Atti di terrore e psicologia sociale

I recenti attentati avvenuti in alcune città europee suscitano emozioni e qualche riflessione. Innanzitutto l’umano sentimento di tristezza per le vite perdute, travolte da un meccanismo terroristico a stratificazione multipla. Chi sono i personaggi che compiono tali azioni, quali motivazioni li spingono ad agire, quali effetti ottengono gli atti di terrorismo nel quadro dei rapporti di classe e dei processi sociali ?In guerra il terrore è prassi abituale.  Nell’ultima guerra mondiale sono state bombardate città densamente popolate, intenzionalmente, con l’obiettivo di fiaccare la resistenza dell’avversario colpendo i civili, terrorizzando la popolazione civile dello stato nemico. Guernica, Coventry, Amburgo, Hiroshima e Nagasaki, ecco i nomi di alcune città distrutte dai bombardamenti miranti a terrorizzare e fiaccare la resistenza del nemico. Il terrore è lo scopo, la morte e la distruzione sono il mezzo. La rivoluzione di ottobre ha dovuto usare il terrore per arginare la reazione interna ed internazionale: quando si parla di terrore, dunque, si tratta come sempre di valutare caso per caso la sua funzione sociale. Oggi, anno 2017, come possiamo valutare la funzione sociale oggettiva del terrorismo ( di tipo fondamentalista, indipendentista, e via discorrendo)?
Per funzione oggettiva di un fenomeno intendiamo l’inserimento di questo fenomeno dentro una complessità di rapporti fra attori e forze sociali interconnesse, con esiti indipendenti dalle intenzioni dei soggetti agenti. Se inseriamo le dinamiche terroristiche nel contesto di una società divisa in  classi, allora emergerà come dato osservabile e ricorrente l’interazione fra rafforzamento del dominio di classe e diffusione delle azioni terroristiche. Il termine strategia della tensione risale agli anni 70, esso può aiutare a comprendere (al di là di ogni seduzione cospirazionista, e al di là di presunte trame e volontà consapevoli di singoli o di gruppi) la funzione del terrorismo nel contesto contemporaneo. Una strategia che si impone al di là della volontà cosciente di qualcuno, come risultante dell’intreccio fra certi fatti determinati e la psicologia sociale di massa. Il senso di paura e incertezza, la sensazione di essere sotto attacco da parte di forze oscure, orientano la psicologia sociale di massa verso il bisogno di sicurezza e quindi verso la ricerca del mezzo per la sua migliore soddisfazione. Questo mezzo è lo stato, un apparato di forze che a livello di psicologia di massa diventa il tutore della sicurezza collettiva nei confronti del terrorismo. La dottrina marxista considera invece lo stato, nel corso della storia, come lo strumento di difesa degli interessi di una classe sociale, dunque lo strumento di controllo e repressione (in forma di violenza latente e cinetica) della classe dominante sulla classe dominata. Ma anche come Il mezzo di difesa e attacco nei confronti di borghesie rivali. Il fenomeno del terrorismo ottiene l’effetto di oscurare la percezione del ruolo fondamentale dell’apparato statale nella lotta di classe, spostando l’attenzione sulla lotta fra terrore e legalità, insicurezza e sicurezza (così come le guerre borghesi spostano il focus dell’attenzione sul confronto fra nazionalità differenti o religioni diverse). Allo scontro di classe fra sfruttati e sfruttatori, subentra lo scontro fra lo stato e le legioni di malvagi e folli terroristi (o la nazionalità/religione nemica). Gli apparati statali, che nel corso della storia hanno svolto il compito di garantire anche con il terrore (pensiamo alla rivoluzione francese)  il dominio di una classe sociale, diventano i garanti della sicurezza dal terrore. Con il trascorrere del tempo gli archivi statali (almeno una parte di essi) vengono desecretati, scoprendo i progetti e le azioni segrete messe in opera in nome della ragion di Stato. Le anime belle del democratismo si scandalizzano quando gli scheletri escono dagli armadi statali, mostrando (a distanza di decenni o di secoli) gli intrecci fra caos e ordine, illegalità e legalità. Non c’era bisogno di essere marxisti per saperlo, bastava leggere il Machiavelli per avere notizia che ‘il fine giustifica i mezzi’. Le masse, spaventate dai fenomeni terroristici cercano sicurezza e protezione in una forza che incarni il principio dell’ordine. Si raccolgono intorno ad essa, cercando riparo e rifugio dai fenomeni terroristici. Uno sguardo al presente ci mostra la doppia funzione ‘oggettiva’ svolta dal terrorismo (al di là di ogni presunta trama e volontà consapevole di singoli o di gruppi elitari, che ci rimanderebbe invece a un gioco infinito di specchi). Questa funzione si svolge in primo luogo dentro i confini del territorio statale, dove il terrore opera come fattore di direzione (della psicologia sociale) verso una forza che incarni il principio dell’ordine, e rassicuri il bisogno di sicurezza di massa, scosso dagli atti di terrore; in secondo luogo al di fuori dei confini statali, come strumento di guerra per procura contro altri attori statali (pensiamo chiaramente al ruolo del terrorismo nelle attuali vicende mediorientali). In relazione al primo tipo di funzione, è empiricamente verificabile una stretta correlazione fra atti di terrore e produzione di riflessi securitari di massa. Tale correlazione è un dato oggettivo, e appartiene più a una dinamica di tipo bio-sistemico di conservazione di un certo organismo sociale, che (ripetiamolo) alla sfera dei complotti e delle decisioni segrete di élite ristrette (tuttalpiù fenomeni derivati e difficilmente osservabili in ragione della loro segretezza, e quindi appartenenti alla sfera dell’opinabile e dell’ipotetico).

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