?

Le giornate capitalistiche sono segnate dalla violenza del dominio di classe, su questa violenza basilare germogliano i fiori del male dai molti nomi e dai mille travestimenti. Il terrore e le stragi, si potrà obiettare, fanno parte dello scenario di morte e sofferenza caratteristico della storia umana, tristi compagni di viaggio soprattutto, aggiungiamo, delle società posteriori al cosiddetto comunismo ‘primitivo’. A noi interessa chiarire che in base alle nostre analisi la violenza e terrore contemporanei servono allo scopo di dominare e soggiogare le masse umane, costringendole a servire dei padroni, i signori della vita e della morte. Ancora oggi, infatti, al di fuori del cretinismo democratico, il mondo in cui viviamo è un mondo di servi e di padroni. In una logica di dominazione assoluta, il terrorista rivendica il potere di distruggere vite umane, in modo casuale, aleatorio. Donne, vecchi, bambini, neri, asiatici, europei, malati, sani, nessuna distinzione viene compiuta , perché è la vita stessa l’obiettivo dell’atto di terrore. In modo analogo ai capricciosi dei dell’Olimpo, il moderno terrorista è in fondo il perfetto nichilista, e così come gli antichi dei giocavano con la vita dei mortali, anche egli gioca a stroncare molte vite, ignare della morte incipiente. Il terrorista (senza saperlo) è il frutto estremo del moderno nichilismo capitalistico, il fiore putrefatto sorto da una società morente. La realtà irreale del capitalismo è quella di un cadavere che ancora cammina, quella di un modo di produzione fondato sulla distruzione del capitale vivo, sullo sfruttamento, condotto e perpetrato fino all’estinzione anticipata della vita del lavoratore (Marx). Il terrore viene utilizzato dalle potenze capitalistiche, disseminate sul pianeta, per cementare il proprio dominio, per continuare a fare esistere un modello socio-economico demente, distruttivo, letale per tutte le forme di vita. Una società malata e folle produce dei frutti amari, velenosi. Il terrorismo nichilista, dai molteplici camuffamenti, è un frutto dei tempi. Esso è il diapason della volontà di distruggere, l’acme del sentimento di onnipotenza personale e antisociale tipico dell’uomo che vive in una società antisociale (come quella borghese). Quando ogni legame comunitario scompare, quando ogni rapporto umano viene inter mediato dal denaro e dall’interesse di bottega, quando gli altri diventano solo degli estranei, dei mezzi o dei rivali del nostro miserabile ego, allora è anche concepibile la strage e l’atto nichilista di terrore. Determinismo sociale: una società mostruosa produce esseri mostruosi. Esseri capaci di stroncare molte vite in nome di una personale decisione, poiché quello che conta, per il moderno nichilista, è realizzare ad ogni costo la propria volontà individuale. Gli è stato insegnato, questo è ciò che ha appreso venendo al mondo. Contare qualcosa, valere, affermarsi, anche calpestando il prossimo, magari ammazzando dei presunti nemici, rivali calcistici, di fede religiosa, di clan criminale, di etnia, di nazionalità. Alle radici della violenza contemporanea, tuttavia, si trova l’alienazione capitalistica del lavoro, erede storica di altre infami forme di sopraffazione di classe. L’individuo, il superuomo, la super persona al di sopra della massa, e quindi capace di grandi gesta (nel bene e nel male), questo mito non è altro che il frutto avvelenato di un percorso storico drammatico, di separazione /alienazione dell’uomo dalla comunità sociale originaria. Una separazione nei confronti della vita nei suoi molteplici aspetti, e quindi una separazione dell’uomo dal suo essere autentico, cioè dal suo essere una parte essenziale e necessaria di una totalità. La società comunista è invece il terreno che favorisce lo sviluppo dell’uomo onnilaterale, integrato e parte di un tutto, e in quanto tale libero da ogni alienazione.

Postilla: golpe e colpe

Le mistificazioni, i segreti, le trame e i complotti sono il modus operandi dei poteri classisti, da sempre, negarlo è prova di cretinismo democratico. Sul piano sovra strutturale la politica opera con i mezzi della diplomazia, delle trame, dell’inganno, cercando di orientare i fattori strutturali di tipo socio-economico, i quali, in ultima istanza giocano il ruolo decisivo nel divenire storico. Ragion di stato, volontà di potenza, controllo delle pedine sullo scacchiere internazionale, sono forse da sottovalutare, nello sforzo di analisi del quadro delle relazioni internazionali fra potenze capitalistiche? La cornice di sviluppo contraddittorio del modo di produzione capitalistico, la congenita difficoltà di valorizzazione, sono lo sfondo della lotta tra fratelli coltelli borghesi.  Duelli finanziari, commerciali e politico – militari interminabili. La Turchia è un alleato storico degli Stati Uniti, il suo esercito è il secondo esercito della Nato, e la base di Incirlik è una base dove si trovano i jet della Nato. Ebbene, dopo il golpe fallito, le autorità turche hanno decretato il blocco dei voli dalla base, inoltre è stata richiesta l’estradizione di un Imam turco che vive in America, in quanto presunto ispiratore del golpe. Un ministro turco ha lanciato accuse nei confronti dell’America, prontamente ribattute dagli americani. Diciamo che è difficile non constatare un deterioramento dei rapporti politici fra la Turchia e i vecchi alleati. Di converso è da registrare il recentissimo riavvicinamento fra Russia e Turchia, le scuse di Erdogan per il pilota russo morto nel novembre 2015, la proposta di concedere l’uso di una base turca ai jet russi, la fine delle sanzioni economiche russe. Se si associano a tali eventi il progetto di costruzione di un oleodotto/metanodotto russo, in collaborazione con la Turchia, e addirittura la partecipazione  alla realizzazione della via della seta cinese, allora, forse, il contesto generale


delle ultime vicende potrebbe diventare più completo. Ognuno può documentarsi in rete, per quanto possibile, e interpretare come vuole i dati da noi riportati. A nostro avviso, la chiave più realistica di lettura risiede nelle dinamiche di confronto e scontro fra gli attuali blocchi economico-militari concorrenti. Intorno alle due superpotenze nucleari/industriali si aggregano insiemi variabili di stati capitalistici, pronti a perseguire gli interessi delle proprie borghesie in modo versatile e spregiudicato. Machiavelli docet.

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