Un genitore /docente cerca di criticare la recente misura di liberalizzazione dello smartphone in classe. Fermandosi solo alla superficie del problema scuola /giovani, le sue argomentazioni risultano fuorvianti e sbagliate. Egli afferma che essendo i giovani di oggi troppo dipendenti dalle moderne diavolerie elettroniche, sarebbe una iattura consentirne l’uso anche nel tempo scolastico svolto in aula. Qualcuno definirebbe queste posizioni con l’aggettivo ‘retroguardia’. Questo ultimo assunto tuttavia non coglie il segno del profondo fraintendimento insito nella lettera del docente /genitore. Sembra che il problema della scuola di oggi sia diventato il garantire l’esistenza di uno spazio sacro contro i mutamenti della modernità. L’uso e l’abuso delle moderne tecnologie digitali dovrebbe essere totalmente impedito nello spazio tempo scolastico, in modo da guidare i giovani e le famiglie (sui generis, senza distinzione di classe sociale) verso una crescita sana e armonica. Posto in questi termini astratti il problema e la sua soluzione potrebbero anche sembrare corretti, tuttavia sfugge al docente /genitore che la scuola è fondamentalmente l’espressione di un certo tipo di società, e quindi andrebbe chiarita innanzitutto la natura della relazione scuola /società. Quale funzione svolge allora la scuola nella società capitalistica, quindi in una società divisa in classi sociali dominanti e dominate? Si può in altri termini parlare astrattamente di giovani, scuola et similia astraendo dal contesto di interdipendenza di questi aspetti con tutti gli altri aspetti della realtà, in modo particolare con la struttura economica e i rapporti di produzione? La scuola svolge la funzione fondamentale della formazione tecnico-scientifica necessaria a fornire personale preparato alle imprese capitalistiche. In secondo luogo serve come strumento di trasmissione dell’ideologia dominante e quindi di controllo sociale. Dunque il docente /genitore accoratamente impegnato ad indignarsi per la liberalizzazione dell’uso dello smartphone in aula, forse dovrebbe riflettere sulla funzione specifica della scuola in questo tipo di società capitalistica, e dirigere i suoi strali in questa direzione invece di dilungarsi in argomentazioni astratte derivanti dal pensiero comune sulla bellezza del vecchio tempo che fu, e per riflesso sull’attuale ‘mala tempora currunt’. In ogni caso gli smartphone sono utilizzati da anni nelle classi, sebbene formalmente vietati. Autorizzarne l’utilizzo potrebbe invece permetterne l’uso, anche per scopi didattici, da parte dei docenti. Riportiamo uno stralcio di un articolo pubblicato anni fa in occasione dell’avvio della riforma scolastica di Renzi.
Fatti e misfatti della riforma scolastica della ‘buona scuola’ Articolo pubblicato nel mese di prile 2015
(…)la nostra critica ai progetti di ulteriore imbarbarimento della scuola (gerarchizzazione,dispotismo dirigista, affarismo, strumentalismo aziendale), non ha il contenuto di un rimpianto della scuola della riforma Gentile, o addirittura ottocentesca. Non si tratta di rimpiangere le forme di trasmissione della conoscenza di precedenti società classiste, ma di comprendere, al di là delle apparenti differenze, come i vari tipi di ‘riforma’succedutisi all’interno di queste società ( antico – schiaviste, feudali, capitaliste) svolgano una funzione ricorrente di consolidamento ideologico della dominazione di una classe su un altra.
In quanto elemento sovrastrutturale, rispetto alla struttura economica di riproduzione della vita, la scuola ( in senso più ampio la trasmissione del sapere ) ha invece lo scopo di garantire, nelle primitive società comuniste, l’armonia e la sopravvivenza del gruppo sociale (la sua integrazione con i vari piani di realtà percepibili ed esprimibili con lo strumento magico-animistico).
In ogni caso il sapere trasmesso è funzionale ad un sistema di vita comunitario, e non certo al dominio di una parte minoritaria della specie su tutto il resto dell’umanità.
Il capitalismo oligarchico-finanziario dei nostri giorni procede ovviamente in altre direzioni, ed essendo l’ultima formazione sociale classista, ha potentemente acuito la funzione strumentale della scuola alla conservazione del proprio apparato di dominazione e sfruttamento del proletariato.
Attraverso gli stage e l’alternanza scuola-lavoro si rende un utile servizio al mondo delle imprese, donandogli il tempo di vita del proletariato giovanile, con la improbabile giustificazione del tirocinio e dell’apprendistato.
Nella realtà i giovani proletari delle scuole tecniche e professionali vengono convogliati verso le galere aziendali del capitale, e costretti a lavorare gratuitamente per il profitto di queste aziende. Un vero e proprio inquadramento coercitivo verso il lavoro forzato e gratuito, a cui lo studente è obbligato a sottomettersi se vuole conseguire il successivo titolo di studio (il diploma), indispensabile per trovare un qualche tipo di occupazione remunerata.
Fatti e misfatti della nostra epoca capitalistica, in cui il sapere trasmesso dall’istituzione scolastica tecnico-professionale, smarrito ogni residuo idealistico-gentiliano riservato ancora ai licei (1), diventa una pura appendice economica subordinata al processo di valorizzazione del capitale.
(1)La scuola della classe sottratta alla schiavitù del lavoro salariato, orientata alla conoscenza filosofica pura, alla crescita spirituale della persona. In altre parole una scuola dall’impostazione culturale idealistica in cui il pensiero è il produttore della realtà , l’idea assoluta hegeliana, sottratta al mondo del divenire; così come il padrone, in quanto direttore e dominatore intellettuale della produzione, sottrattosi alla fatica del lavoro manuale, si vede, in quanto pensiero direzionale, origine e fonte dei fenomeni economico-lavorativi svolti dai servi, subordinati e susseguenti a questo stesso pensiero direttivo(….)
Tuttavia vorremmo ancora una volta dissipare preliminarmente ogni dubbio sulle nostre posizioni:non è nostra intenzione criticare l’impianto classista e borghese della riforma Renzi, in nome di una fase anteriore della scuola, altrettanto classista e borghese; questo tipo di posizione non ha nulla di marxista.
Prendiamo, ad esempio di tale cortocircuito politico-teorico, uno stralcio dalla rete:‘in essa (nella vecchia scuola n.d.r) si formano, storicamente, esseri umani e non consumatori; per di più, esseri umani con coscienza critica, spessore culturale e capacità di giudizio, esattamente ciò che il fanatismo dell’economia finanziaria non può tollerare e deve, per ciò stesso, distruggere. Distruggere la scuola significa decapitare intere generazioni di teste pensanti. La stessa domanda, sempre più in voga, “che possibilità di lavoro mi dà lo studio della filosofia o dell’arte?” rivela un inedito riassorbimento della formazione nell’ambito dell’aziendalizzazione e dell’assiomatica del do ut des: in una rimozione integrale di ciò che un tempo era notissimo, ossia che la scuola deve formare e non produrre acefali calcolatori e produttori di profitto’.
Come si evince dalla lettura, nella vecchia scuola si sono formati, a detta di chi scrive, esseri umani e non consumatori, addirittura esseri umani con coscienza critica.
Questo può anche essere stato vero in qualche caso, per una certa percentuale di studenti, tuttavia non bisogna generalizzare i casi particolari e confondere l’eccezione con la regola. Perché, allora, verrebbe da chiedersi, è mai possibile che in un tempo storico-sociale appena precedente il nostro ( il secolo scorso, il dopoguerra, gli anni 70), la società capitalistica avesse al proprio interno una scuola in cui si formavano esseri umani e non consumatori, esseri umani con coscienza critica, spessore culturale e capacità di giudizio, mentre solo adesso, nonostante il capitalismo sia ancora in corso, è addirittura cambiata la stessa sostanza della realtà scolastica?
Il modo di produzione borghese cambia e si trasforma nel corso del suo sviluppo, e quindi anche la sovrastruttura giuridico-culturale e scolastica si evolve, tuttavia questo non significa cambiamento
nella sostanza della funzione dell’apparato scolastico (che permane nel tempo, in modo invariante, al servizio del dominio di classe del capitale). Il presunto passato aureo della formazione scolastica borghese è quindi una pura mistificazione, o forse un semplice autoinganno dello scrittore ( ….)
Non ha senso rimpiangere il passato, ovverosia le forme precedenti di adattamento dell’organo scolastico alla struttura economica capitalistica, come sembrano fare anche alcuni sindacati e forze politiche di sinistra.
In questa fase storica il capitale ha bisogno di una scuola-azienda con le caratteristiche presenti nel disegno di legge appena analizzato, tutto il resto è noia direbbe qualcuno.
La riforma Renzi è un semplice effetto derivato della brama di profitto del capitale, quindi solo la rimozione della causa potrà fare scomparire anche l’effetto.
Dentro il sistema affaristico-dispotico della scuola contemporanea, l’unico soggetto che non ha nulla da perdere (al di fuori delle catene della schiavitù del lavoro forzato e gratuito nelle galere aziendali), è proprio il proletariato giovanile. Questi non sono gli studenti delle precedenti rivolte, succedutesi dal 68 in poi, ma dei veri e propri schiavi a-salariati, carne fresca da immolare sull’altare del profitto. Gli altri lavoratori (docenti e Ata) sono in una condizione meno disperata dei giovani proletari, e quindi sono anche per questo più propensi a comportamenti opportunisti e refrattari alla lotta.
Solo la saldatura fra le lotte di questi giovani proletari, con le lotte del resto della classe, potrà permettere la crescita di nuove prospettive del conflitto di classe.
Solo l’incontro di questi nuovi livelli di scontro di classe con la invariante teoria marxista racchiusa nel partito storico, potrà permettere il rafforzamento del partito formale che è il veicolo (uno dei veicoli), di questa conoscenza scolpita nel fuoco delle lotte di classe del secolo diciannovesimo.