Proteste proletarie in Francia
In un recente articolo sulla situazione delle pensioni in Italia, abbiamo ricordato che una componente determinante dell’attuale normativa pensionistica trova origine nei rapporti di forza sfavorevoli alla classe proletaria, beninteso, in questa congerie storica di controrivoluzione. Tuttavia il conflitto sociale non può scomparire, infatti all’azione di oppressione del capitale si oppone, con gradazioni e modi diversi, la reazione di autodifesa da parte degli oppressi. Quando il giogo del dominio borghese si stringe e si intensifica fino al parossismo, allora è altamente probabile che montino delle intense proteste sociali. Abbiamo analizzato poc’anzi il movimento ‘nuit debout’, esprimendo le nostre perplessità sulla sua carica realmente oppositiva al regime sociale esistente. La sua natura sociale interclassista, i suoi obiettivi confusi, sono, a nostro avviso, il segno dell’egemonia (al suo interno) di componenti piccolo borghesi, in fase di reazione verso la perdita di precedenti posizioni nella scala socio-economica. Le attuali proteste operaie francesi sono invece nate in opposizione al jobs act, messo in cantiere dal governo d’oltralpe, con la solita scusa della modernizzazione del mercato del lavoro. Le proteste operaie provengono da soggetti sociali che non sembrano essere preoccupati da una semplice perdita di status, soggetti che avvertono, percepiscono, quasi istintivamente, che il cappio della precarietà e del dispotismo aziendale si sta stringendo ancora di più intorno al loro collo. Si tratta di soggetti proletari, senza riserve, spesso avanguardie di lotta, in grado di bloccare settori strategici (centrali nucleari, trasporti…), costretti a subire la rude risposta dell’attrezzatura statale (senza per ora dare segni di stanchezza). Non siamo fra quelli che sopravvalutano ogni stormire di fronda, oppure esaltano tutto ciò che si muove sulla superficie sociale, tuttavia siamo propensi a leggere nelle lotte operaie francesi i segni di una difficoltà del capitale, almeno in determinate aree economiche del globo, ad imporre senza colpo ferire un aumento del grado di sfruttamento e precarizzazione della forza lavoro. Parliamoci chiaro, è probabile che le misure di ‘riforma‘ del governo francese passeranno lo stesso, magari con qualche modifica di dettaglio. Eppure la velocità della protesta, la sua diffusione sul territorio, il conseguente intervento delle forze dell’ordine contro i picchetti e le barricate, spingono a dedurre che la macelleria sociale capitalistica degli ultimi anni sta iniziando a produrre delle sensibili risposte operaie, un innegabile risveglio del conflitto sociale. Azione di oppressione/reazione di difesa. Tuttavia, in assenza di prospettive politiche (programma) in grado di indirizzare il movimento di lotta verso obiettivi reali di trasformazione sociale, si rischia il solito effetto ‘fuoco di paglia’, cioè di ottenere, in cambio di vacui e aleatori contentini contrattuali, previa apertura di un tavolo delle trattative fra sindacato e governo, la fine delle lotte operaie (che invece sono il fulcro di ogni cambiamento). Come se fosse realistico pensare di conquistare migliori condizioni di vita, senza continuare a lottare, ovvero lasciando prosperare un meccanismo economico-sociale, che immanentemente, tendenzialmente, deve incrementare il saggio di sfruttamento della forza lavoro per potere sopravvivere come sistema di oppressione di classe.