Nota redazionale: Come si diceva una volta: ”più chiari di così si muore”. Il punto 9 ben chiarisce una delle premesse teoriche alla base del rifiuto dell’attivismo demente: in determinate circostanze, il partito formale, che è tale solo a condizione di stare ”sulle linee dorsali del Partito Storico”, deve staccarsi dalla fisica della classe, perché: ‘‘in determinate circostanze, in cui la classe operaia gravemente ripiega ed i suoi movimenti sono inquadrati dalla borghesia ed ispirati alle sue direttive politiche, il Partito deve, in una certa misura, isolarsi dalle masse intrappolate in quei moti per restare se stesso, ossia deve proclamare e difendere la propria estraneità ed opposizione a tali mobilitazioni, evitando di commettere l’errore rovinoso di mantenersi ad ogni costo in contatto con le masse (8) ed ammettendo come unica forma di contatto possibile e sensata dal punto di vista della rivoluzione quella volta a spingere con la parola e con l’esempio gli operai a disertare quelle mobilitazioni, come accade tutte le volte che gli operai agiscono non sul proprio terreno, per quanto in modo timido, esitante ed anche minimalista, ma sul terreno borghese (dalla lotta partigiana agli scioperi contro il terrorismo e per la difesa della democrazia)”.
Metafisica, dunque oltre la fisica della classe e della metamorfosi a cui è piegata, perché: ‘‘ Il rapporto Partito-Classe non sopporta dunque di essere ridotto ad un biologismo individualistico. Proprio perché non è uno dei tanti organi della classe ma è l’organo della classe, proprio perché non ne è il cervello ma ne è l’anima, ossia lo spirito rivoluzionario (7) che informa il corpo fisico della classe operaia, il Partito può continuare a vivere anche fuori dal rapporto costante con le masse proletarie”.
Ripetiamolo: ”più chiari di così si muore”
Il partito è l’anima e lo spirito rivoluzionario della classe, questa caratteristica è così esplicitata: ”la Sinistra dice addirittura che il Partito, nelle situazioni di grave controrivoluzione, può sopravvivere anche in una pagina dimenticata. L’esempio che ci serve non va cercato quindi nella struttura biologica dell’individuo, ma in una in/formazione biologica (leggi: ciò che dà forma) che supera e trascende l’individuo, in un DNA in cui è codificato il programma di vita della Specie (leggi: il senso del cammino storico della classe) e che può sopravvivere per un certo periodo anche fuori dal corpo (leggi: fuori dal contatto con le masse operaie), anche in una provetta dimenticata (leggi: in una biblioteca). Come il DNA è il programma di vita della Specie, così il Partito Storico è il programma del Comunismo”.
Buona lettura
Punto n°9: natura del Partito Comunista CONTRO LE SUGGESTIONI DEL “PARTITO CEREBRALE”: TRASCENDERE L’INDIVIDUO, RITROVARE L’ANIMA DEI NOSTRI MORTI.
Ritenere che il Partito sia l’organo della classe in quanto ne costituirebbe il cervello è una banalizzazione inaccettabile della nostra concezione. Come ogni tentativo pedestre di ridurre i macigni in pillole, porta infatti ad un profondo travisamento delle nostre tesi classiche: seguendo quell’esempio del tutto fuori luogo, infatti, si giungerebbe subito a tirarne la conseguenza che mentre la classe senza Partito può esistere, anche se solo come un “preparato spinale”, e cioè nel senso vegetativo e acefalo della classe per il Capitale, al contrario il Partito senza la classe non può esistere, in quanto fuori dall’apporto costante di sangue e di ossigeno che gli deriva dal corpo fisico della classe, esso immediatamente si paralizza e muore. Le nostre tesi, in realtà, non stabiliscono affatto che il Partito è un organo della classe proletaria, ma che è l’organo della classe proletaria. Il Partito non può quindi essere identificato nel cervello di un organismo antropomorfo. Esso è infatti la parte che contiene il tutto, che contiene il senso del divenire della totalità della classe unitariamente intesa nello spazio-tempo. Il cervello, al contrario, non può assolutamente essere considerato come la parte che contiene il tutto, se non si vuole ricadere nel più piatto razionalismo ed ignorare il fatto, per noi basilare, che, parafrasando Pascal, “il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce”. Se si vuole rimanere dunque nella sfera della biologia, l’unico organo che contiene il tutto non è il cervello, allora, ma sono i genitali, sede delle cellule germinali, da cui si originerà nuovamente l’intero organismo. Pur restando stabilito, quindi, che il Partito non ha la consistenza della tremula gelatina cerebrale, va tuttavia subito precisato che, dal punto di vista scientifico, l’organo che veramente contiene il tutto sono i genitali di entrambi i sessi, perché “un solo coniglio non è un coniglio, due conigli soltanto possono essere un coniglio” (1), come scrisse lucidamente la Sinistra prendendo nelle sue mani il filo del Partito Storico, che nell’arco dei millenni si ricollega al Comunismo primitivo passando anche attraverso la “Res bina” dell’Alchimia (2), scienza che ci ha appreso che la Perfezione, il compimento della Grande Opera della trasformazione dell’uomo in Essere Umano è essenzialmente androgina (leggi: nel Comunismo sarà finalmente risolta la turpe contrapposizione tra i sessi che contraddistingue le società di classe, sciogliendosi così la infame, plurisecolare oppressione della donna). Quindi, per ritornare alla questione del Partito: per definirne l’essenza abbiamo dovuto già infrangere i limiti del soggetto individuale. L’esempio dei genitali, sia pure dei genitali di entrambi i sessi, tuttavia, non è ancora adeguato ad esprimere la natura esatta dell’organo-Partito. Contenere il tutto è una qualificazione necessaria ma non sufficiente, perché manca ancora il requisito della possibilità di una vita in una certa misura autonoma. Per definire la natura dell’organo-Partito occorre pertanto che ci lasciamo totalmente alle spalle la anatomia del corpo fisico e che ci addentriamo nel terreno della metafisica, disciplina di cui, secondo un’accusa ricorrente, saremmo dei fedeli adepti. Il Partito rappresenta infatti l’organo della classe operaia in quanto ne costituisce l’anima. Se apriamo i testi di Partito, infatti leggiamo: “Il proletariato non esiste se non quando è rivoluzionario, quando ha la sua anima, il suo programma, e oppone il suo Stato, cioè l’Essere umano, alla società borghese. Altrimenti si avvilisce e la sua anima è borghese, una cosa della società borghese; allora non ha più vita, perché la sua vita è la rivoluzione. […] La classe non agisce e quindi non esiste se non quando si costituisce in partito, che a sua volta si caratterizza mediante il programma (e questo ne è l’anima)” (3). E ancora, a maggior scorno dei “cerebrali”: “Allo scopo di assicurare nel movimento storico l’azione d’insieme della classe, occorre un organismo che la animi, la cementi, la preceda, la inquadri” ed in tale preciso senso noi possiamo dire “che il partito è in realtà il nucleo vitale, senza di cui tutta la rimanente massa non avrebbe più alcun motivo di essere considerata come un affasciamento di forze” (4). In effetti, se prendiamo il dizionario, troviamo che “anima” significa esattamente “principio vitale degli esseri viventi” (5) o “in generale, il principio della vita” (6). Il rapporto Partito-Classe non sopporta dunque di essere ridotto ad un biologismo individualistico. Proprio perché non è uno dei tanti organi della classe ma è l’organo della classe, proprio perché non ne è il cervello ma ne è l’anima, ossia lo spirito rivoluzionario (7) che informa il corpo fisico della classe operaia, il Partito può continuare a vivere anche fuori dal rapporto costante con le masse proletarie. Anzi, in determinate circostanze, in cui la classe operaia gravemente ripiega ed i suoi movimenti sono inquadrati dalla borghesia ed ispirati alle sue direttive politiche, il Partito deve, in una certa misura, isolarsi dalle masse intrappolate in quei moti per restare se stesso, ossia deve proclamare e difendere la propria estraneità ed opposizione a tali mobilitazioni, evitando di commettere l’errore rovinoso di mantenersi ad ogni costo in contatto con le masse (8) ed ammettendo come unica forma di contatto possibile e sensata dal punto di vista della rivoluzione quella volta a spingere con la parola e con l’esempio gli operai a disertare quelle mobilitazioni, come accade tutte le volte che gli operai agiscono non sul proprio terreno, per quanto in modo timido, esitante ed anche minimalista, ma sul terreno borghese (dalla lotta partigiana agli scioperi contro il terrorismo e per la difesa della democrazia). Altrove la Sinistra dice addirittura che il Partito, nelle situazioni di grave controrivoluzione, può sopravvivere anche in una pagina dimenticata. L’esempio che ci serve non va cercato quindi nella struttura biologica dell’individuo, ma in una in/formazione biologica (leggi: ciò che dà forma) che supera e trascende l’individuo, in un DNA in cui è codificato il programma di vita della Specie (leggi: il senso del cammino storico della classe) e che può sopravvivere per un certo periodo anche fuori dal corpo (leggi: fuori dal contatto con le masse operaie), anche in una provetta dimenticata (leggi: in una biblioteca). Come il DNA è il programma di vita della Specie, così il Partito Storico è il programma del Comunismo. Più in generale, se si vuole passare dalla metafisica, che parla di “anima”, alla fisica quantistica, che studia i “domini di coerenza” della materia (9), il Partito è l’in/formazione che la classe dovrà necessariamente e nuovamente incorporare per incominciare ad esistere, cioè per essere, per l’appunto, un insieme coerente e non un informe aggregato statistico di individui. E poiché dire informazione significa dire “memoria storica”, dato che la memoria altro non è che un insieme organico di informazioni tra loro collegate, ne deriva che il Partito Storico è quell’in/formazione, mentre il Partito Formale ne costituisce il vettore materiale, fisico, è il supporto ad essa adeguato, su cui quell’informazione deve necessariamente viaggiare per raggiungere il suo naturale destinatario. Il Partito Storico, insomma, si identifica con i testi in cui è codificata la nostra dottrina, il Partito Formale è invece l’organizzazione esistente qui ed ora e che raggruppa un certo numero di esseri umani, necessariamente ristretto, che in quella dottrina si riconoscono e nel cui solco intendono operare. Il Partito Storico, pertanto, non è l’organizzazione esistente nell’atto in cui si dedica al lavoro teorico, e il Partito Formale non è quell’organizzazione nell’atto in cui si dedica al lavoro pratico e cerca di collegarsi con la classe operaia attraverso la partecipazione attiva a tutte le sue lotte. Il lavoro teorico e il lavoro pratico sono i due aspetti, fondamentali ed indispensabili entrambi, della vita quotidiana del Partito Formale. Il Partito Storico non è l’attività di fondazione o di ribadimento o di difesa della dottrina, ma è il risultato di quell’attività, ed insieme anche dell’attività pratica che gli organismi formali via via svolgono, la quale, se non è, come non intende essere, un’attività acefala e slegata dalla dottrina, si traduce necessariamente in bilanci dinamici che, a loro volta, necessariamente si riverberano nell’attività teorica. E’ insomma la cristallizzazione in testi scritti dell’esperienza storica teorica e pratica della classe operaia mondiale. E’ quindi profondamente falso, presuntuoso e idealistico affermare che noi siamo il Partito Storico che tende a farsi Partito Formale, quasi che noi potessimo ammettere uno Spirito che si fa Carne, un’Idea assoluta che, hegelianamente, si realizza. Quasi che noi potessimo concepire dei testi che camminino da sé verso il proletariato piuttosto che verso i sindacati o i partiti. Oppure che la dottrina tenda per virtù propria a trasformarsi e a tradursi in un’organizzazione politica ed a radicarsi in tal modo nella classe. Quell’affermazione, riferita all’organismo politico oggi esistente, dice insieme troppo e troppo poco: troppo perché fa assurgere quattro gatti all’altezza stratosferica della Dottrina, troppo poco perché –ammesso lo sforzo dei suddetti quattro gatti di sollevarsi a quell’altezza- toglie poi loro l’unica qualificazione che ne può e ne deve derivare, che è quella di essere, per l’appunto, il Partito Formale e non un informe nucleo o un malformato embrione tendente al Partito Formale. Il Partito Storico esiste e risplende come corpo di gloria indipendentemente da noi, fortunatamente. Vive nei testi in cui è condensata la dottrina, non lotta né si muove per tradursi in Partito Formale. Noi non potremo mai essere al contempo Partito Storico e Partito Formale, possiamo essere solo ed esclusivamente il Partito Formale, e lo siamo all’unica condizione di resistere sulle linee dorsali del Partito Storico.
1 “I fattori di razza e nazione nella teoria marxista”, Ed. Iskra, pag. 23.
2 Che l’Alchimia sia una magnifica anticipazione del materialismo dialettico la Sinistra lo dice infatti tra le righe, ma in maniera inequivocabile: “ben aveva detto l’alchimista di mille anni fa corpora non agunt nisi soluta, i corpi sono attivi solo in soluzione, e la scienza è sempre alla fine vecchia e nuova” (“Struttura economica e sociale della Russia d’oggi”, Ed. Contra pag. 322). Il che significa: a) che l’alchimia è scienza; b) che la nuova scienza (materialismo dialettico) è anche vecchia in quanto incorpora gli elementi essenziali di quella antica (alchimia), la quale, a sua volta, in tanto era anche nuova in quanto aveva saputo anticipare l’avvenire. E’ un sonoro ceffone ai presuntuosi epigoni che hanno avuto l’impudenza di addebitarci il reato di “esoterismo”.
3 “Origine e funzione della forma partito”, il programma comunista, n° 13, 1961.
4 “Partito e classe”.
5 Dizionario Medico UTET.
6 L’Enciclopedia UTET.
7 “Spartaco lo ha detto poco prima di morire: «La vittoria sarà nostra perché Spartacus significa fuoco e spirito, anima e cuore, violenta azione della Rivoluzione proletaria. Spartacus significa tutte le miserie, tutto il desiderio di felicita dei proletariato Significa il socialismo, la rivoluzione mondiale»” (“Nella rossa luce del sacrificio”, «Il Soviet», N.6, 26.1.1919).
8 “Per quanto riguarda la tattica, cioè l’azione del partito in rapporto con le situazioni, riteniamo che le formulazioni presentate dalla centrale del partito siano molto pericolose. Ad esempio ora si dice che il partito deve rimanere «in qualunque situazione» in contatto con le masse per esercitare un’influenza predominante su di esse. Questa non è più nemmeno una tesi di Lenin. Lenin formulò la tesi della conquista della maggioranza in un periodo che era considerato come precedente una lotta per la conquista del potere. Lenin oppose questa tesi alla tesi della «offensiva» cioè alla tesi secondo la quale sarebbe possibile al partito comunista di lottare per la conquista del potere anche senza avere sotto il suo controllo una parte decisiva delle masse. Noi accettiamo la tesi di Lenin come egli l’ha formulata, cioè per il periodo che precede la conquista del potere, ma respingiamo l’estensione di essa che ora si vorrebbe fare e consideriamo anzi questa estensione come un passo verso l’opportunismo. Essa contraddice del resto anche alla storia del bolscevismo. Questa storia ha mostrato che vi sono dei periodi in cui è meglio essere pochi che molti” (“Intervento della Sinistra alla Commissione politica per il Congresso di Lione”, in “Critica marxista”, settembre-dicembre 1963, pp. 308-313 e in A. Bordiga, “Scritti scelti”, Feltrinelli, pag. 186.
9 Vedi in proposito il volume di P. Spaggiari e C. Trebbia, “Medicina quantistica”, Ed. Tecniche Nuove, 2002, cui rimandiamo non per gusto di erudizione ma perché i concetti ivi esposti rappresentano una vittoria del materialismo dialettico, e quindi ci interessano direttamente.
Postilla. ‘Il partito umano’
Introduzione
l’articolo che ci accingiamo a pubblicare è in fondo una raccolta di ampie citazioni tratte da ‘Dialogato coi morti’, ‘Relazioni sulla conoscenza‘ e infine i ’31 punti’.
Lo scopo di tale raccolta di citazioni risiede in un impegno di chiarimento verso i compagni e i lettori. Cosa intendiamo dire quando scriviamo di partito di specie, o di partito inteso come anticipazione/prefigurazione della conoscenza e dei rapporti sociali comunisti?
Ovviamente non inventiamo nulla, essendo questi concetti già contenuti nella teoria/conoscenza invariante marxista.
Il partito è il centro attivo, l’anima e il cuore, il nucleo vitale del processo storico di disalienazione/ reintegrazione dell’uomo in se stesso, in quanto ente onnilaterale.
Non una vecchia carcassa da rottamare, non un semplice organo di lotta, non un organizzazione di rivoluzionari che si manifesta spontaneamente nei periodi di intenso scontro di classe. Il partito è invece altro. Esso è un lanciatore di ponti fra presente capitalista alienato e passato comunista disalienato. Esso è il soggetto attivo di una conoscenza disalienata, per quanto approssimativa. Esso è soggetto attivo di decisioni, che possono condizionare gli eventi storici, e quindi non è solo il prodotto delle circostanze storiche. Queste affermazioni non vanno fraintese, o presentate da parte dei probabili critici, come vuote formule pappagallesche. Le affermazioni suddette hanno un fondamento sociale, sono radicate nella concretezza dei processi storici. Il partito storico/formale è radicato nella vita sociale.
La base sociale del partito è un avanguardia operaia, che in quanto possessore di nulla, e in quanto in lotta continua contro il sistema, si collega parzialmente al tipo di agire e pensiero delle antiche società comuniste (1).
Come espressione teorico-pratica di questa minuscola frazione umana che lotta per il bene comune, il partito è necessariamente un programma vitale di specie, la sua anima: e dunque è l’anticipazione e prefigurazione del probabile futuro di specie comunista, e insieme il ponte di collegamento con il passato comunista della specie. E’ il partito umano per eccellenza. (2)
Le citazioni riportate a esemplificazione e argomentazione analitica delle ‘formule’ sono tratte da alcuni testi ‘canonici’, i quali esprimono non dogmi o verità di fede, ma realismo e lucidità marxista, aderenza e massima approssimazione conoscitiva alla realtà di fatto.
Il partito umano
Innanzitutto riportiamo una citazione di Lenin e il successivo commento di Bordiga:
«La classe operaia… nella sua lotta in tutto il mondo… necessita di un’autorità … nella misura in cui il giovane operaio necessita della esperienza dei combattenti più anziani contro l’oppressione e lo sfruttamento… dei combattenti che hanno preso parte a molti scioperi e a diverse rivoluzioni, che hanno acquistato saggezza per le tradizioni rivoluzionarie ed hanno quindi un’ampia visione politica. L’autorità della lotta mondiale del proletariato è necessaria ai proletari di ogni paese… Il corpo collettivo degli operai di ogni paese che conducono direttamente la lotta sarà sempre la massima autorità su tutte le questioni».
Adesso riportiamo il commento di Bordiga:
”Il centro di questo passo sono i concetti di tempo e di spazio portati all’estensione massima; tradizione storica della lotta, e campo internazionale di essa. Noi aggiungiamo alla tradizione il futuro, il programma della lotta di domani. Come si convocherà da tutti i continenti e sopra tutti i tempi questo corpus leniniano, cui diamo il potere supremo nel partito? Esso è fatto di vivi di morti e di nascituri: questa nostra formula non l’abbiamo dunque «creata»: eccola nel marxismo, eccola in Lenin.
Chi ciancia ora di poteri e di autorità affidate a un capo, a un comitato direttivo, a una consultazione di contingenti corpi in contingenti territori? Ogni decisione sarà per noi buona se starà nelle linee di quella ampia e mondiale visione. Può coglierla un occhio solo, o milioni di occhi.
Questa teoria eressero Marx ed Engels, da quando spiegarono contro i libertari, in quale senso sono autoritari i processi delle rivoluzioni di classe, in cui l’individuo sparisce, come quantité negligeable, coi suoi capricci di autonomia, ma non si subordina a un capo, a un eroe, o a una gerarchia di passati istituti.
Altro che la storia fasulla e meschina degli ordini feroci e sinistri di Stalin, e della riverenza per lui, fattori che avrebbero costruito, a creder dei gonzi, decenni di storia!” ‘Dialogato coi morti’.
Ulteriori chiarimenti sono contenuti in ‘Dialogato coi morti’:
Senso del determinismo
”Per il determinismo conta nulla la coscienza e la volontà di un individuo: la sua azione è determinata dai suoi bisogni e dai suoi interessi, e poco importa come egli formuli la spinta che egli crede, a cose fatte, avere svegliata la sua volontà, di cui si accorge in ritardo. Questo vale per quelli in basso e in alto, miseri e ricchi, umili e potenti. Dunque non troviamo noi marxisti nulla nella persona, nelle persone; e nella «personalità», povera marionetta della storia, tanto meno. Più è nota, da più fili è tirata. Per il nostro grandioso gioco essa non è un pezzo, nemmeno una modesta pedina. Ma negli scacchi v’è il Re? Si, colla sola funzione di farsi fottere. Nella classe l’uniformità, il parallelismo di situazioni crea una forza storica, una causa di sviluppo storico. Ma l’azione precede egualmente la volontà, e più la coscienza di classe.
La classe assurge a soggetto di coscienza (di fini programmatici) quando si è formato il partito, e si è formata la dottrina. Nel cerchio più stretto che è il partito, come organo unitario, si comincia a trovare un soggetto di interpretazione del cammino storico, delle sue possibilità e strade. Non sempre, ma solo in certe rare situazioni dovute a pienezza dei contrasti nel mondo della base produttiva, nel soggetto «partito» ammettiamo, oltre alla scienza, anche la volontà, nel senso di una possibilità di scelta tra atti diversi, influente sul moto degli eventi. Per la prima volta la libertà, non dignità di persone, appare. La classe ha una guida nella storia in quanto i fattori materiali che la muovono si cristallizzano nel partito, in quanto questo possiede una teoria completa e continua, un’organizzazione a
sua volta universale e continua, che non si scomponga e componga ad ogni svolta con aggregazioni e scissioni; queste sono però la febbre, che
costituisce la reazione di un simile organismo alle sue crisi patologiche”.
‘Dialogato coi morti’
Infine il partito come anticipazione del comunismo, di nuovo una citazione dalle‘Relazioni sulla conoscenza’ 1960′.
Il pensiero alienato tramonta appena ci rifugiamo in altre forme di produzione, appena ci ritroviamo a vivere, per fare omaggio alla psicologia sociale, in una nuova cornice di riferimento socio/culturale. Tuttavia, la società comunista che dovrebbe essere la base reale per il salto conoscitivo verso nuove forme di pensiero, e la fine del “…misticismo del mondo delle merci, tutto l’incantesimo e la stregoneria che circondano di nebbia i prodotti del lavoro sulla base della produzione di merci”, secondo Bordiga è già anticipata nel partito storico , citiamo le sue parole ”…il comunismo è il risolto enigma della storia e si considera come tale soluzione. Ciò è estremamente importante. Perché, se il comunismo è il risolto enigma della storia, l’umanità, per avere dinanzi ai suoi occhi questi enigmi già risolti, dovrebbe aspettare di essere nel comunismo, nella società comunista. Ma la società comunista per noi esiste fin da ora, essa è anticipata nel partito storico che ne possiede al dottrina. Non la possiede in quel modo completo, in quel modo elaborato [ che sarà caratteristico della società futura ], la possiede in modo approssimato. Il partito comunista è il solo ente che può possederla e il solo che può definirsi soggetto della rivoluzione. Non può essere che la possieda la classe e tanto meno il sindacato. Non resta che il partito,quindi, [ a rappresentare il cammino cosciente della specie ]”.‘Relazioni sulla conoscenza’ 1960′.
Riassumiamo, il partito storico va inteso come anticipazione della società comunista, in quanto possessore della sua dottrina ( anche se in modo approssimato, a causa del suo vivere ancora all’interno della società borghese ). Il partito comunista non entra in relazione accidentale con la conoscenza non alienata, in cui gli enigmi della storia sono risolti, ma viceversa è il solo ente che può possederla e il solo che può definirsi soggetto della rivoluzione, rappresentando il cammino cosciente della specie umana. Il partito comunista è il solo ente che può gettare lo sguardo oltre i veli illusori della società borghese, poiché, utilizzando ancora le parole di Bordiga “ la società comunista per noi esiste fin da ora, essa è anticipata nel partito storico che ne possiede al dottrina”.
Adesso citiamo i 31 punti…in blu le citazioni dai testi della corrente
”Tra i compiti del Partito Comunista prima della rivoluzione, vediamo quindi che, ancora una volta, la Sinistra annovera: 1) l’elaborazione e la diffusione della teoria scientifica marxista, unico strumento per analizzare la dinamica della società esistente e per poter dire ai proletari le “cose giuste”; 2) l’assicurazione della continuità del movimento rivoluzionario proletario, che proprio stringendosi saldamente attorno alla riaffermazione di quelle “cose giuste”, “vecchie parole” e i “vecchi chiodi” della tradizione rivoluzionaria, sopravvive, si afferma e si tempra; 3) la preparazione dell’offensiva finale, che avviene sfruttando ogni spiraglio per proclamare e spiegare le “cose giuste” a quei proletari –necessariamente pochi- che sono interessati all’insieme delle nostre posizioni (propaganda), per proporle come obiettivo immediato a strati più ampi di proletari in lotta (agitazione) e infine, quando la temperatura sociale lo consente, per improntare ad esse l’azione della classe. L’offensiva finale non si prepara quindi affatto trasformando le “cose giuste” in una “vivente strategia”, ma semplicemente proclamandole, agitandole e infine trasformandole in azione”. 31 punti per la difesa della tradizione rivoluzionaria della sinistra.
”Le nostre tesi, in realtà, non stabiliscono affatto che il Partito è un organo della classe proletaria, ma che è l’organo della classe proletaria. Il Partito non può quindi essere identificato nel cervello di un organismo antropomorfo. Esso è infatti la parte che contiene il tutto, che contiene il senso del divenire della totalità della classe unitariamente intesa nello spazio-tempo. Il cervello, al contrario, non può assolutamente essere considerato come la parte che contiene il tutto, se non si vuole ricadere nel più piatto razionalismo ed ignorare il fatto, per noi basilare, che, parafrasando Pascal, “il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce”. …Il Partito rappresenta infatti l’organo della classe operaia in quanto ne costituisce l’anima. Se apriamo i testi di Partito, infatti leggiamo: “Il proletariato non esiste se non quando è rivoluzionario, quando ha la sua anima, il suo programma, e oppone il suo Stato, cioè l’Essere umano, alla società borghese. Altrimenti si avvilisce e la sua anima è borghese, una cosa della società borghese; allora non ha più vita, perché la sua vita è la rivoluzione. […] La classe non agisce e quindi non esiste se non quando si costituisce in partito, che a sua volta si caratterizza mediante il programma (e questo ne è l’anima)” … E ancora, a maggior scorno dei “cerebrali”: “Allo scopo di assicurare nel movimento storico l’azione d’insieme della classe, occorre un organismo che la animi, la cementi, la preceda, la inquadri” ed in tale preciso senso noi possiamo dire “che il partito è in realtà il nucleo vitale, senza di cui tutta la rimanente massa non avrebbe più alcun motivo di essere considerata come un affasciamento di forze” …. In effetti, se prendiamo il dizionario, troviamo che “anima” significa esattamente “principio vitale degli esseri viventi” … o “in generale, il principio della vita”…. Il rapporto Partito-Classe non sopporta dunque di essere ridotto ad un biologismo individualistico. Proprio perché non è uno dei tanti organi della classe ma è l’organo della classe, proprio perché non ne è il cervello ma ne è l’anima, ossia lo spirito rivoluzionario … che informa il corpo fisico della classe operaia, il Partito può continuare a vivere anche fuori dal rapporto costante con le masse proletarie. Anzi, in determinate circostanze, in cui la classe operaia gravemente ripiega ed i suoi movimenti sono inquadrati dalla borghesia ed ispirati alle sue direttive politiche, il Partito deve, in una certa misura, isolarsi dalle masse intrappolate in quei moti per restare se stesso, ossia deve proclamare e difendere la propria estraneità ed opposizione a tali mobilitazioni, evitando di commettere l’errore rovinoso di mantenersi ad ogni costo in contatto con le masse … ed ammettendo come unica forma di contatto possibile e sensata dal punto di vista della rivoluzione quella volta a spingere con la parola e con l’esempio gli operai a disertare quelle mobilitazioni, come accade tutte le volte che gli operai agiscono non sul proprio terreno, per quanto in modo timido, esitante ed anche minimalista, ma sul terreno borghese (dalla lotta partigiana agli scioperi contro il terrorismo e per la difesa della democrazia). Altrove la Sinistra dice addirittura che il Partito, nelle situazioni di grave controrivoluzione, può sopravvivere anche in una pagina dimenticata.
L’esempio che ci serve non va cercato quindi nella struttura biologica dell’individuo, ma in una in/formazione biologica (leggi: ciò che dà forma) che supera e trascende l’individuo, in un DNA in cui è codificato il programma di vita della Specie (leggi: il senso del cammino storico della classe) e che può sopravvivere per un certo periodo anche fuori dal corpo (leggi: fuori dal contatto con le masse operaie), anche in una provetta dimenticata (leggi: in una biblioteca). Come il DNA è il programma di vita della Specie, così il Partito Storico è il programma del Comunismo. Più in generale, se si vuole passare dalla metafisica, che parla di “anima”, alla fisica quantistica, che studia i “domini di coerenza” della materia … il Partito è l’in/formazione che la classe dovrà necessariamente e nuovamente incorporare per incominciare ad esistere, cioè per essere, per l’appunto, un insieme coerente e non un informe aggregato statistico di individui. E poiché dire informazione significa dire “memoria storica”, dato che la memoria altro non è che un insieme organico di informazioni tra loro collegate, ne deriva che il Partito Storico è quell’in/formazione, mentre il Partito Formale ne costituisce il vettore materiale, fisico, è il supporto ad essa adeguato, su cui quell’informazione deve necessariamente viaggiare per raggiungere il suo naturale destinatario. Il Partito Storico, insomma, si identifica con i testi in cui è codificata la nostra dottrina, il Partito Formale è invece l’organizzazione esistente qui ed ora e che raggruppa un certo numero di esseri umani, necessariamente ristretto, che in quella dottrina si riconoscono e nel cui solco intendono operare… Il Partito Storico esiste e risplende come corpo di gloria indipendentemente da noi, fortunatamente. Vive nei testi in cui è condensata la dottrina, non lotta né si muove per tradursi in Partito Formale. Noi non potremo mai essere al contempo Partito Storico e Partito Formale, possiamo essere solo ed esclusivamente il Partito Formale, e lo siamo all’unica condizione di resistere sulle linee dorsali del Partito Storico. 31 punti per la difesa della tradizione rivoluzionaria della sinistra.
La tradizione rivoluzionaria va preservata, e i 31 punti sono una summa magistrale costruita in questa direzione.
Dunque se ”Il Partito Storico esiste e risplende come corpo di gloria indipendentemente da noi, fortunatamente”, allora quale senso hanno le interminabili diatribe in merito a quale gruppetto ha maggiori o minori attestati per definirsi il partito?
Per quanto ci riguarda: ”Noi non potremo mai essere al contempo Partito Storico e Partito Formale, possiamo essere solo ed esclusivamente il Partito Formale, e lo siamo all’unica condizione di resistere sulle linee dorsali del Partito Storico”.
Ma resistere sulle dorsali del partito storico significa sapersi ricollegare ai ”testi in cui è codificata la nostra dottrina”. Utilizzarli e attualizzarli come bussole per comprendere le tendenze di sviluppo del nostro tempo, e quindi non trattarli come vuoti feticci o formulari. Riducendo i testi a feticcio e prestando ad essi un ossequio formale, coloro che rivendicano l’esclusiva del partito, in realtà mirano spesso solo a coprire analisi politiche e linee di azione lontanissime da quei testi, errate, cioè in definitiva estranee e antitetiche al contenuto/informazione del partito storico.
(1). La teoria marxista è l’espressione di una conoscenza derivata dalla lotta del proletariato contro un certo sistema sociale. Nel corso della lotta il proletariato (la sua avanguardia) ha appreso certe cose sulla natura del suo nemico di classe. Queste cose potevano essere svelate solo costringendo l’avversario a rendersi visibile nel corso di uno scontro pratico, così come avvenuto nella metà del 1800. Azione e conoscenza sono in effetti interdipendenti. L’azione pone le basi per una esperienza conoscitiva, che a sua volta funge da insegnamento per successive azioni legate a circostanze similari. Dunque il marxismo si collega ad una classe di uomini che non possiede nulla, alienata dai mezzi di produzione e dal prodotto del proprio lavoro. Questo aspetto presenta somiglianze e dissonanze con la condizione degli uomini del comunismo primitivo, che ugualmente non possedevano individualmente i mezzi di produzione e i prodotti del lavoro. Tuttavia, a differenza del proletario alienato, essi li usavano e ne godevano in quanto gruppo sociale comunitario. Questa caratteristica materiale di assonanza /dissonanza fra il proletariato e l’umanità comunista delle origini consente al marxismo di collegarsi (ponte di conoscenza) alle forme di pensiero delle società aclassiste. Il proletariato dunque è la base sociale della teoria invariante, che tuttavia non è solo una sociologia economica del capitalismo (con le sue leggi scientifiche) , ma anche una concezione della totalità dell’essere come intero dialettico (direttamente derivata dalla filosofia tedesca, sociologia francese, ed economia politica inglese, è vero, ma anche e soprattutto dal ponte di conoscenza lanciato dal conflitto di classe rivoluzionario, nella ‘mezzeria’ del 1800, con la concezione della realtà delle società comuniste delle origini). Sono le epoche e i periodi rivoluzionari, infatti, come ben ricordato nel ciclo di relazioni sulla conoscenza degli anni 60, che permettono alla conoscenza di progredire, e di lanciare ponti con il passato. La borghesia, invece, non può che produrre una scienza drogata, ideologicamente legata ai propri interessi di classe sociale proprietaria dei mezzi di produzione (in termini recenti soprattutto dal controllo di questi mezzi). Il percorso conoscitivo del partito comunista si fonda sull’azione e sul pensiero di una classe che non possiede nulla, e quindi può, almeno potenzialmente, vedere la realtà senza la lente distorsiva dell’attaccamento morboso alla roba, cioè ad una condizione di privilegio e di arroccamento, e quindi di separazione dal resto della società umana. Citazione tratta dal testo ‘Conoscenza’, presente sul sito.
(2). Lo storico delle tradizioni popolari e delle religioni, Georges Dumezil, nel testo ‘Le sorti del guerriero’ descrive, all’interno della tradizionale tripartizione delle funzioni sociali (sacerdotale, guerriera, produttrice) delle primitive comunità di lingua indoeuropea, il costante senso di pericolo che segnava la vita del guerriero. Una vita fatta di rischi mortali e di aspre rinunce alle comode sicurezze dell’esistenza, tipiche del resto della comunità. Eppure, come già evidenziato dagli studi archeologici sulle ultime società comuniste ‘storiche'(Mohenio Daro e Harappa), le necessità difensive hanno sempre imposto alti tributi personali ai difensori del bene comune (così come oggi impongono alti costi personali alle avanguardie operaie che lottano contro il regime di fabbrica capitalista).
Nel mondo contemporaneo il concetto di comunità sociale è di rara e difficile tracciabilità, anche se in qualche ricerca antropologica si applica ancora alle tribù amazzoniche o australiane il termine ‘comunità’, e si rinviene nella loro struttura sociale lo schema della tripartizione funzionale dei compiti.
Se riuscissimo a fare la cronaca di tutto quello che accade sui luoghi di lavoro della odierna società capitalistica, probabilmente avremmo bisogno di un numero di pagine ben superiore a quello impiegato da Dante per scrivere l’Inferno. E in effetti proprio di inferno parliamo, riferendoci alla condizione dei lavoratori dipendenti, all’interno delle moderne ‘galere aziendali del capitale’.‘‘Una macchina statale di proporzioni e di capacità repressiva inaudite tiene incatenate le masse allo sfruttamento, peggio che alla ruota il corpo del suppliziato. La confusione caotica e le sofferenze delle masse sono tali e tante che la classe operaia è trasformata in un troncone sanguinante che si dimena incoscientemente: il suo cervello è oscurato e intossicato, la sua sensibilità narcotizzata, gli occhi non vedono, le mani torcono sé stesse. Al posto della lotta di classe, c’è il raccapricciante strazio della lotta intestina, propria dei naufraghi sulla zattera in balìa delle onde. Nelle fabbriche, e non è cosa nuova nella storia, impera lo spionaggio, la delazione, il rancore, la vendetta meschina e farabutta, l’opportunismo più stolido e bestiale, la prepotenza, il sopruso nevrastenico, ma nelle masse, oppresse dalle conseguenze di trentanni di tremende sconfitte, non esiste nemmeno la forza di provare autentica nausea, perché questa si esprime nelle esalazioni miasmatiche dell’aziendismo, del corporativismo e, sul piano politico, del conciliazionismo sociale e del pacifismo imbelle’‘. Tratto da ”Dizionarietto dei chiodi revisionistici: Attivismo”.
L’avanguardia sociale operaia che rifiuta di piegare la schiena di fronte al regime di dispotismo e parassitismo capitalista, subisce a volte l’ostilità e l’ingratitudine dei propri colleghi (succubi e rassegnati alla propria condizione servile) e le rappresaglie della direzione d’impresa (ansiosa di punire ogni segnale di insubordinazione in modo esemplare).
Eppure, nonostante tutto, questa avanguardia sociale operaia, e le forze marxiste che ne incarnano la sublimazione politica, continuano a combattere il regime capitalista dentro e fuori la fabbrica, in nome del bene comune, proprio come migliaia di anni addietro hanno fatto i guerrieri comunisti di Mohenio Daro e Harappa. Citazione da ‘Tracce di conflitto sociale nel regime di fabbrica contemporaneo’.