Punto n.17: il ruolo storico della quarta internazionale

Nota redazionale: il punto 17 contiene le linee essenziali della critica di ieri, di oggi, e prevedibilmente di domani ai maggiori errori teorici e politici di trotsky e dei suoi epigoni: fronti unici, sostegno alle parole d’ordine democratiche, ripudio della dittatura del Partito comunista… in nome di una fantomatica “democrazia proletaria”, teoria dello “stato operaio degenerato”, difesa dell’URSS, creazione di una IV Internazionale a freddo e con materiali eterogenei”.

La critica è supportata da citazioni puntuali tratte dai testi della corrente, dunque tale critica non è altro che una copia, ovviamente in senso positivo, del corpus teorico preesistente. Questo è chiaro a tutti, tranne a qualcuno che crede di ritrovare nel punto 17 dei nostri errori di lettura e di interpretazione dei fatti storici: può anche darsi, visto che non abbiamo mai pensato di possedere l’onniscienza (e soprattutto non abbiamo mai pensato che la scienza sia sinonimo di verità assoluta), ma allora perché non estendere la denuncia dei nostri errori anche alle fonti testuali da cui abbiamo tratto i contenuti della critica, dunque perché non dire apertamente che Bordiga e la corrente, autori delle citazioni da noi riportate, avevano sbagliato? Ma questo sarebbe un po troppo, o forse non è ancora giunto il momento…magari in un prossimo futuro.

Punto n°17: il ruolo storico della Quarta Internazionale

LA LINEA DEL PARTITO STORICO NON PASSA ATTRAVERSO L’ESPERIENZA FALLIMENTARE DELLA IV INTERNAZIONALE.

L’opera di restaurazione teorica del marxismo fu condotta dalla Sinistra non solo contro le proposizioni dei suoi epigoni, ma anche contro le seguenti posizioni politiche di Trotsky: fronti unici, sostegno alle parole d’ordine democratiche, ripudio della dittatura del Partito comunista, che pure in precedenza aveva rivendicato in quanto nocciolo della dittatura del proletariato (1), in nome di una fantomatica “democrazia proletaria”, teoria dello “stato operaio degenerato”, difesa dell’URSS, creazione di una IV Internazionale a freddo e con materiali eterogenei. Tale opera fu condotta inoltre contro tutti i suoi seguaci, che le portarono alle loro estreme conseguenze. Sostenere il contrario significa travisare la realtà storica e rinnegare l’opera della Sinistra. Fu proprio la Sinistra, infatti, ad opporsi nel modo più netto ai tentativi di fusione dei partiti comunisti coi partiti socialisti perseguiti anzitutto da Trotsky negli anni ’20 dopo i falliti tentativi rivoluzionari in Ungheria (1919), in Germania (1919, 1920, 1921) e in Italia (1919, 1920, 1921) e dopo la sconfitta dell’Armata Rossa alle porte di Varsavia (luglio 1920) (2). Contro la “difesa dell’URSS” preconizzata da Trotsky negli anni ’30 la nostra corrente si contrappose poi con la massima energia: “noi pensiamo che, in caso di guerra, il proletariato di tutti i paesi, compreso la Russia, avrebbe il dovere di concentrarsi in vista della trasformazione della guerra imperialista in guerra civile. La partecipazione dell’URSS ad una guerra di rapina non cambierebbe il carattere essenziale della guerra e lo Stato proletario non potrebbe che affondare sotto i colpi delle contraddizioni sociali che una tale partecipazione porterebbe” (3). Ma veniamo agli epigoni di Trotsky. Ciò che rimproveriamo loro è il fatto di aver “spinto fino in fondo gli errori di Trotsky, al punto di rinnegare la tradizione vivente del Trotsky di Terrorismo e comunismo e della fondazione dell’Internazionale Comunista” ( 4). “Più si seguono le evoluzioni tattiche del trotzkismo, più ci si accorge della estrema fragilità dei motivi che lo differenziano dallo stalinismo” di cui è il “presunto ma fittizio rivale” (5). “È perciò una logica storica ferrea quella che, al termine di violenti contrasti, porta regolarmente il trotzkismo a riaffiancarsi alle formazioni più tipicamente reazionarie del riformismo e a regger la coda ai fronti popolari o alla guerra” ( 6). Nell’articolo sopra citato si prendeva spunto dalla questione nazionale per mostrare come tutte le varianti del trotzkismo fossero agli antipodi del marxismo rivoluzionario. Tale era il risultato inevitabile del fatto di appoggiare la rivendicazione dell’autodecisione non solo nei paesi coloniali e semi-coloniali, ma anche nei “paesi ad alto sviluppo industriale che la seconda guerra imperialistica ha sottoposto al controllo ferreo e allo sfruttamento integrale delle grandi potenze vincitrici”, come ad esempio il Giappone, posizione deforme sostenuta all’epoca dalla IV Internazionale, che nel suo «Messaggio» ai Lavoratori Giapponesi preconizzava la “«richiesta» del «ritiro delle truppe di occupazione e del diritto del popolo a disporre di se stesso»” (7). Ma non erano da meno i “dissidenti” di Shachtman negli Stati Uniti, che a proposito del “Piano Marshall” sostenevano doversi “accettare gli aiuti all’Europa, ma esigere che non diventino un’arma per lo assoggettamento del Vecchio Mondo all’imperialismo del Nuovo. In altre parole, chiedere all’imperialismo che faccia della beneficenza, protestare anzi perché ne fa troppo poca, meno di quella che potrebbe fare, e pretendere che gli aiuti concessi siano dati senza contropartita, per cristiana pietà, e non creino vincoli di dipendenza per chi li riceve (per questi marxisti, si può essere debitori e indipendenti, schiavi e liberi!)” (8). Posto che tali erano cinquant’anni or sono le posizioni dei trotzkisti ufficiali e non, ci chiediamo se nel 2003 vi è qualche corrente o frazione trotskista che abbia compiuto quel cammino a ritroso necessario a ritrovare la bussola marxista. Noi non ne siamo a conoscenza.

1 L. Trotsky, “Terrorismo e comunismo”.

2 “1922. Si vuole dal partito italiano, che al Congresso di Roma ha stabilito in organiche tesi il suo indirizzo (sola opposizione a destra: Tasca e Graziadei; nell’organizzazione inapprezzabile), che non solo cambi idea sulla tattica generale e accetti il fronte unico e il governo operaio, ma che faccia la fusione con l’ala sinistra staccatasi dal partito socialista: il piccolo gruppo dei “terzini” con Serrati, Maffi, Lazzari, Riboldi. La maggioranza del partito non vuole. Al Congresso di Mosca del novembre (subito dopo la vittoria fascista) viene fatto un primo serio lavoro per “sgranare” la Sinistra, con i primi risultati. Ma, come qualcuno ha ricordato (zoppo nelle meningi), Lenin era malato. Chi fece il pezzo di lavoro? Trotzky! Alla data 1922 era ortodosso e non alla opposizione in Russia o nel Comintern. Lui, Zinoviev e Bucharin catechizzano i delegati italiani uno per uno, varii ne guadagnano, mentre la maggioranza vota contro la fusione, pure accettando per disciplina. Importano i nomi dei mollatori d’ormeggio? Antesignano della marcia al rinculo fu indubbiamente Togliatti: la storia ne fa il fondatore del partito, mentre fondò solo il deviazionismo. Cede Gennari, cede Terracini, cede Scocci: l’eloquenza di Leone Trotzky, nella commissione italiana e nei colloqui,è calda e trascinante: egli prende di petto i sinistri. Dovete, egli grida, dopo aver dato il vostro contributo critico al dibattito, votare nel plenum per la fusione cui siete contrari, altrimenti ne danneggerete lo sviluppo e romperete la disciplina comunista che vuole voto unanime. Togliatti e gli altri, da allora, fanno di questa formula sangue del loro sangue e plaudono vigorosamente. I delegati, tra cui in prevalenza quelli operai, stanno con l’Esecutivo italiano: staremo nel comitato di fusione, la eseguiremo in Italia, ma votiamo contro nel congresso mondiale. Trotzky e Zinoviev, invano furenti, non capivano allora che avevano il piede su una falsa strada, o meglio lo aveva tutto il movimento” (“La dégringolade”, Battaglia comunista, n° 6 del 1951).

3 “Dall’Internazionale due e tre quarti alla seconda Internazionale”, Bilan n.10, agosto 1934, p 345-6.

4 “Ce que nous pouvons revendiquer de Trotsky”, le prolétaire, n° 303, 28 dic. 1979 – 3 genn. 1980.

5 “Spigolature trotzkiste”, «Prometeo», n° 9, Aprile-Maggio 1948.

6 Ibidem.

7 Ibidem.

8 Ibidem.

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