Proviamo a riassumere già dai primi giorni del nuovo anno il succo delle nostre analisi sugli argomenti esposti nel titolo.
In questo modo eviteremo (forse) che qualcuno dei nostri lettori si perda nel canto melodioso delle due anzidette sirene.
La prima sirena è l’ammaliante questione del sindacato di classe. Molto bene, questa sirena canta una canzoncina veramente accattivante, vediamo cosa dice il testo.
Il testo della canzone è il seguente: ci sono in giro due tipi di sindacati, quelli di sistema e quelli di classe. Anche noi sosteniamo che ci sono in giro due tipi di sindacati, quelli di sistema e quelli di lotta. Ma la cosa è evidentemente diversa.
Quando parliamo di sindacati di lotta ci riferiamo a organizzazioni, nate sull’onda delle proteste spontanee di fabbrica o di altri luoghi di lavoro, sulla base di richieste economiche e normative più radicali di quelle contenute nelle piattaforme dei sindacati di sistema.
Tuttavia va subito chiarito che anche le rivendicazioni dei sindacati di lotta rientrano nella logica dei rapporti di produzione capitalistici, in quanto non è nella loro specificità proporre un programma di rottura di questi rapporti (di schiavitù).
Solo nel momento in cui il conflitto di classe portasse il partito di classe a controllare tali organizzazioni (di lotta o anche di sistema), ma anche a controllare altri segmenti della sovrastruttura statale borghese, come da precedenti lezioni storiche, si potrebbe ipotizzare un uso veramente al servizio della classe ( di tali organizzazioni).
Altrimenti no, poiché si resterebbe nel normale ambito della contrattazione di migliori condizioni di lavoro (salariato), cosa di per sé lodevole, ma non risolutiva della piccola questione della schiavitù ( caratteristica fondamentale del lavoro salariato).
Dunque quando qualche soggetto politico parla di sindacato di classe, di fatto plaude alla negoziazione di meno dure e severe condizioni di schiavitù condotta da piccole organizzazioni nate sull’onda di lotte spontanee. Tutto questo è lodevole, ma anche irrealistico, perché la tendenza sistemica alla miseria crescente e all’aumento dello sfruttamento impediscono di ottenere, almeno su scala generale, dei miglioramenti delle condizioni di schiavitù.
Quindi si deve concludere che le perorazioni sull’importanza di un sindacato di classe siano radicalmente sbagliate.
Invece è corretto che una forza politica marxista seria ed intelligente operi dentro le organizzazioni ad alta presenza di lavoratori salariati, per farsi conoscere e quindi far conoscere il proprio programma politico.
Ecco quello che va fatto, soggettivamente, nell’attesa necessaria che le stesse leggi oggettive della economia capitalistica (miseria crescente, disoccupazione, dispotismo di fabbrica) spingano una consistente avanguardia proletaria sulla strada giusta della lotta politica.
Lo ricordiamo ancora una volta ai cultori del bel canto della sirena del sindacato di classe: le lezioni della storia hanno spinto la nostra corrente, negli anni cinquanta, a riepilogare tre condizioni basilari per un efficace intervento del partito nell’ambito delle organizzazioni di difesa immediata della classe. Uno: forte presenza di militanti del partito dentro queste organizzazioni. Due: esistenza di un adeguato livello di conflitto sociale generale. Tre: inesistenza di riserve patrimoniali a perdere nella maggioranza della classe.
Possiamo riassumere questa triade in modo ulteriore. L’aumento della povertà e dello sfruttamento devono avere raggiunto un tale livello, che l’azione di lotta della classe operaia ha di fatto condotto le avanguardie politiche comuniste a controllare le organizzazioni di massa precedentemente controllate dalla borghesia.
Nell’attuale situazione sociale non registriamo tutto questo, anche se tale constatazione non significa la rinuncia a farci conoscere ( a far conoscere il nostro programma) in tutti i luoghi e le occasioni possibili. A smentita del luogo comune che ci descrive in perenne e inerte attesa di una forte ripresa del conflitto di classe.
La seconda sirena è quella delle proteste del ceto medio. Questa sirena intona un canto struggente che attira molti ingenui a ripetute e dolorose delusioni, sempre negate e nascoste a quelli che, come noi, li avevano avvisati del pericolo.
Lo ripetiamo da molto tempo, a tutti gli allocchi che si lasciano ricorrentemente ammaliare da questa sirena, che bisogna stare attenti e in campana.
Il capitalismo, in base alle sue leggi economiche, cerca di compensare la caduta del saggio di profitto con l’aumento dello sfruttamento, e con l’ulteriore riduzione dei costi aziendali del lavoro attraverso un maggiore impiego di capitale costante ( oltretutto alla base della ulteriore caduta del saggio di profitto, in quanto fattore di riduzione del lavoro vivo nella produzione, e quindi riduzione del lavoro umano che è la fonte del pluslavoro/ plusvalore/ profitto).
La miseria crescente, la disoccupazione, i tagli al Welfare, gli aumenti fiscali, l’esproprio di fatto di riserve patrimoniali a una parte del ceto medio e all’aristocrazia operaia, innescano delle proteste ( da parte del ceto medio) contro la incipiente proletarizzazione.
Storicamente, tali proteste sono sempre andate a sostegno di un cambiamento politico autoritario del regime borghese, che imponesse con metodi ultracoercitivi ai proletari il peso di un maggiore grado di sfruttamento, in modo da salvare il ceto medio dalla proletarizzazione.
Quindi il significato ultimo delle proteste del ceto medio è il puro scaricabarile sulle spalle del proletariato dei costi che il sistema aveva riservato a questo ceto.
Allora, se le cose stanno così, cosa risponderemo, nel 2019, ai soliti ingenui che ci accuseranno di essere indifferenti alle proteste del ceto medio?
Diciamo che ogni risposta sarebbe inutile, data la componente di presunzione e di sicumera che caratterizza il tipo standard di soggetto attivistico.
La peste dell’attivismo vano e inconcludente è infatti all’origine della seduzione esercitata dalle due sirene anzidette.
Senza la deviazione attivistica nessuna delle due sirene troverebbe degli allocchi e dei creduloni pronti a ricadere ogni volta nello stesso errore. Le lezioni della vita non insegnano niente a qualcuno.