Giornate capitalistiche: incidenti sul lavoro

I recenti incidenti sul lavoro segnalano un problema risolvibile solo con un cambiamento sociale ed economico radicale.
Quale cambiamento, e soprattutto perché gli incidenti sul lavoro non sono sensibilmente riducibili senza un cambiamento?
In merito alla prima domanda, è facile rispondere che il cambiamento sarà tale solo quando l’attuale organizzazione capitalistica del lavoro sarà scomparsa, e al suo posto apparirà un nuovo/antico modo di produzione (comunista).
La risposta alla prima domanda (dato per vero il suo contenuto), contiene implicitamente anche la risposta alla seconda domanda. Infatti, se è vero che la soluzione del problema degli incidenti sul lavoro è in un nuovo modo di produzione (comunista), allora deve anche essere vero che la causa degli attuali incidenti (in ultima istanza) è da ricercare nell’attuale modo di produzione (capitalistico).
Le nostre argomentazioni potranno sembrare schematiche, ma in fondo va bene che lo siano, perché solo attraverso uno schema scientifico, cioè attraverso una teoria astratta, dunque generale e applicabile ai diversi tipi di incidenti, è poi possibile vedere anche il qualcosa di specifico e particolare che differenzia un incidente da altri incidenti. Negli anni sessanta fu pubblicato sulla rivista ‘Il programma comunista’, un articolo dal titolo ‘Capitalismo distruzione di capitale vivo’. In quell’articolo (ripubblicato sul sito), troviamo una ampia dissertazione in merito al carattere distruttivo dell’economia capitalistica, e alle varie tipologie di distruzione : guerra, fame, malattia, incidenti sul lavoro, e soprattutto logorio psico-fisico intenso. Se riflettiamo sui livelli di inquinamento prodotti dall’industria capitalista e dal correlato, demenziale, fenomeno del consumismo, scopriamo che essi sono uno dei principali fattori di causa di molte malattie cardiovascolari, tumorali e di altro tipo. Anche l’innalzamento dell’età pensionabile agisce come fattore di rischio per l’insorgenza di varie patologie, patologie altrimenti evitabili a patto di non costringere anziani di quasi 70 anni a compiere quotidiani sforzi di lavoro (dentro aziende guidate dalla logica del profitto). D’altronde è Marx stesso che ricorda come il capitale, nella sua fame smodata di pluslavoro/plusvalore, travalichi i tempi e i ritmi fisiologici di impiego della forza lavoro(volume di sforzo giornaliero, ore di lavoro in rapporto alle ore dedicate ad altri aspetti della vita), determinando l’estinzione precoce del lavoratore.
Una componente di fatalità è verosimilmente ineliminabile dal piano dell’esistenza, dunque lungi da noi sostenere che un cambiamento socialista dell’economia potrebbe eliminare tutti gli incidenti sul lavoro. Tuttavia potrebbe eliminare almeno la stragrande quantità di eventi (incidenti) attuali, semplicemente perché porrebbe fine alla frenesia produttivistica della vigente economia basata su aziende concorrenti, operanti sulla contabilità a costi e ricavi, e quindi sulla continua tendenza ad incrementare il livello di pluslavoro assoluto e relativo estratto dai propri lavoratori salariati.

Premesso che il termine ‘incidente’ tenta di edulcorare, vanamente, la realtà del capitale in quanto distruzione di capitale vivo (lavoro umano), bisogna non dimenticare are che da alcune parti, in occasione dei ricorrenti ‘ incidenti’, si levano vigorosi appelli alla vigilanza sindacale e all’impegno nel miglioramento della normativa in materia di sicurezza. Si tratta di appelli fondamentalmente idealistici, in cui viene ignorata la tendenza storica del sistema capitalistico ad incrementare lo sfruttamento della forza lavoro, e quindi anche a ridurre i costi per la sicurezza (beninteso in modo legale), oppure a richiedere orari e ritmi di lavoro faticosi ed usuranti (suscettibili di incidere a loro volta sull’incremento del numero di ‘incidenti’).

Un circolo vizioso, un nodo gordiano che solo la spada della lotta di classe può tagliare.

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