Siamo settari: un mantra stucchevole

Siamo settari: un mantra stucchevole

 

Un lettore ci chiede di dargli lumi sulla periodica accusa di settarismo, rivoltaci da varie parti politiche e impolitiche. Rispondiamo citando una antica massima sapienziale: nulla di nuovo sotto il sole.

Negli anni sessanta, per rispondere alla vexata quaestio, Bordiga intitolò un articolo ‘Dogmatici, settari e talmudici’.

Sottinteso, ci prendiamo le vostre critiche e ne facciamo un titolo di merito. Per rassicurare il lettore, e al contempo rispondere ad alcuni sottopancia di sinistra, sotto-categoria dello sbrodolamento verboso tendente al nulla, facciamo un ragionamento. Setta è una parola italiana che deriva dal latino ‘sectura’, che indica una sezione e quindi l’azione di sezionare, tagliare, dividere.

Un gruppo politico comunista è sempre settario, in quanto si suppone che la sua base sociale sia una sezione di avanguardia della classe operaia. Spieghiamoci meglio: sul piano dell’esperienza storica del conflitto di classe, è ampiamente verificato che solo una piccola minoranza della classe oppressa riesce a resistere ai condizionamenti del sistema di parassitismo borghese, ovvero solo pochi proletari risultano immuni alla metamorfosi. Ovvero il processo indotto dalla sconfitta subita in Russia ed Europa negli anni venti del secolo scorso. Questa metamorfosi, di cui abbiamo di recente trattato, ripubblicando il testo ‘Prometeo incatenato’ del 1946, si manifesta specificamente come un comportamento contrario ai propri interessi di classe da parte del proletariato.

La cooptazione delle maggiori organizzazioni politiche e sindacali operaie, dentro la logica di conservazione del sistema capitalistico, è il vero significato della metamorfosi. Dunque la sconfitta pratica, militare e politica, del proletariato negli anni venti, ha prodotto lo svuotamento della forma originaria delle organizzazioni di massa operaie, che sono andate oltre (meta) la loro originaria morfologia, per diventare qualcosa di opposto ed antitetico ad essa. Queste organizzazioni operaie diventano in tal modo un organo dell’apparato statale borghese, un suo elemento aggiuntivo, il doppione (in quanto a funzione e scopo) di altri organi preesistenti (parlamento, sistema giudiziario, ideologia, scuola, forze dell’ordine).

Per questo motivo il testo del 1946 parla di sdoppiamento dello stato borghese, il quale ora svolge i suoi compiti di conservazione della società capitalistica, sia con gli organismi prima menzionati, prodotti dalla borghesia come propri mezzi di dominio, sia con le organizzazioni politiche e sindacali prodotte in origine dal proletariato come propri mezzi di lotta politica e difesa economica immediata.

 A dire il vero dei fenomeni assimilabili alla metamorfosi sono storicamente presenti anche in periodi precedenti agli anni venti: pensiamo solo a Bernstein e kautsky. 

Il partito comunista nato a Livorno nel 1921, d’altronde, nasce soprattutto dalla esigenza di separare le sorti politiche dell’avanguardia di lotta operaia, dalle pratiche opportuniste della maggioranza del partito socialista del tempo.

Se la maggioranza della classe operaia subisce il condizionamento dei modelli di pensiero e di comportamento della società capitalistica, esiste tuttavia un piccolo nucleo sociale proletario consapevole della propria condizione di oppressione.

Questo nucleo è una sezione avanzata della classe, ed è il nucleo attuale di successive, potenziali, irradiazioni di risveglio della lotta e della coscienza.

Dunque chi ci definisce settari, e quindi una setta, ignora che per noi è titolo di vanto essere espressione, sul piano politico, di una sezione avanzata della classe.

Passiamo ora all’accusa di essere dogmatici.

Ebbene siamo anche dogmatici, lo scriviamo senza vergogna e paura di scherno.

Abbiamo spiegato che per noi il marxismo è una teoria storicamente invariante, poiché in essa sono sedimentate le conoscenze acquisite dalla classe proletaria, e dalla specie umana, nel corso di vicende storiche lunghissime.

Fino a quando esisterà il capitalismo, saranno valide le leggi socioeconomiche svelate dal marxismo alla metà del 1800, in quanto storicamente verificate da osservazioni passate e presenti.

Caduta tendenziale del saggio di profitto, sovrappopolazione, miseria crescente, concorrenza…non sono dogmi eterni, ma acquisizioni conoscitive relative ad un certo modo di produzione, dogmi relativi, veri e validi fino a quando questo modo di produzione esiste.

Il marxismo è anche qualcosa in più di queste leggi scientifiche, ma qui apriremmo un discorso troppo lungo, già affrontato in altri testi (Conoscenza, Is e politica del caos…).

L’auto-definizione finale di talmudici è una estensione dei concetti sopra esposti.

Infatti i libri sacri racchiudono, al di là della parte strettamente mitologica/ideologica, una precettistica comportamentale basata sull’esperienza di vita, funzionale alla sopravvivenza di una certa società nel corso del tempo storico.

Questo scrive Bordiga nelle relazioni sulla conoscenza del 1960, e questo assumiamo noi quando facciamo riferimento ai dogmi relativi (leggi scientifiche, storicamente date e valide per comprendere il funzionamento di un certo tipo di società).

Speriamo che queste risposte possano tranquillizzare il nostro lettore, e al contempo deprimere i soliti soggetti poveri di fantasia, che ripetono dagli inizi del secolo scorso, ormai come un mantra stonato, le stucchevoli critiche al nostro settarismo, dogmatismo, e ci aggiungiamo noi, talmudismo.

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