- L’attuale crisi pandemica si innesta nella crisi capitalistica già in corso, iniziata negli anni 70, alla fine del ciclo di accumulazione successivo al secondo dopoguerra. Questa crisi ha avuto andamento ciclico, l’ultimo crollo è del 2008 (lo scoppio della bolla speculativa negli Stati Uniti). Origine delle cicliche crisi economiche del sistema di produzione capitalista è la sovrapproduzione di merci, macchinari e strumenti cioè l’incapacità del mercato di assorbire le merci prodotte, l’impossibilità dei proletari di consumare (comprare) tutto ciò che viene prodotto (o non ne hanno bisogno o non sono in grado di comprarle per scarso salario). E’ l’eterno dibattersi della classe borghese tra vulcano della produzione e palude del mercato. La borghesia tenta di invertire la tendenziale caduta del saggio medio di profitto con periodiche distruzioni di capitale costante e capitale variabile in eccesso: guerre, epidemie, fame, “catastrofi naturali” e il semplice logorio quotidiano della forza lavoro nelle galere aziendali. Questi sono i mezzi che la borghesia usa per riavviare l’infame ciclo di appropriazione del plus valore. Nell’attuale pandemia di COVID 19 la borghesia ha rallentato alcune produzioni subito – quelle che già presentavano problemi di sovrapproduzione come auto e altri – altre invece sono state fermate successivamente (tutti il settore manifatturiero esclusa la produzione di beni di prima necessità). Se la fermata sarà lunga, alcune aziende saranno in difficoltà a mantenere le proprie quote di mercato (significa che verranno chiuse, distrutte, non più in grado di produrre ricchezza per il capitale). Assisteremo all’accentuarsi della concorrenza tra aziende, a livello nazionale ed internazionale e ad una nuova fase di concentrazione del capitale (le aziende riescono a stare sul mercato solo innovando la produzione – aumentando la composizione organica del capitale – abbassando i costi e quindi vincendo i concorrenti). Ogni capitale, essendo radicato a livello nazionale, si avvantaggerà della propria sovrastruttura statale per la tutela dei propri interessi contro quelli degli altri stati. Le leggi che governano il modo di produzione capitalista sono le stesse in tutte le economie del mondo, esse dominano l’intero globo terrestre quindi i fenomeni che accompagnano le crisi si propagano rapidamente a tutte le economie, in diversa misura secondo il livello di sviluppo raggiunto. Anche questa crisi ha tali caratteristiche ed è certa l’accentuazione dello scontro inter-imperialistico. Alcune avvisaglie: le accuse del presidente Trump alla Cina per la responsabilità della diffusione del COVID 19, l’appoggio dell’Australia alla campagna anticinese, il ravvivarsi della competizione USA/RUSSIA in Siria e in America Latina. Oltre allo scontro fra i grandi moloch imperialisti si registrano fatti minori, pur sempre nella stessa logica di concorrenza: la Croazia apre un corridoio ai turisti austriaci e tedeschi per attirare flussi turistici nel proprio paese (a detrimento dell’Italia).
- Il rallentamento della produzione ha avuto come conseguenza immediata il calo del PIL e quindi la diminuzione dei profitti e il calo del plusvalore estorto dentro al ciclo produttivo. Gli elementi fondanti del modo di produzione capitalista, secondo la teoria marxista, sono il capitale fisso (macchinario, materia prima, energia ecc.), capitale variabile (operai), plusvalore, profitto. Il capitale fisso è lavoro morto, da esso non si trae ricchezza, esso passa nel ciclo produttivo senza produrre ricchezza, si usura o si consuma e ha bisogno di essere ripristinato per il riavvio di un nuovo ciclo produttivo. Il capitale variabile è lavoro vivo, è il lavoro umano che, unico elemento dentro al ciclo produttivo, produce ricchezza, trasforma la materia prima in prodotto, dietro compenso di un salario. “Ma questo valore pagato nel salario è molto inferiore al valore che il compratore della forza-lavoro da essa può trarre. Il plus-lavoro del lavoratore, compiuto oltre il tempo necessario per compensare il suo salario, è la fonte del plusvalore, dell’ingrossamento sempre crescente del capitale. Il lavoro non pagato del lavoratore mantiene tutti i membri della società che non lavorano; su di esso poggia l’intera situazione sociale nella quale viviamo” *. Il profitto è quella parte di ricchezza prodotta dal lavoro vivo che resta al capitalista, che lo reinveste in un nuovo ciclo produttivo o lo investe sul mercato finanziario.
- Come ha risposto la borghesia alla minaccia al suo potere economico e al suo ruolo di forza sociale egemone? Cercando di mantenere gli stabilimenti produttivi aperti il più a lungo possibile. Ma il sistema sanitario nazionale si mostrò incapace di affrontare l’emergenza e quindi la produzione, anche se a macchia di leopardo, è stata bloccata. La borghesia imprenditoriale ora esercita pesanti pressioni perché vengano approvati provvedimenti per il riavvio di tutto il settore manifatturiero. Il coinvolgimento dei sindacati istituzionali nella stesura del protocollo di intesa sulle misure di sicurezza per il ritorno al lavoro è stato l’elemento determinante di questa strategia. Questo protocollo contiene misure di dubbia applicabilità, e lo stesso Landini (leader della Cgil) dichiara che: “è indispensabile un ulteriore passaggio normativo (dovrebbe diventare legge o decreto legislativo) per la sua piena applicabilità”, (vale a dire: se non diventa legge non sarà applicato da nessuno). Noi sappiamo che, laddove ci saranno le condizioni, cioè i rapporti di forza, tale protocollo sarà applicato mentre, nella maggior parte dei luoghi di lavoro, la sua applicazione sarà lasciata alla più ampia discrezionalità aziendale.
- La borghesia chiede strumenti finanziari a supporto del riavvio della produzione (credito bancario, agevolazioni sulla tassazione) mentre le mezze classi, strozzate dal blocco del settore commerciale e dei servizi, chiedono finanziamenti ai redditi, accesso al credito e agevolazioni nel pagamento delle tasse.
- I provvedimenti dei governi borghesi. La borghesia ha due obiettivi immediati: prevenire lo scoppio di proteste dovute all’improvviso calo dei redditi e all’aumento della disoccupazione e sostenere la ripresa del ciclo produttivo. Per il primo obiettivo farà uso della leva del debito pubblico per finanziare i sostegni al reddito e la cassa integrazione in deroga, anche se questo aumenterà l’indebitamento degli stati e l’aumento degli interessi sui titoli di stato venduti alle banche. Mentre per il secondo obiettivo, la borghesia ricorrerà a strumenti finanziari come quelli del “quantitative easing” (acquisto da parte delle banche centrali di titoli di debito pubblico o introduzione di nuova moneta nella circolazione finanziaria) e alla riduzione dei tassi di interesse per favorire il credito e incentivare il riavvio dell’economia stagnante. Ma tali misure non faranno altro che aggravare il livello di indebitamento degli stati e privati, che hanno già raggiunto a livello mondiale più del 300% del PIL. Questa crisi si riverbererà anche sul mercato finanziario deprimendo i rendimenti degli investimenti speculativi di obbligazioni emessi dalle aziende e di titoli pubblici emessi dagli stati.
- Come ha risposto il proletariato alla diffusione del virus? Un’ondata di paura ha pervaso la società poiché le notizie che arrivavano da Wuhan, epicentro cinese dell’epidemia, mostravano scene drammatiche: città deserte, ospedali al collasso, persecuzione dei medici che denunciavano i ritardi e l’inadeguatezza delle misure prese contro la diffusione del virus. Scioperi spontanei sono scoppiati in diversi paesi: negli Stati Uniti i dipendenti di Amazon hanno scioperato contro le mancate misure di sicurezza e contro i licenziamenti dei magazzinieri che avevano guidate le proteste; scioperi nell’azienda di distribuzione di cibo Instacart, nelle industrie dell’auto GM, Fiat-Chrisler, Ford, Honda, nei trasporti pubblici a Detroit. In Italia si sono avuti scioperi in tutto il paese, dal Piemonte alla Calabria con l’obiettivo della chiusura degli stabilimenti e degli uffici dove si stava lavorando in totale assenza di misure di tutela dal contagio. Questi scioperi però non si sono generalizzati e hanno coinvolto solo parzialmente la classe operaia. Il ruolo dei sindacati di regime è stato fondamentale per concordare le condizioni in cui la produzione avrebbe dovuto riprendere e per mettere una pietra tombale sulle mobilitazioni dei proletari in difesa della propria salute.
- Anche le mezze classi e il sottoproletariato hanno reagito all’aggravamento della situazione economica e sociale. Sono stati presi d’assalto i centri della grande distribuzione, proprietari di negozi si sono incatenati davanti ai propri negozi ancora chiusi lamentando perdite gravissime a causa della fermata obbligata. In Francia, nella banlieu parigina e in quelle delle principali città francesi, la prolungata quarantena, la precarietà della situazione sociale e una percentuale di morti per coronavirus doppia rispetto a quella registrata nei quartieri del centro di Parigi, hanno provocato lo scoppio di rivolte con scontri a fuoco con la polizia durati diversi giorni.
- L’attuale rallentamento della produzione e le dinamiche economico-sociali descritte comporteranno:
- L’aumento della disoccupazione
- L’aumento della precarietà e della povertà
- La caduta del P.I.L.
- L’aumento del debito pubblico e privato
- La concentrazione di capitali, la chiusura delle aziende meno concorrenziali sul mercato
- L’accentuarsi della concorrenza tra capitali a livello nazionale e internazionale
- Il rafforzamento del ruolo degli stati nell’azione repressiva
- Proletarizzazione dei ceti medi.
E’ prevedibile che nel prossimo periodo, in conseguenza della distruzione di una parte del capitale fisso e variabile, si ripresenti come storicamente analizzato dal marxismo, una limitata ripresa del ciclo di accumulazione del capitale. Essa sarà accompagnata dai fenomeni tipici della fase senile del capitale, ancora più accentuati che in passato, sul piano economico: accelerazione della caduta del saggio medio del profitto, aumento della concorrenza tra capitali, concentrazione di capitali con conseguente moria di aziende non più concorrenziali sul mercato, un incremento esponenziale dell’esercito industriale di riserva mondiale.
E’ prevedibile un rafforzamento del ruolo degli stati – comitati d’affari della borghesia – con l’adozione di strumenti coercitivi più adatti alla funzione repressiva, cioè il passaggio dall’esercizio della violenza latente a quello della violenza cinetica.
Lo scontro inter-imperialistico fra le varie economie mondiali con ridefinizione della gerarchia di dominio sia economico che militare e la creazione di nuove alleanze o blocchi e conseguentemente il passaggio dalla guerra commerciale alla guerra guerreggiata. Si ipotizza che per ora tali scontri proseguiranno a livello di guerre per procura, guerre locali, non essendo mature le condizioni per lo scoppio di un nuovo generalizzato conflitto mondiale.
Gli elementi descritti sopra portano a ipotizzare l’aumento dell’instabilità sociale: l’impoverimento delle mezze classi potrebbe essere causa di rivolte sociali generalizzate ed estese, di carattere interclassista.
La miseria crescente, l’erodersi delle riserve dell’aristocrazia operaia, la diminuita possibilità della borghesia di elargire le briciole dei loro profitti (allargamento del welfare state), l’accentuazione del dispotismo di fabbrica e l’intensificazione dei ritmi di sfruttamento creeranno le condizioni per un’estesa protesta di settori del proletariato, con la sedimentazione di nuove avanguardie di classe scevre dal condizionamento riformista e permeabili alla influenza del partito comunista, con la creazione di nuove organizzazione della classe o la conquista violenta di quelle esistenti.
Affinchè le lotte economiche si possano tramutare in lotta di classe, lotta politica del proletariato come classe per sé, saranno necessarie le tre condizioni descritte nel testo – Partito rivoluzionario ed azione economica del 1951:
“in ogni prospettiva di ogni movimento rivoluzionario generale non possono non essere presenti questi fondamentali fattori: 1) un ampio e numeroso proletario di puri salariati; 2) un grande movimento di associazioni a contenuto economico che comprenda una imponente parte del proletariato; 3) un forte partito di classe, rivoluzionario, nel quale militi una minoranza dei lavoratori, ma al quale lo svolgimento della lotta abbia consentito di contrapporre validamente ed estesamente la propria influenza nel movimento sindacale a quella della classe e del potere borghese”.
16/05/20
*Citazione da F. Mehring – Vita di Marx – Ed.Rinascita