“Gli operai non hanno patria.
Non si può toglier loro ciò che non hanno”.
(K. Marx, F. Engels)
Dopo aver subito quotidianamente la guerra contro le proprie condizioni di vita e di lavoro i proletari (ucraini in questi giorni) subiscono la guerra guerreggiata. La loro condizione è assimilabile a tutti i proletari che vivono nelle zone di conflitto in tutto il mondo capitalistico (il proletariato arabo del Vicino Oriente e dell’Africa settentrionale solo per citare alcuni esempi ormai storici).
Il binomio sistema capitalistico di produzione e guerra è inscindibile: il capitale è guerra. Essa è lo sbocco necessario ed inevitabile della concorrenza e della guerra commerciale tra stati capitalisti, tendente ad una nuova spartizione del mondo.
La pandemia di Covid-19 ha acuito la crisi economica internazionale, rallentato la produzione in tutti i paesi, provocato processi di concentrazione capitalistica enormi, impoverito la piccola borghesia e accelerato la diffusione della miseria nel proletariato mondiale. Tutto ciò non ha fatto altro che accelerare un processo già in corso.
Il ritiro della presenza militare occidentale, in primis statunitense, dall’Afganistan è stato un segnale di debolezza del ruolo imperialista USA a livello globale, la crescita economica cinese preoccupa non poco il rivale USA che, finora, usa la guerra commerciale per contrastarla. Un asse economico-strategico si è stabilito tra Russia e Cina. Questi sono solo alcuni elementi che ci confermano nell’analisi che è in atto una ridefinizione dei rapporti di forza tra moloch statali borghesi, tra superpotenze concorrenti a cui si aggregano, subendone le scelte, paesi capitalisti più deboli, usati come pedine sullo scacchiere internazionale. Gli USA, inoltre, vogliono indebolire l’Europa; Germania in particolare.
Il diritto internazionale è una formula vuota e ipocrita; la borghesia lo usa per imbonire il proletariato, per annichilire la sua risposta di classe, mentre essa ricorre all’estremo mezzo, l’uso della forza militare, quando deve risolvere questioni rimaste aperte da troppo tempo, proprio come è successo con il tentativo di separarsi dallo stato ucraino delle repubbliche di Donesk e Luhansk ovvero la questione del passaggio dell’Ucraina dalla sfera di influenza della Russia a quella dell’Unione Europea e della Nato. Interessi convergenti economici e geopolitici dei vari attori sul campo (Russia, Germania, Ucraina, Francia) spingeranno, forse, ad un accordo soddisfacente per tutte le borghesie imperialiste. Questo non significa che la tendenza ad una guerra generalizzata non corra comunque inevitabilmente verso l’ultimo drammatico epilogo.
E’ la natura stessa del capitalismo che lo esige. La guerra è distruzione di capitale fisso, di risorse umane e naturali, di infrastrutture, di armi; è il bagno rigenerante con cui questo sistema di produzione, ormai giunto da molto tempo alla sua fase senile, tenta di rianimarsi. La differenza rispetto alle guerre precedenti sta nel fatto che il pianeta non può sopportare un altro ciclo di accumulazione post-bellico che aggraverebbe ulteriormente la devastazione ambientale. E’ l’esistenza stessa della specie che è messa in discussione.
Infine, va detto che la guerra è anche lo strumento estremo della lotta della borghesia contro il proletariato, contro la classe che il capitalismo ha allevato nel suo seno e che ha il compito storico, espresso nel suo programma marxista invariante, di liberare la società del domani, il comunismo, dall’involucro che la imprigiona.
Deve essere la classe proletaria con la sua rivoluzione, con la sua guerra di classe contro il capitale, a fermare la guerra imperialista. Ogni giorno il proletariato lotta per difendere le proprie condizioni di vita, ogni giorno conduce una lotta per la vita e contro lo sfruttamento. Ma, nei lunghi decenni di controrivoluzione, seguiti alla grande rivoluzione proletaria dell’Ottobre sovietico, la forza dell’ideologia borghese, attraverso l’influenza dei partiti democratici, socialdemocratici e stalinisti, dei sindacati infeudati nello stato ha finora impedito che la classe proletaria assurgesse a classe per sé, scatenando una lotta senza compromessi contro la borghesia e il suo sistema di sfruttamento, senza farsi sviare dalle partigianerie, senza farsi raggruppare sotto le bandiere della difesa della patria della propria borghesia (contro la patria dei suoi fratelli proletari).
Disfattismo rivoluzionario è la parola d’ordine. Né un uomo né un soldo per le guerre della borghesia. Proletari di tutti i paesi unitevi: ecco la risposta. Fraternizzazione tra soldati proletari mandati sui fronti a combattere, denuncia degli scopi delle guerre borghesi, rifiuto di schierarsi per la propria borghesia. I proletari conducono la loro lotta quotidiana contro lo sfruttamento e per la loro vita e sanno che questa lotta si trasformerà, con la guida del partito comunista mondiale, nella guerra alla borghesia e al suo potere, fino alla distruzione dello stato e alla instaurazione del suo potere attraverso la dittatura del proletariato.
L’alternativa possibile non è guerra o pace ma guerra o rivoluzione.
Sinistra comunista internazionale
Marzo 2022