Sabato 14 maggio, dalle ore 17,00 alle 0re 20,00, in Via Porta di Sotto 43 a Schio (VI) Riunione pubblica nella sede del Partito Comunista Internazionale

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In rete: sinistracomunistainternazionale.wordpress.com

Forza violenza dittatura nella lotta di classe

Parlare di atomizzazione delle forze che vogliono rimanere legate alla prospettiva reale del comunismo rivoluzionario risulta oggi perfino banale. Al di là di questo nostro incontro per commentare quanto scritto una settantina di anni fa sulla rivista Prometeo, dal 1946 al 1948 – Forza violenza dittatura nella lotta di classe –, non siamo certamente i soli che, nel mondo intero, stanno affrontando analoghi problemi: la crisi, la rivoluzione e sua possibile rottura rivoluzionaria, ecc.. Molti altri piccoli insiemi di atomi, molecole della potenziale futura aggregazione politica del movimento reale del comunismo, si affannano a porre correttamente i secolari e fondamentali problemi della lotta fra le classi sociali. Oggi, il rapporto fra le classi è imperniato soprattutto sulla lotta fra borghesia e proletariato: la prima, impegnata quotidianamente nella difesa delle cosiddette “libertà istituzionali” che regolano il quadro, i confini utili allo sfruttamento capitalistico della forza lavoro e alla propria accumulazione di capitale; la seconda, impegnata nella quotidiana guerra civile a) in parte, per difendere le proprie immediate condizioni di vita e, in altra parte, b) per comprendere la possibilità di fuoriuscita dal circolo vizioso di tale sfruttamento: “diritti sì”/“diritti no”, ma sempre interni al quadro del “diritto” borghese in atto. La società capitalistica va compresa, dunque, al di là di ogni illusione indotta dall’ideologia dominante, come un luogo violento, dove all’azione di oppressione e sfruttamento della minoranza sociale borghese, si oppone, per ora debolmente, la reazione di difesa del proletariato. Nei rapporti sociali dunque, la violenza (senza specificazioni) non è data una volta per tutte, dettata dall’originaria “mamma natura”. Essa si presenta costantemente e diventa chiaramente individuabile qualora se ne precisino i termini, scindendola in violenza potenziale e violenza cinetica. L’elemento caratterizzante la società ‘civile’ rimane sempre la violenza potenziale che può riservare ai casi estremi il ricorso alla violenza costrittiva impiegata in modo cinetico. L’uomo ha assoggettato a un tale rapporto di dipendenza in primo luogo l’animale di altra specie. Ha imparato col tempo ad assoggettare la forza del bue e di altri animali al giogo dei propri interessi e, col sorgere della schiavitù, ad applicare tale rapporto al proprio simile (il prigioniero sconfitto in guerra, l’inadempiente per debiti, ecc.). Bue e uomo inizialmente cercano di ribellarsi finché la violenza cinetica del padrone li convince ad accettare – qui la violenza potenziale – la propria situazione al posto di ricevere morte sicura. La differenza fra bue e uomo schiavizzato è che il secondo è più duttile e può offrire una gamma maggiore di servizi … e impregnare il proprio cervello della santità dell’essere servo (in onore di Dio, della legge e più tardi della scheda … onore al quale il bue non potrà mai aspirare). Con un salto di millenni, arriviamo alla presente società capitalistica dove si potrà ben vedere come il rapporto “violenza potenziale”/“violenza in atto (cinetica)”, sia costantemente osservabile, ed è sulla base di una tale consapevolezza che sarà possibile collocarsi sul terreno del futuro affossamento dell’attuale mondo dello sfruttamento e dell’ignominia capitalistica.

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