Avventure nella rete
Curiosando nella rete ci capita di leggere un articolo che, en passant, sostiene una bizzarra lettura dei cicli economici.
I cicli di contrazione ed espansione dell’economia vengono letti come pura conseguenza della lotta di classe. L’affermazione si configura come autoevidente, cioè apodittica. Non si pone in questo caso il problema della dimostrazione. Dunque tornando ai cicli economici dovremmo scervellarci per correlare ad essi, in questo periodo di controrivoluzione, le impercettibili variazioni nell’azione di lotta dei proletari. Una serie di lotte immediate in più in Cina o in Francia, et voilà, è crisi nera, una riforma delle pensioni che passa senza proteste di piazza, et voilà, è subito ripresa. Concorrenza, variazione nella composizione del capitale aziendale, caduta del saggio medio di profitto, sovrapproduzione, sono aspetti secondari delle crisi. Lungi da noi sottovalutare il ruolo della lotta di classe nelle dinamiche macroeconomiche, tuttavia il capitalismo è un sistema di parassitismo che si muove innanzitutto sulla spinta della brama di pluslavoro. Le lotte immediate hanno costretto già nel 1800 il sistema a concedere qualcosa alla classe dominata. Tuttavia la spinta alla innovazione tecnologica nella produzione (e dunque la caduta del saggio di profitto alla base delle crisi) è determinata dalla necessità aziendale di battere la concorrenza, sostituendo con il macchinario il lavoro umano, e rendendo maggiormente produttivo quello ancora occupato. È puro semplicismo sostenere che un solo fattore condiziona il ciclo economico.
L’economia capitalistica è segnata dal conflitto fra capitale e lavoro, tuttavia essa possiede delle leggi di funzionamento che non possono essere ridotte solo a questa caratteristica. Studiare come il fattore sociale del conflitto di classe influenzi i cicli economici è ragionevole, assolutizzare un fattore a discapito degli altri invece non è ragionevole. Tutto il divenire capitalistico è un intreccio di fattori oggettivi e soggettivi. La legge storica della miseria crescente è un dato oggettivo, eppure essa è anche un fattore materiale produttivo di scontento e proteste sociali, cioè di lotta di classe. Ma la miseria crescente a sua volta è la conseguenza di un modo di produzione legato al parassitismo della borghesia, una classe sociale sorta nel corso della storia.
Esaurita la sua funzione modernizzatrice, il capitalismo sopravvive in ragione della doppia capacità della borghesia di integrare il proletariato (metamorfosi) nel sistema, e di reprimere con la violenza latente-cinetica dell’apparato statale le minacce alla sua esistenza. Dunque in linea di massima il sistema, di cui i cicli economici sono solo un aspetto, sopravvive ancora perché nel corso della lotta di classe si sono determinati dei rapporti di forza tutt’ora favorevoli ad uno dei contendenti.
Appurato questo dato di fatto, e considerato che i rapporti di forza sono la risultante di condizioni oggettive e soggettive, e in ogni caso la storia umana è sempre aperta a scenari alternativi, non ha nessun senso, lo ripetiamo, sostituire all’analisi materialistica l’uso di formule sbrigative e riduttive.