Il film horror del capitalismo (note aggiuntive)

 

 

Nota redazionale: scritto un paio di anni fa, questo articolo descrive il quotidiano inferno riservato all’enorme numero di vittime sociali del vigente sistema di sfruttamento.

Cibo scadente, assenza di cure mediche, allungamento dell’età pensionabile, precariato diffuso. Il capitalismo, confermando ad ogni passo la legge della miseria crescente, riserva a enormi fette di popolazione un destino di privazioni e sofferenze. Eppure sembra che le vittime sociali del demente meccanismo capitalistico non abbiano neppure la forza di elaborare un pensiero critico, o un abbozzo di resistenza verso la realtà che li opprime. Dopo le sconfitte subite con la controrivoluzione stalinista in Russia, e con il nazismo, fascismo, franchismo, salazarismo, guardia di ferro, e simili nel resto d’Europa, con l’aggiunta attuale dei succedanei regimi politici demofascisti, una parte maggioritaria del proletariato è prostrata e incapace di difendere anche i suoi più elementari interessi immediati. Come esempio vale la vicenda della riforma delle pensioni, passata senza proteste di rilievo nel dicembre 2011, oppure il jobs act e la riforma della scuola, somministrate dai governi a guida PD a platee sociali sostanzialmente rassegnate al peggio. Vorremmo quasi abbozzare un paragone fra la sostanziale inerzia delle vittime sociali, di fronte alle stangate infertegli dal sistema, e il sentimento del naufragio, tipico della corrente artistica e filosofica dell’esistenzialismo. D’altronde, quando il proletariato, o meglio una sua avanguardia si è mossa e ha lottato per i propri interessi immediati, come accaduto due anni addietro in Francia, allora l’apparato statale da una parte, e le dirigenze politico-sindacali dall’altra parte, si sono regolarmente attivate per disinnescare la minaccia. Ovviamente questo disinnesco non sarebbe di facile realizzazione di fronte ad una ripresa su vasta scala del conflitto di classe. Eppure senza una nuova stagione di lotte sociali, produttrice di nuovi organismi sindacali, o della famosa pedata nel sedere alle dirigenze opportuniste degli organismi esistenti, non potrà neppure porsi la questione della guida del movimento da parte del partito. Come abbiamo appena riletto nei punti nove e dieci dei trentuno punti, la teoria invariante marxista, alias il partito storico, esiste sempre, indipendentemente dalle situazioni contingenti di arretramento della lotta. Il compito dei necessariamente pochi militanti che agiscono dentro il partito formale, è quello di resistere sulla dorsale del partito storico, ovvero della conoscenza conquistata con le precedenti lotte di classe. Questa conoscenza è il presupposto da cui derivano i principi guida del programma comunista. Rimettere in discussione quei principi tattici e strategici, significa buttare alle ortiche la teoria nata nel corso della storia. Rifiutando le lezioni della storia, in quanto maestra di vita, ci si incammina verso cocenti delusioni.

Proprio come accadde ai profeti del nuovo corso, e come accade tuttora agli impenitenti e sprovveduti esaltatori dei movimenti del ceto medio, del sindacatino di classe, dell’attualità delle questioni nazionali, del comunismo già esistente dentro il regime di fabbrica, dell’indebolimento degli stati, della scienza borghese, dell’imperialismo unico egemone, del capitale autonomo dagli stati, e via fantasticando. Questo si chiama prendere lucciole per lanterne. Un piccolo pensiero è d’obbligo dedicarlo agli scientisti, per puntualizzare ancora una volta (leggasi Origine e funzione) che il marxismo ingloba in sé i metodi di ricerca della scienza moderna sperimentale, tuttavia esso comprende tutta la conoscenza umana millenaria, quindi è riduttivo e sbagliato ritenere che scienza contemporanea e marxismo coincidano. Invece la critica marxista svela il rapporto funzionale fra scienza, tecnologia e complesso militare-industriale. Dunque un conto è l’impiego delle metodologie di ricerca della scienza moderna, un altro conto è l’accettazione acritica delle scoperte scientifiche funzionali al sistema. Chi si muove sul secondo piano non riesce ancora a capire che la ricerca è prevalentemente orientata, e finanziata, dal sistema e quindi il suo scopo non può essere che la conservazione dello stesso. In quanto tale la scienza moderna è borghese, dunque non è concepibile in nessun modo ipotizzare capitolazioni di essa al marxismo. Chi sostiene tali ipotesi è in grave errore, in definitiva è egli che ha capitolato di fronte al pensiero dominante. Le singole ‘scoperte’ scientifiche, anche quelle più teoriche e lontane dalla conversione immediata in applicazioni tecnologiche per l’apparato capitalistico, in realtà diventano nel tempo elementi funzionali al sistema. Basti pensare alle scoperte della fisica moderna, che sono state convertite in centrali nucleari e bombe atomiche, oppure alle scoperte di Tesla e al loro collegamento con l’attuale tecnologia delle comunicazioni wireless tipica degli smartphone. Se leggiamo bene le relazioni sulla conoscenza tenute da Bordiga nel 1960, dovremo inevitabilmente constatare che la ”scienza’ della società comunista, passata o futura, è innanzitutto definita per il suo essere non dualistica, essa si caratterizza per il superamento dei dualismi tipici delle società divise in classi (pensiero e materia, soggetto conoscente e oggetto conosciuto, individuo e società, anima e corpo…). La scienza borghese, sebbene negli ambiti più sofisticati e astratti della fisica teorica contenga delle conferme (teoriche e sperimentali) della millenaria conoscenza di specie ( come riconosciuto nell’articolo in memoria di Einstein), è tuttavia sempre un sistema di ricerca essenzialmente al servizio dell’apparato capitalistico (apparato=simbiosi di struttura e sovrastruttura). Sia Engels che Lenin, in buona compagnia della nostra corrente, hanno correttamente descritto la scienza come ricerca tendente al vero, non come determinismo assoluto o verità assoluta. La ricerca scientifica poggiandosi su precedenti scoperte, sperimentalmente verificate, tenta di fare luce su aspetti ancora sconosciuti della realtà. Secondo Engels, tuttavia, l’uomo non potrà mai numerare l’innumerevole. Questo significa che la scienza è ricerca tendente al vero, non onniscienza. Il marxismo, come conoscenza delle leggi economicosociali del capitalismo, non è verità assoluta sui generis, ma conoscenza invariante di un organismo economicosociale invariante nei suoi tratti essenziali. Approssimazione conoscitiva avanzata, non dogma di fede.

Prevediamo che le pacate e sensate riflessioni che offriamo spesso agli scientisti, ma anche ai sindacato-classisti, ai movimentisti e ai collassisti-fatalisti saranno del tutto ignorate, ma va bene lo stesso, forse sarà la vita a insegnare qualcosa a chi, con i suoi errori teorici, ci permette utilmente di misurare la forza di condizionamento della ideologia dominante.

 

 

 

Anno 2017: giovani condannati dal sistema a lavori precari, sottopagati, sfruttati. Vecchi obbligati a lavorare oltre i limiti fisiologici, esausti, logorati, sfruttati. Eppure poco si muove sul piano della opposizione sociale e politica  contro la degradazione progressiva riservata dal sistema ai propri schiavi. Anno 2017: powerslave, schiavo del potere, la condizione in cui vive la maggioranza degli umani. Schiava di un potere incarnato nel monopolio dei mezzi di produzione da parte di una classe sociale parassitaria, una classe che pur di preservare il proprio privilegio condanna il resto degli uomini alla degradazione. Capitalismo 2017: un film horror fatto di catastrofi ambientali e di catastrofi sociali, dove la crescita della disoccupazione e quindi della miseria, condanna miliardi di esseri umani a forme di esistenza ai limiti della sopravvivenza biologica e dell’abbrutimento. Un sistema tuttavia funzionale ad una minoranza di privilegiati, che grazie al monopolio esclusivo dei mezzi di produzione, di comunicazione, e degli apparati statali, trae un effimero vantaggio dal degrado del resto della specie umana (in una gara spietata di parassitismo fra apparati di potenza statali borghesi, continuamente lanciati nella corsa al controllo di risorse energetiche e masse proletarie da schiavizzare). Il capitalismo sintetizza nella sua esistenza l’anti-vita allo stato puro, la demenza della produzione finalizzata al profitto ad ogni costo, una   industria che produce montagne di merci inutili (mentre una parte della specie umana crepa di fame e di malattie), minacciando infine lo stesso ecosistema fondamentale alla vita. Alcune persone dotate di buon senso riconoscono la veridicità di queste considerazioni, tuttavia la quotidianità delle moltitudini è vissuta nella prigione delle preoccupazioni immediate (soprattutto come sbarcare il lunario), e di conseguenza (molto spesso) prevale l’incapacità di concepire la rimozione della causa di fondo di quelle preoccupazioni (il capitalismo), e la difficoltà di lottare per il suo superamento. In una recente intervista un lavoratore descrive la sua condizione di vita (ovviamente comune a centinaia di milioni di proletari). Una condizione fatta di ristrettezze e privazioni, estese fino ai limiti della pura sopravvivenza biologica.

Il reddito conseguito consente appena la copertura delle spese essenziali, costringendo questo lavoratore e altre moltitudini di sventurati a mangiare cibo scadente, rinunciare alle cure mediche, privarsi del riscaldamento, vivere con meno del minimo indispensabile. Infine questa condizione di miseria (diffusa) semplicemente riduce il tempo medio di vita, causando la morte anticipata di centinaia di milioni di esseri umani.
I nuovi associati alla condizione di povertà (proletarizzazione e miseria crescente incalzanti) cercano di risparmiare, privandosi di servizi o di mezzi precedentemente disponibili. L’autovettura, le vacanze, i viaggi, una cena in pizzeria, abiti e scarpe nuovi, teatro e cinema, servizi vari. Il cibo viene comprato dove costa di meno, oppure si approfitta delle offerte di sconto sugli articoli con una scadenza ravvicinata. Mentre una parte della società fa sfoggio di ricchezza e conduce osceni stili di vita edonistici, cresce la sovrappopolazione di riserva e la miseria di massa. L’ottundimento collettivo su queste dinamiche socio-economiche è ottenuto con lo sciocchezzaio quotidiano del circo massmediatico. Un variegato catalogo di armi di distrazione di massa, che non è il caso ora di elencare. Le attuali paghe da fame di molti giovani lavoratori (apprendisti, stagisti, lavoratori a progetto) implicano semplicemente la conseguenza di una vita in cui questi sventurati vanno a lavorare, mangiano del cibo scadente, dormono, infine recuperano con fatica le energie per tornare a farsi sfruttare, ancora un altro giorno, nelle galere aziendali del capitale. Il reddito percepito non consente loro di spendere nulla per eventuali hobby, cultura, svaghi. Il lavoratore, alla fine dell’intervista, afferma che nella condizione di miseria si prova la sensazione di essere come in stato vegetativo, percettori di un reddito in grado a stento di farci mangiare e pagare qualche spesa essenziale. Una condizione da film horror, cui molti si abituano come ci si può abituare a un quotidiano veleno che accorcia la vita di chi lo ingerisce. Per ora senza la speranza di un cambiamento, senza un guizzo di ribellione, proprio come animali condotti al macello. 

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