Tendenze e misfatti della riforma scolastica renziana.
Parte prima: la scuola come erede delle tradizioni – di trasmissione del sapere – delle prime società umane (di condivisione).
All’alba del tempo storico (6000/7000 anni fa) abbiamo ancora notizia della presenza di formazioni sociali senza classi e senza proprietà privata dei mezzi di produzione, tali comunità, definite da Marx ed Engels ‘comunismo primitivo’, hanno segnato (e consentito) per lunghissimo tempo l’evoluzione della specie.
L’apparato conoscitivo di questi nostri ‘primitivi’ antenati si basava su una visione olistica della
realtà, che noi moderni abbiamo poi definito a posteriori ‘animismo magico-sciamanico’.
Ritroviamo alcune interessanti riflessioni sull’argomento in un testo di Ermanno Gallo, pubblicato nel 2000, dal titolo ‘Maghi, sciamani e stregoni ’. Il testo di Gallo non vuole essere solo una disanima teorica sull’argomento, ma si presenta innanzi tutto come una descrizione di ‘aneddoti,
racconti,ricostruzione di personaggi e situazioni magiche ’. Tuttavia, sono proprio i pochi spunti teorici a costituire il motivo d’interesse iniziale per la nostra indagine, poiché da essi ricaviamo alcuni dati coerenti sul rapporto organico fra pensiero e vita (coscienza e realtà sociale) .
Agli inizi del lavoro l’autore premette che la trattazione dell’argomento è stata suddivisa in tre fasi di sviluppo, storicamente definite nel seguente modo: ‘Nella prima si considera la magia, riferita al proprio contesto originario, di tipo storico-sociale, come un’esigenza collettiva. Lo sciamanismo è fondamentale nelle società di condivisione, in cui l’individuo non è che una cellula del corpo sociale. Alla sua origine c’è la ricerca del cibo, il mistero della riproduzione umana, della natura e della morte: esigenze alle quali le pratiche magiche danno una risposta animistica volta a mantenere l’armonia tra gruppi umani ed energie cosmiche ’. Pagina 8.
Nella fase di sviluppo successiva ‘si rileva che, in seguito alla creazione dei grandi imperi, la magia tendenzialmente si è individualizzata, diventando divinazione, mantica, e voce oracolare rivolta soprattutto agli individui, al loro benessere materiale e spirituale. Inoltre, il pensiero
magico si è specializzato nel prevedere e confermare il potere di alcuni uomini e caste sugli altri uomini‘.Pag.8. Anche questa considerazione contiene degli spunti analitici importanti, confermando con parole inequivocabili la funzione strumentale della magia all’interno delle società divise in classi sociali antagoniste.
La magia ( intesa come tecnica di conoscenza e dominio del reale, posseduta da un segmento della specie umana) è ora al servizio prevalente del potere, e costituisce uno strumento
di oppressione e coercizione verso i gruppi sociali asserviti e schiavizzati dalla nuova organizzazione sociale.
Proviamo a tratteggiare brevemente le caratteristiche di base del nuovo apparato conoscitivo.
Le società divise in classi sociali antagoniste sono in rapporto causale e determinato con un tipo di conoscenza alienata, scissa in dualismi successivi come soggetto pensante e oggetto pensato,materia e spirito, anima e corpo, essere immutabile assoluto e divenire fenomenico transitorio.
Sono i dualismi dell’apparato conoscitivo caratteristico di una società divisa in servi e padroni, in cui i padroni, esercitando un dominio sociale sui servi condannati a lavorare per essi,trasferiscono tale circostanza (contingente e storicamente transitoria) nel mondo stesso della conoscenza.
Questo processo avviene ponendo il pensiero come il produttore della realtà (Hegel), l’assoluto, sottratto al mondo del divenire; così come il padrone, in quanto direttore e dominatore intellettuale della produzione è sottratto alla fatica del lavoro manuale, destinato invece al servo.
Il padrone, in questa dimensione alienata della conoscenza, è quindi assimilabile all’essere assoluto incorporeo e immutabile (piano metafisico); il servo, invece, diventa la metafora del divenire fenomenico transitorio (piano fisico).
In questa scissione della realtà dell’intero ontologico in due piani contrapposti, si manifesta quindi il superamento della cosmologia presocratica; il superamento illusorio della sapienza monistica che ancora riconosceva il carattere unitario del mondo. Il superamento è definito illusorio, perché solo in modo ingannevole si può negare l’unione di tutte le cose esistenti nel comune grembo dell’essere (cfr. Anassimandro).
Questo comune grembo dell’essere è l’intero in cui consiste la realtà dell’esistenza, è il compiuto cui nulla può essere aggiunto poiché la sua totalità ontologica esclude che qualcosa non sia già compreso al suo interno.
La fisica moderna ha ripresentato, partendo da percorsi cognitivi differenti, le proposizioni eleatiche sulla natura dell’essere, ridando spessore e attualità a temi in apparenza relegati nell’ambito filosofico.
La visione predominante del divenire inteso come successione di eventi inseriti nel flusso temporale, in cui il tempo coincide con la tripartizione sequenziale invalicabile di passato, presente e futuro, è stata duramente colpita dalla teoria della relatività e da teorizzazioni scientifiche come quelle di Tesla.
Questa digressione rispetto al tema della riforma Renzi ha uno scopo ben preciso: chiarire da subito che la nostra critica ai progetti di ulteriore imbarbarimento della scuola (gerarchizzazione,dispotismo dirigista, affarismo, strumentalismo aziendale), non ha il contenuto di un rimpianto della scuola della riforma Gentile, o addirittura ottocentesca. Non si tratta di rimpiangere le forme di trasmissione della conoscenza di precedenti società classiste, ma di comprendere, al di là delle apparenti differenze, come i vari tipi di ‘riforma’succedutisi all’interno di queste società ( antico – schiaviste, feudali, capitaliste) svolgano una funzione ricorrente di consolidamento ideologico della dominazione di una classe su un altra.
In quanto elemento sovrastrutturale, rispetto alla struttura economica di riproduzione della vita, la scuola ( in senso più ampio la trasmissione del sapere ) ha invece lo scopo di garantire, nelle primitive società comuniste, l’armonia e la sopravvivenza del gruppo sociale (la sua integrazione con i vari piani di realtà percepibili ed esprimibili con lo strumento magico-animistico).
In ogni caso il sapere trasmesso è funzionale ad un sistema di vita comunitario, e non certo al dominio di una parte minoritaria della specie su tutto il resto dell’umanità.
Il capitalismo oligarchico-finanziario dei nostri giorni procede ovviamente in altre direzioni, ed essendo l’ultima formazione sociale classista, ha potentemente acuito la funzione strumentale della scuola alla conservazione del proprio apparato di dominazione e sfruttamento del proletariato.
Attraverso gli stage e l’alternanza scuola-lavoro si rende un utile servizio al mondo delle imprese, donandogli il tempo di vita del proletariato giovanile, con la improbabile giustificazione del tirocinio e dell’apprendistato.
Nella realtà i giovani proletari delle scuole tecniche e professionali vengono convogliati verso le galere aziendali del capitale, e costretti a lavorare gratuitamente per il profitto di queste aziende. Un vero e proprio inquadramento coercitivo verso il lavoro forzato e gratuito, a cui lo studente è obbligato a sottomettersi se vuole conseguire il successivo titolo di studio (il diploma), indispensabile per trovare un qualche tipo di occupazione remunerata.
Fatti e misfatti della nostra epoca capitalistica, in cui il sapere trasmesso dall’istituzione scolastica tecnico-professionale, smarrito ogni residuo idealistico-gentiliano riservato ancora ai licei (1), diventa una pura appendice economica subordinata al processo di valorizzazione del capitale.
(1)La scuola della classe sottratta alla schiavitù del lavoro salariato, orientata alla conoscenza filosofica pura, alla crescita spirituale della persona. In altre parole una scuola dall’impostazione culturale idealistica in cui il pensiero è il produttore della realtà , l’idea assoluta hegeliana, sottratta al mondo del divenire; così come il padrone, in quanto direttore e dominatore intellettuale della produzione, sottrattosi alla fatica del lavoro manuale, si vede, in quanto pensiero direzionale, origine e fonte dei fenomeni economico-lavorativi svolti dai servi, subordinati e susseguenti a questo stesso pensiero direttivo.
Parte seconda: Powerslave (schiavo del potere)
Accentramento dirigista e arbitrio dispotico come paradigma della catena di comando
nell’azienda scuola.
E’ verde l’occhio del gatto che brilla
in questo tempio
ecco Osiride risorto, risorto di nuovo
Dimmi perché sono stato soggiogato dal potere
Non voglio morire, sono Dio
perché non posso continuare a vivere?
…e alla fine della mia vita
sono schiavo del potere della morte
Quando vivevo in questa bugia
giocavo sulla paura
la gente mi adorava e cadeva
cadeva sulle ginocchia…
Iron Maiden, dall’album del1984 ( Powerslave).
La citazione di una parte del testo del gruppo di heavy metal ‘Iron maiden’, in cui il faraone scopre con terrore la propria mortalità e ricorda il tempo in cui la gente lo adorava e si metteva in ginocchio, introduce al nuovo tema che cercheremo ora di affrontare: le dinamiche di comando e subordinazione presenti nella scuola contemporanea ( e la intensificazione di esse previste dalla riforma Renzi ).
Tuttavia vorremmo ancora una volta dissipare preliminarmente ogni dubbio sulle nostre posizioni:non è nostra intenzione criticare l’impianto classista e borghese della riforma Renzi, in nome di una fase anteriore della scuola, altrettanto classista e borghese; questo tipo di posizione non ha nulla di marxista.
Prendiamo, ad esempio di tale cortocircuito politico-teorico, uno stralcio dalla rete:‘in essa (nella vecchia scuola n.d.r) si formano, storicamente, esseri umani e non consumatori; per di più, esseri umani con coscienza critica, spessore culturale e capacità di giudizio, esattamente ciò che il fanatismo dell’economia finanziaria non può tollerare e deve, per ciò stesso, distruggere. Distruggere la scuola significa decapitare intere generazioni di teste pensanti. La stessa domanda, sempre più in voga, “che possibilità di lavoro mi dà lo studio della filosofia o dell’arte?” rivela un inedito riassorbimento della formazione nell’ambito dell’aziendalizzazione e dell’assiomatica del do ut des: in una rimozione integrale di ciò che un tempo era notissimo, ossia che la scuola deve formare e non produrre acefali calcolatori e produttori di profitto’.
Come si evince dalla lettura, nella vecchia scuola si sono formati, a detta di chi scrive, esseri umani e non consumatori, addirittura esseri umani con coscienza critica.
Questo può anche essere stato vero in qualche caso, per una certa percentuale di studenti, tuttavia non bisogna generalizzare i casi particolari e confondere l’eccezione con la regola. Perché, allora, verrebbe da chiedersi, è mai possibile che in un tempo storico-sociale appena precedente il nostro ( il secolo scorso, il dopoguerra, gli anni 70), la società capitalistica avesse al proprio interno una scuola in cui si formavano esseri umani e non consumatori, esseri umani con coscienza critica, spessore culturale e capacità di giudizio, mentre solo adesso, nonostante il capitalismo sia ancora in corso, è addirittura cambiata la stessa sostanza della realtà scolastica?
Il modo di produzione borghese cambia e si trasforma nel corso del suo sviluppo, e quindi anche la sovrastruttura giuridico-culturale e scolastica si evolve, tuttavia questo non significa cambiamento
nella sostanza della funzione dell’apparato scolastico (che permane nel tempo, in modo invariante, al servizio del dominio di classe del capitale). Il presunto passato aureo della formazione scolastica borghese è quindi una pura mistificazione, o forse un semplice autoinganno dello scrittore. Leggiamo, a questo punto, qualche anticipazione del progetto di riforma serbatoci dai nostri moderni e simpatici esponenti del governo. Partiamo da una lettura del testo della legge di stabilità 2015.
Art.3
(Fondo per la realizzazione del Piano La Buona Scuola)
1.Al fine di dotare il paese di un sistema d’istruzione scolastica…(bla, bla)…è istituito il fondo per la realizzazione del piano ‘La Buona Scuola’ con la dotazione di 1.000 milioni di euro per il 2015 e 3.000 milioni per il 2016…il fondo è finalizzato prioritariamente all’assunzione di docenti, e al potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro.
Art.17 comma 9
(scuole non statali)
Per le finalità di cui all’articolo2,comma 47, della legge 22 dicembre 2008, n.203, è autorizzata la spesa di 200 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015.
Art.21
Pubblico impiego
1. All’articolo 9, comma 17, secondo periodo, del decreto legge 31 maggio 2010, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.122, e successive modificazioni, le parole ‘negli anni 2013 e 2014’ sono sostituite dalle seguenti ‘negli anni 2013, 2014, e 2015’.
Limitiamoci per ora a questi tre articoli: emerge subito, nell’articolo 3, il dato finanziario previsto per la realizzazione pratica del piano ‘La Buona Scuola’, si tratta di 1 miliardo di euro per il 2015 e di 3 miliardi per il 2016.
Come si può leggere chiaramente, questi investimenti vanno impiegati nell’assunzione di nuovi docenti (ovverosia nella stabilizzazione del precariato, o meglio di una sua parte, vivamente impostaci dai partner europei, nell’ambito dei processi di razionalizzazione capitalistica, cioè delle politiche economiche di alleggerimento della massa di lavoratori precari, e di disinnesco del bacino potenziale di protesta sociale).
Tuttavia non va trascurata la seconda direzione prioritaria di impiego dei finanziamenti per il biennio 2015/2016, ovverosia il potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro.
Non dobbiamo meravigliarci se il governo considera prioritaria l’alternanza, sarebbe strano, invece, se un governo della borghesia ignorasse la richiesta di lavoro gratuito proveniente dal proprio sistema economico.
Abbiamo già affermato all’inizio della nostra ricerca, che il capitale, attraverso l’intervento funzionale e complementare dell’apparato scolastico, mira ad ottenere una quantità considerevole di tempo di lavoro gratuito dal proletariato giovanile.
Tale quantità di lavoro super-sfruttato viene estorta, coercitivamente, con l’obbligo legale di svolgere al quarto anno un periodo di cinque settimane di alternanza (un eventuale rifiuto comporterebbe l’impossibilità di conseguire il diploma di studio).
Alcune scuole particolarmente zelanti e sensibili alle ragioni dell’apprendimento attraverso gli stage, convogliano già dal secondo anno qualche allievo verso le aziende bisognose di lavoro gratuito.
Tale premuroso aiuto continua anche durante il terzo anno, quando alcune scuole prevedono per tutti gli allievi delle classi terze un periodo di stage di 2 o più settimane.
L’aspetto interessante della faccenda, nel senso che può aiutarci a comprendere la realtà pervasiva del comando capitalista sul corpo sociale, è nella procedura di valutazione dello stage o dell’alternanza. Infatti, questa cosiddetta attività di apprendimento, viene poi valutata da un tutor aziendale, con relativo giudizio annotato in un libretto scolastico.
Si arriva quindi al parossismo della dominazione dispotica del capitale, in quanto al lavoro forzato estorto con l’obbligo di stage ed alternanza, si accoppia la successiva valutazione di questo lavoro da parte dell’azienda (in modo da spingere l’allievo a prendere sul serio l’impegno assegnatogli dal gatto e la volpe capitalistici, ovverosia la scuola e l’azienda ).
Un altro aspetto rimarchevole è contenuto nell’articolo 17, dove si prevedono 200 milioni di euro a sostegno della scuola privata ( si tratta soprattutto di scuole collegate alla chiesa cattolica ), dove le procedure di assunzione del personale, il lavoro formativo, e altri aspetti dell’attività scolastica sono non perfettamente omogenei (e potrebbe non essere necessariamente un male) alla scuola pubblica.
Sicuramente degno di nota è anche il contenuto dell’articolo 21, in esso troviamo nient’altro che il blocco dei contratti, prorogato anche per l’anno 2015, questo significa il testo ministeriale ‘ le parole ‘negli anni 2013 e 2014’ sono sostituite dalle seguenti ‘negli anni 2013, 2014, e 2015’.
Passiamo ora alla lettura parziale dell’articolo 28.
Art.28
(Riduzioni delle spese ed interventi correttivi del ministero dell’istruzione, dell’università e della
ricerca)
Punto 8. A decorrere del primo settembre 2015, i dirigenti scolastici non possono conferire le supplenze brevi.
Questo significa che il lavoro degli impiegati e degli assistenti tecnici assenti, dovrà essere svolto, almeno inizialmente, dai colleghi in servizio. Lo stesso dicasi per i docenti, l’articolo 28 recita, infatti:’ Ferma restando la tutela e al garanzia dell’offerta formativa, a decorrere dal 1 settembre 2015, i dirigenti scolastici non possono conferire supplenze brevi di cui al primo periodo
dell’articolo 1 comma 78 della legge 23 dicembre 1996, n.662, al personale docente per il primo giorno di assenza.
Anche per i collaboratori scolastici (bidelli) ci sono delle sorprese, leggiamole: ‘ I dirigenti scolastici non possono conferire le supplenze brevi…punto c) (relativamente al)… personale appartenente al profilo di collaboratore scolastico, per i primi sette giorni di assenza…le ore eccedenti per la sostituzione dei colleghi assenti possono essere attribuite dal dirigente scolastico anche al personale collaboratore scolastico’.
Come si può dedurre dalla lettura parziale dell’articolo 28, gli interventi normativi sono in sintonia con la tendenza alla riduzione dei costi per la sostituzione del personale assente (docenti, impiegati, bidelli, assistenti tecnici), impiegando il personale in servizio nella copertura delle ore scoperte, eccedenti, invece di nominare subito un supplente.
Questi interventi sono anche in sintonia con la tendenza a rendere flessibile l’orario di lavoro giornaliero, richiedendo obbligatoriamente di tamponare i buchi creati dai colleghi, almeno nella fase iniziale di assenza. Sarebbe arduo addentrarci nei complessi meccanismi di compensazione
oraria e di recupero del lavoro di sostituzione dei colleghi assenti, ogni scuola presenta un certo grado di variazione delle procedure, le quali sono comunque indirizzate a limitare il pagamento effettivo del lavoro straordinario.
Proviamo ora a leggere alcuni articoli del disegno di legge Buona Scuola, illustrati al termine del consiglio dei ministri di giovedì 12 marzo 2015.
Art.1 (oggetto e principi)
E’ introdotta la programmazione triennale dell’offerta formativa per il potenziamento delle competenze degli studenti e per l’apertura della comunità scolastica al territorio.
(Traduciamo: l’offerta formativa, fissata dal collegio docenti e dai consigli di classe, nei limiti del
nuovo quadro normativo che attribuirà maggiori poteri ai dirigenti, dovrà potenziare le competenze necessarie al lavoro gratuito che gli studenti saranno obbligati a fornire alle imprese. Tutto questo viene chiamato ‘apertura della comunità scolastica al territorio’.
Come si può notare il governo borghese di Renzi accentua, nello stesso linguaggio utilizzato, l’ideologia del capitale come forza che rompe i vincoli e le barriere, consentendo l’apertura – la liberazione – della forza-lavoro del proletariato giovanile dalla muffa delle noiose lezioni nelle aule scolastiche, aprendola alla pratica del lavoro forzato e gratuito. La comunità scolastica viene aperta al territorio, ovverosia il governo si propone di mediare e facilitare l’incontro amoroso fra la scuola borghese ed il capitale diffuso sul territorio dei distretti industriali ed economici, al fine di impiegare coercitivamente la forza-lavoro dei giovani proletari).
Articolo 2 (Autonomia scolastica e offerta formativa)
Viene rafforzata la figura del Dirigente Scolastico ed è istituito l’organico dell’autonomia funzionale alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali.
Sono le Istituzioni Scolastiche a predisporre entro il mese di ottobre dell’anno scolastico precedente al triennio di riferimento il Piano dell’offerta formativa nel quale si determina il fabbisogno di posti di organico dell’autonomia.
(Traduciamo: Il piano triennale dell’offerta formativa definito ai sensi dell’articolo 3 del DPR 275/1999 dovrebbe essere formulato e deliberato dal collegio docenti, mentre il dirigente dovrebbe definire un piano di fattibilità dell’offerta formativa: fabbisogno di posti, di infrastrutture e attrezzature materiali. Questo articolato è contenuto nel comma 8 dell’articolo 2. Il comma 9,tuttavia, dispone che il piano triennale è elaborato dal dirigente scolastico, sentito il collegio dei docenti e il consiglio di istituito, nonché i principali attori economici, sociali e culturali del territorio. Quindi il comma 9 sembra contraddire il comma 8, attribuendo al dirigente scolastico il compito di elaborazione del piano triennale globale.
Il dirigente è obbligato a sentire gli attori scolastici interni all’organizzazione, ovverosia collegio docenti e consiglio di istituto, e quelli esterni, cioè gli attori sociali, economici e culturali presenti sul territorio. Alla fine, dopo avere ascoltato tutti questi soggetti, come nei rapporti di un principe feudale con la sua corte, deciderà
secondo il suo esclusivo giudizio personale ).
Sarà l’ufficio scolastico regionale a valutare la proposta di piano presentata dai dirigenti scolastici in termini di compatibilità economico-finanziaria e di coerenza con gli obiettivi di potenziamento della conoscenza e competenze degli studenti e di apertura della comunità al territorio tenendo conto delle risorse disponibili a legislazione vigente.
Successivamente viene inoltrato al MIUR che verifica il rispetto degli indirizzi strategici e conferma le risorse destinabili alle infrastrutture e il numero di posti dell’organico. Il MIUR provvederà al finanziamento delle istituzioni scolastiche per la realizzazione degli obiettivi del piano, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.
(Traduciamo: il dirigente scolastico, che talvolta ha fatto credere ai sudditi inginocchiati di essere l’arbitro assoluto del piano triennale, purtroppo, come il faraone descritto dagli Iron Maiden, scopre di essere solo uno schiavo del potere; in questo caso il potere dell’ufficio scolastico regionale, il quale a sua volta – in una parabola di livelli e di stazioni gerarchiche paragonabile a una lunga e dolorosa via crucis – è sottomesso al potere del MIUR.
Ma anche questo ultimo livello è sottoposto al potere delle leggi approvate dal parlamento, il quale a sua volta, a regime borghese vigente, può solo legiferare nell’interesse di sua maestà il Capitale).
Articolo 4 (Scuola, lavoro e territorio)
Vengono quantificate le ore di alternanza scuola-lavoro: almeno 400 ore per gli istituti tecnici e professionali nel secondo biennio e ultimo anno (in sostanza ultimi tre anni), almeno 200 ore complessive nel triennio nei percorsi liceali. L’alternanza può essere svolta durante la sospensione delle attività didattiche nonché con la modalità dell’impresa formativa simulata, come già oggi previsto…e viene prevista già a partire dal secondo anno la possibilità per gli studenti di svolgere periodi di formazione in azienda…
(Traduciamo: attualmente il periodo di alternanza scuola-lavoro, nelle classi quarte degli istituti professionali, oscilla da un minimo legale di 132 ore a un massimo di 160 ore. Tale periodo è generalmente compreso fra il 1 giugno e la prima settimana di luglio, ora con la buona scuola di
Renzi si prevedono almeno 400 ore per gli istituti tecnici e professionali nel secondo biennio e ultimo anno (in sostanza ultimi tre anni), e almeno 200 ore complessive nel triennio nei percorsi liceali.
Trattandosi di lavoro obbligatorio, salta subito agli occhi la gravità della sua triplicazione negli istituti professionali, e la sua inopinata comparsa perfino nei licei. Non sbagliavamo quindi nel focalizzare l’attenzione su questo particolare, che ben rimarca il passaggio della funzione prevalente della scuola secondaria, da area di parcheggio per futuri disoccupati, a rifornitore di forza lavoro giovanile gratuita per le aziende.
Addirittura, in un impulso regressivo di ritorno alle origini del capitalismo occidentale, o forse solo di assimilazione alle pratiche di lavoro minorile un tempo esecrate, e diffusissime nelle economie capitalistiche emergenti, si prevede già a partire dal secondo anno la possibilità per gli studenti di svolgere periodi di formazione in azienda.
Come si evince dalla lettura dell’articolo 4 del disegno di legge sulla buona scuola le nostre critiche non sono dei processi alle intenzioni, ma delle precise prese d’atto di progetti pubblicamente espressi nel disegno di legge).
Arriviamo ora al fatidico articolo 7, dove si preannuncia il potenziamento delle sfere di competenza del dirigente scolastico. Lo scopo finale di questo articolo è quello di aumentare il livello di coercizione preventiva verso gli studenti e il personale dell’azienda scuola ( in vista di possibili proteste collegate al peggioramento della situazione sociale causata dall’attuale fase dell’economia
capitalistica).
Attraverso l’aiuto di un nugolo di insegnanti e personale ATA connivente e opportunista, il dirigente scolastico metterà in pratica le necessarie misure volte a stroncare i
focolai di rivolta nati di volta in volta nel seno del personale o degli studenti.
L’articolo 7 fornisce gli indispensabili strumenti legali per compiere questa missione, qualificando il dirigente e i suoi alleati come veri ingranaggi del comando capitalistico. Non escludiamo che potrebbero anche verificarsi
dei casi di dirigenti refrattari, per motivi di coscienza, a svolgere il compito assegnatogli dal sistema.
Tuttavia tali casi non inficerebbero la effettività globale del meccanismo congiunto di dominazione, affarismo e supporto allo sfruttamento, in cui si articola natura della scuola nella fase attuale della società borghese.
Articolo 7 (competenze del dirigente scolastico)
a) svolge compiti di gestione direzionale, organizzativa e di coordinamento;
b) è responsabile delle scelte didattiche, formative e della valorizzazione delle risorse umane e del
merito dei docenti;
c)propone gli incarichi di docenza per la copertura dei posti assegnati alla scuola, sulla base del
piano triennale…
I ruoli docenti sono regionali articolati in albi territoriali suddivisi per gradi di istruzione, classi di
concorso e tipologia di posto…L’iscrizione all’albo territoriale non è prevista per gli insegnanti già di ruolo alla data di entrata in vigore della legge…
a) Il dirigente individua fino a tre docenti che lo coadiuvano ( tra quelli di ruolo ),nell’organizzazione dell’istituzione…
b)nell’ambito dell’organico dell’autonomia assegnato e delle risorse, anche logistiche riduce il
numero di alunni per classe…
(Traduciamo: modificando il sistema di assegnazione delle cattedre e della titolarità di sede, in prospettiva il docente non sceglierà più la propria scuola in base alla posizione di graduatoria occupata, ma verrà incluso in un albo territoriale, in attesa di ricevere una proposta di incarico di durata triennale da parte di un dirigente scolastico.
La scelta del dirigente dovrà essere motivata e
pubblica, e tenere conto del curriculum dei docenti iscritti nell’albo territoriale. Tuttavia passa il principio della possibilità di scelta discrezionale da parte del dirigente, basata naturalmente sui criteri della meritocrazia e della qualità professionale dei docenti scelti dal dirigente ‘deus ex machina’.
Anche i criteri di formazione delle classi e il numero di allievi ad esse assegnati, passerà nelle mani del dirigente scolastico, il quale potrà fare – come nei bei tempi andati – una cernita degli allievi sulla base del ceto e della provenienza sociale, o addirittura etnico-religiosa. Possiamo abbozzare una prima valutazione dei cambiamenti previsti dall’articolo 7 della riforma individuandone il perno essenziale nella volontà di rendere più efficace il controllo e la repressione del proletariato giovanile, del personale (docenti e ATA non ancora inquadrati), e in definitiva di portare al passo dei tempi, cioè della fase politico economica attuale, l’azienda scuola.
Il termine azienda – scuola ora è diventato una realtà, non solo a causa della distruzione dei precedenti criteri di assunzione del personale, adesso discrezionalmente scelti dal dirigente – come in una vera azienda privata – ma anche perché una parte notevole del lavoro della scuola è rivolto a fornire – somministrare – lavoro forzato e gratuito al sistema capitalistico ( al pari di una agenzia privata di formazione, intermediazione e somministrazione di lavoro).
Parte terza: il soggetto proletario giovanile e l’organizzazione comunista
Una scala, una porta sempre là
Invecchiare ogni giorno sempre là
E respirerai, quell’odore di chiuso
E annegherai, nella voglia di uscire
La tua voce è sempre pronta a dire “sì”
La speranza di salire un po’ di più
E quanti sorrisi, regalarli a tutti
Per qualche promessa, illusioni da poco…
La nuova Idea -testo tratto dal brano Illusioni da poco- album Mister E.Jones 1972
I fatti e i misfatti della riforma Renzi stanno incontrando delle prevedibili resistenze nei sindacati di sistema, in quelli meno compromessi con il sistema, e soprattutto in una parte rilevante degli studenti. Se la protesta dei sindacati di sistema nasconde la preoccupazione per il definitivo
accantonamento del proprio ruolo di mediazione, con annessa perdita di rendite di posizione e prebende, il fuoco di sbarramento dei sindacati di ‘base’ si limita spesso a indicare degli obiettivi anacronistici e parziali, non comprendendo che il puro piano della lotta economico-sindacale non basterà mai a salvarsi dai processi involutivo-regressivi del capitalismo senile.
In effetti una parte considerevole dei docenti agisce e pensa in modo perfettamente funzionale al ruolo di controllo, condizionamento e inquadramento ideologico del proletariato giovanile assegnatogli dalla scuola del capitale. Spesso si assiste a situazioni paradossali in cui accanto ai nostalgici della scuola di un tempo, idealizzata come educatrice della gioventù e tempio della cultura, brulicano i nuovi docenti procacciatori di forza lavoro giovanile per l’avido sistema delle imprese.
La scuola, nella nostra visione comunista, è invece una realtà al servizio delle masse. Un luogo di trasmissione delle acquisizioni conoscitive della specie umana nel suo rapporto con la natura (è ricerca basata sulla memoria che nasce dall’esperienza di vita).
Non ha senso rimpiangere il passato, ovverosia le forme precedenti di adattamento dell’organo scolastico alla struttura economica capitalistica, come sembrano fare anche alcuni sindacati e forze politiche di sinistra.
In questa fase storica il capitale ha bisogno di una scuola-azienda con le caratteristiche presenti nel disegno di legge appena analizzato, tutto il resto è noia direbbe qualcuno.
La riforma Renzi è un semplice effetto derivato della brama di profitto del capitale, quindi solo la rimozione della causa potrà fare scomparire anche l’effetto.
Dentro il sistema affaristico-dispotico della scuola contemporanea, l’unico soggetto che non ha nulla da perdere (al di fuori delle catene della schiavitù del lavoro forzato e gratuito nelle galere aziendali), è proprio il proletariato giovanile. Questi non sono gli studenti delle precedenti rivolte, succedutesi dal 68 in poi, ma dei veri e propri schiavi a-salariati, carne fresca da immolare sull’altare del profitto. Gli altri lavoratori (docenti e Ata) sono in una condizione meno disperata dei giovani proletari, e quindi sono anche per questo più propensi a comportamenti opportunisti e refrattari alla lotta.
Solo la saldatura fra le lotte di questi giovani proletari, con le lotte del resto della classe, potrà permettere la crescita di nuove prospettive del conflitto di classe.
Solo l’incontro di questi nuovi livelli di scontro di classe con la invariante teoria marxista racchiusa nel partito storico, potrà permettere il rafforzamento del partito formale che è il veicolo (uno dei veicoli), di questa conoscenza scolpita nel fuoco delle lotte di classe del secolo diciannovesimo.