Da qualche parte, nel variegato mondo politico collocato a sinistra del PD, si muovono progetti e aspirazioni di ricostruzione del vecchio antenato del PD, il PCI di Togliatti, Longo, Berlinguer. Si tratta di capire cosa può significare, politicamente, un progetto del genere nell’anno 2017. Quando il PCI di Occhetto cambiò nome, una parte degli iscritti e dei militanti diede vita, insieme ad altre forze politiche, all’esperienza di Rifondazione, con il suo seguito di successive vicissitudini e scissioni (anche allora una parte dei rifondatori aveva in mente una semplice rinascita del PCI) . Dal nostro punto di vista è paradossale rimpiangere l’aureo passato del PCI, il partito togliattiano svolse (su suo esplicito riconoscimento) un ruolo funzionale all’inserimento di una parte significativa della classe proletaria, dentro la repubblica ‘democratica’ nata alla fine della seconda guerra mondiale (Togliatti infatti fu uno dei padri costituenti della cosiddetta costituzione più bella del mondo). Ogni regime sociale basato sulla divisione in classi, è un regime di oppressione e di violenza (latente o cinetica), il ruolo del PCI nel dopoguerra è stato, in definitiva, funzionale alla subordinazione/integrazione più o meno pacifica del proletariato dentro questo regime. Le varie forze a sinistra del PD, oggigiorno ancora desiderose di riesumare una esperienza storico-politica passata, non si avvedono dei cambiamenti sociali che hanno ormai reso superfluo il ruolo di un grande partito di massa integrazionista. L’ideologia aziendalista e consumista è ormai pervasiva, il declino putrescente del mondo borghese per ora produce abbrutimento fisico e mentale di massa, invece di un risveglio della lotta di classe e delle coscienze. Questo dato non è eterno, tuttavia la sconfitta della classe proletaria è così grave (anche a causa dell’azione pregressa dei partiti riformisti) che oggigiorno il sistema di classe borghese può andare avanti anche senza la stampella di un PCI simil-togliattiano di massa. Si potrebbe tuttavia pensare alla ipotesi di un ruolo complementare per un neo PCI, richiamando la teoria del funzionalismo sociologico che ipotizza una ragione per ogni fenomeno sociale (in quanto parte di un certo organismo sociale). Dunque quale base materiale, quale sottostante processo sociale, potrebbe favorire una vagheggiata riesumazione del PCI? L’unico dato sociale documentabile è la presenza di una limitata ripresa della conflittualità in certi luoghi di lavoro (logistica, call center, scuola, portuali…). Il sistema non ha bisogno di controllare una classe proletaria in fase di intensa conflittualità, perché questo dato non esiste, tuttavia, alle limitate esperienze di lotta esistenti si può offrire un raccoglitore politico esca, il progetto del nuovo PCI, che al pari del vecchio, sia in grado di sminare/depistare dall’interno ogni velleità politica di cambiamento reale. Dunque ancora una volta si realizzerebbe lo svuotamento e il depistaggio, dall’interno, degli aspetti più minacciosi del conflitto sociale basico fra capitale e lavoro. Un film già visto migliaia di volte, costretto a ripetersi fino a quando il grado raggiunto dalle contraddizioni del capitalismo, e soprattutto la legge della miseria crescente, non disperderanno come un fascio accecante di luce la residua capacità di mistificazione del sistema.